LadyFest_11: una tre giorni in rosa per combattere gli schemi e il machismo
sabato 1 ottobre 2011 di Marilisa Dones
Roma dal 16 al 18 settembre al centro sociale La Torre si è offerta quale scenario della LadyFest.
Cos’è? È un evento organizzato quasi esclusivamente da donne e simpatizzanti della cultura femminista e queer, si tiene ogni anno in tutto il mondo e quest’anno l’edizione italiana si è tenuta nella capitale (per la seconda volta).
Nonostante non sia una femminista attivista né agguerrita, nonostante non appartenga alla realtà di centri sociali et similia, ma visto che da poco ho scoperto che essere queer vuol dire non etichettarsi, ma integrarsi e non escludere l’altro, anche se “diverso”, ho trovato questo evento particolarmente interessante, soprattutto per le motivazioni innovative che vi stanno dietro. Ma andiamo per ordine, ché si tratta di cose serie.
In primo luogo, è necessario farsi due domande: chi sono le Lady? E perché mai usare l’appellativo “Lady” e non “donna”? La risposta alla seconda domanda risulta quasi ovvia nel contesto nel quale ci troviamo: il termine donna non è più sufficiente definire l’universo femminile molteplice e infinito.
[Avviso di servizio alle donne: scoprirete anche voi di essere aspiranti Ladies e non lo sapevate].
Le Ladies si caratterizzano per essere estremamente creative (ognuna a loro modo e sul piano che preferiscono, senza distinzioni né tabù di sorta) e utilizzano proprio questa creatività soprattutto per contestare: l’essere creative quindi è sentito come strumento per scardinare dalle fondamenta modelli e strutture sociali ormai superati e avariati.
Le Ladies non sono “neutre”, hanno prese di posizione ben precise e dubitano di chi non ne ha: ché, oggi come oggi, essere “neutrali” equivale a rendersi compici di giochi di potere che giorno per giorno sono avallati da quello che viene definito da loro stesse “terrorismo mediatico”.
Rifiutano le relazioni verticali a favore di quelle orizzontali, anzi non accettano nessuna leadership in quanto figlia della cultura maschilista. Loro non si riconoscono affatti nella canonica distinzione maschio/femmina né pensano che la femminilità sia “quel qualcosa di speciale” che le contraddistingue. Ciò vale a dire che rifiutano ogni stereotipo e costrizione, tipici della società e qualsiasi forma di discriminazione e violenza impostata su diversità di razza, genere e orientamenti sessuali. Sono attratte dai cambiamenti e per questo spesso sono mutevoli e trasformiste: avere un’unica identità le rende “asciutte” e sterili mentalmente. Sono convinte che “la trasformazione dell’esistente passi attraverso quella delle idee e dei linguaggi e che la trasformazione di questi avvenga attraverso lo scambio e la comunicazione”.
Scambio e comunicazione, quindi: ecco perché agiscono sia negli spazi indipendenti e autogestiti sia in qualsiasi luogo che manifesta il segno di una possibile apertura. In quest’ottica, dunque, la Ladyfest si pone come contenitore aperto per scambiare nuovi contenuti e idee. Nonostante ogni Lady abbia un background differente, sono animate dallo stesso fuoco, alimentato da autodeterminazione, desiderio e sperimentazione.
Ma veniamo ora al “sodo”. In cosa consiste una Ladyfest?
Il primo festival delle Ladies, figlio del movimento delle Riot Grrrls degli anni ‘90, è stato organizzato a Olympia nel 2000. Dalla prima LadyFest, centinaia se ne sono susseguite in tutto il mondo, creando così una solida rete internazionale accomunata dalla promozione dell’arte indipendente, la decostruzione di modelli femminili imposti e restrittivi, la rivalutