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Lady gaga, artpop o artpoop?

Creato il 08 novembre 2013 da Cannibal Kid
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LADY GAGA, ARTPOP O ARTPOOP?Lady Gaga “Artpop”
Nel futuro, ognuno sarà famoso nel mondo per 15 minuti.Andy Warhol, 1968
Lady Gaga è la più grande popstar del mondo. Milioni di miliardi di copie vendute dagli album "The Fame" (poi anche in versione "Monster") e "Born This Way", tour mondiali tutti esauriti, copertine delle riviste di tutto il globo, canzoni come “Poker Face” e “Bad Romance” entrate nell’immaginario collettivo, è la persona più seguita sui social network, ha una sconfinata popolarità (forse) superiore a quella di Obama e del Papa… Questo finora. Stefani Joanne Angelina Germanotta adesso è arrivata al fatidico appuntamento con il terzo album, con una Madonna ormai detronizzata dal trono di regina del pop, ma con diverse rivali/discepole che stanno cercando a loro volta di prendere il suo posto, come Rihanna, Katy Perry e la lanciatissima Miley Cyrus, colei che, tra nudi, scandali e twerk vari sta facendo apparire Gaga come un’educanda. Soprattutto, la sta facendo passare per qualcosa di superato. In un mondo del pop che gira velocissimo, la Germanotta con il suo nuovo album sarà allora riuscita a confermarsi la Regina? Andiamo a scoprirlo.
“Artpop” track-by-trackAura” è il brano anticipato dalla colonna sonora di Machete Kills, il film che segna il debutto cinematografico di Lady Gaga su grande schermo. Sì, vabbè, la Germanotta aveva fatto anche una breve apparizione in un episodio de I Soprano, ma era giusto un cameino-ino-ino. La canzone in ogni caso è una tamarrata prodotta dal lanciatissimo Zedd che si apre a un ritornello molto melodico. Non avrà un’aura magica, ma suona abbastanza bene.

Venus” prosegue sulla falsariga del pezzo precedente: truzzata clamorosa con qualche lampo di melodia. Il pezzo, prodotto da DJ White Shadow, campiona “Rocket Number #9” degli Zombie Zombie, a sua volta cover di una canzone di Sun Ra. Il risultato è un inno da discoteca fine anni ’80/primi ’90.

Con “G.U.Y.” l’impressione iniziale si trasforma in certezza: il suono di questo “Artpop” ricorda sempre più quello che si poteva sentire facendo un giro alle giostre in una primavera degli Anni Novanta: elettronica truzza, che spinge senza vergogna. Niente di nuovo, quindi, ma il producer Zedd, che fa doppietta con “Aura”, se la cava. Peccato non abbia prodotto anche il resto.
Sexxx Dreams” è sempre una tamarrata, però è una tamarrata più lenta. Un pezzo di puttanpop soft-erotico perfetto per una lap dance. Per un ascolto all’infuori di un nightclub non è però proprio l’ideale e nel ritornello suona come un pezzo di Mariah Carey remixato. E questo non è un complimento.
Il pop porno di “Sexxx Dreams” ci conduce nella seconda parte del disco. Con “Jewels n’ Drugs” si cambia registro e si entra in una versione di Gaga del rap, grazie anche ai featuring di T.I., Too Short e Twista, perché la Germanotta è la solita esagerata e un rapper solo non gli bastava. Lei voleva un’orgia di rapper e l’ha ottenuta. Peccato che il risultato sia da meh. L’hip-hop non fa per lei, proprio no, l’abbiamo capito.
Lady Gaga si va a fare la “Manicure” e cambia ancora sound. La canzone è una specie di rock tamarro alla Rock of Ages che però finisce per suonare più vicino all’ultima Avril Lavigne che ai Def Leppard. Nemmeno questo è un complimento.
Quindi è la volta del nuovo singolo “Do What U Want” che a tratti mi ricorda “Doin’ It Right” contenuta sull’ultimo album dei Daft Punk. Mentre il featuring di R. Kelly mi ricorda Tiziano Ferro. Decidete voi se quest’ultima cosa sia positiva o meno… Alla fine della fiera, perché di fiera più che di disco si tratta, con la sua unione di electro e R&B questo si rivelerà il pezzo musicalmente più interessante e coraggioso della raccolta, il che la dice lunga sulla qualità complessiva dell’ultimo lavoro gaghiano. O si dirà gagaista?

LADY GAGA, ARTPOP O ARTPOOP?Arriva la title track, “Artpop”. Come suona? Suona molto… artpop. Come ca**o volevate che suonasse? Suona però come un artpop svogliato. La voce di Gaga è spenta, non morde, il ritornello è qualcosa di quasi inascoltabile. Che è successo? La Lady è entrata in menopausa insieme all’ultima terribile Madonna? Io dico solo che, fino ad ora, questo Artpop mi sembra una delusione, e pure una cagata, pazzesca. Ma andiamo avanti.
Swine” significa “porco” e potrebbe segnare l’inizio di un nuovo genere musicale. Non più puttanpop, ma porcopop. Con questo pezzo suino si ritorna sui ritmi unz-unz-unz della prima parte del disco, con dei bassi mostruosi e quasi dubstep, perché oggi vuoi uscirtene con un album senza manco un brano vagamente dubstep? Eh no, bella mia, non si fa. Solo che già Britney, Rihanna, Miley, Selena e persino Justin Bieber e i Negramaro sono arrivati prima di te, cara Gaga. Fino a qualche mese fa mi dettavi le tendenze e adesso ti limiti a seguirle? Sei proprio come l’ultima Madonna, con la differenza che Lady Ciccone c’ha messo vent’anni e passa per spegnersi, tu Lady G al terzo album stai già mostrando di avere il fiato corto. Non me l’aspettavo da te, cacchiarola.
Con il pezzo successivo, la Germanotta sembra aver trovato la sua nuova dimensione ideale: fare musica per le sfilate di moda. “Donatella” è dedicata proprio alla “nostra” Donatella Versace ed è un pezzo perfetto. Perfetto per una passerella. Se non siete modelle o modelli che stanno facendo una sfilata, potete tranquillamente skippare al pezzo successivo…
Ehm, come non detto. Il pezzo successivo si chiama “Fashion!” ed è un altro inno da passerelle, questa volta però più intrigante e riuscito rispetto a quella cagata di “Donatella”, per quanto mi riguarda il pezzo peggiore nella carriera della popstar finora, una roba degna di “Alfonso Signorini (Eroe nazionale)” di Fedez. In “Fashion!” i suoni si fanno molto 70’s, molto Daft Punk, molto Chic, con lo zampino di David Guetta alla produzione. Non sarà “Vogue” di Madonna, lascia solo immaginare cosa ne uscirebbe da una collaborazione Gaga + Daft Punk, ma se non altro suona meno peggio rispetto ad altre cose che sfilano in questo super kitsch “Artpop”.
Mary Jane Holland” è pura gaga-tamarrata. Anche se rimaniamo sempre lontani dai livelli dei pezzi di “The Fame” e “Born This Way”, finalmente questo “Artpop” comincia a gasare. Alla buon’ora, il disco è quasi finito.
Dope” è la prima ballata. A dirla tutta, è anche l’unica vera e propria ballata. Dopo tante truzzate clamorose fa piacere tirare un po’ il fiato, ma il pezzo è lungi dal lasciare un segno di qualunque tipo. Non emoziona, fa sbadigliare, persino il testo è banale, ulteriore dimostrazione di come l’ispirazione e la capacità compositiva che Lady Gaga aveva mostrato nei precedenti dischi qui sembra aver abbandonato del tutto il suo corpo.

La successiva “Gypsy” parte pure questa come una ballad, fino a che entra un ritmo leggermente danzereccio e la canzone si trasforma in un’altra, l’ennesima tamarrata. Questa volta sarà solo una tamarrata a metà, ma di tamarrate ormai non ne posso più.
Chiude lo spettacolo “Applause”, il primo già conosciuto singolo che non è malaccio, soprattutto alla luce del resto del lavoro, ma che continua a non convincere del tutto. È una canzone electroclash piacevole alla Felix da Housecat, però da Gaga ci si aspetterebbe qualcosa di più nuovo di un brano che già una decina d’anni fa sarebbe suonato jurassico.
Fine track-by-track di “Artpop”

LADY GAGA, ARTPOP O ARTPOOP?La Germanotta va in cerca di applausi, ma da me a questo giro raccoglie solo dei gran fischi. Se fino a un paio di anni or sono Gaga era la più grande e innovativa popstar del mondo, adesso appare già una stella cadente senza più nulla di originale da dire, che cerca nuove strade musicali e invece finisce per suonare solo come una versione più debole della sua “vecchia” se stessa. La cover realizzata dall’artista Jeff Koons comunque è davvero fighissima. E quando la copertina è la cosa migliore di un album, forse quest’album ha qualcosa che non va.
Auto proclamatasi la nuova Andy Warhol, Gaga s’è portata sfiga da sola. Lo dice uno che finora l’aveva sempre apprezzata e sostenuta e difesa contro quei big monsters dei suoi detrattori. “Artpop” venderà ancora parecchio e i suoi Little Monsters continueranno a seguirla con devota Fede. La triste verità però è che oggi non è già più lei l’icona pop del presente. La più discussa, criticata e odiata in rete ormai è Miley Cyrus, che gli ha pure fregato il fotografo/amico Terry Richardson da sotto il naso. Questo per quanto riguarda l’aspetto mediatico. A livello musicale non parliamone, la Germanotta è strasorpassata alla grande dalle nuove starlette dell’alternative pop mondiale come Sky Ferreira, Ellie Goulding, Charli XCX, Icona Pop, Lana Del Rey, Katy B e M.I.A.. Vabbè, M.I.A. non è proprio nuovissima, ma è comunque sempre anni luce più avanti dell’ultima Gaga.
“Artpop” suona come Artpoop, cacca d’arte, ma pur sempre cacca. Per 2 o 3 canzoni valide che pure sono presenti e la cui riuscita si deve più al lavoro dei producer che non a una vena compositiva della Germanotta in netta crisi, ne compaiono almeno altre 2 o 3 addirittura terrificanti, e di pezzi memorabili o degni delle cose migliori del suo “passato” non ce n’è manco uno. “Artpop” è un disco con cui la cantante non riesce più a suonare originale e fresca come un tempo e che risulta troppo pasticciato e confuso. Al suo interno vuole contenere di tutto e di più, ma finisce per contenere il Nulla. Tic tac, tic tac.
Non è che i 15 minuti di Lady Gaga stanno già scadendo? Tic tac, tic tac. (voto 4,5/10)

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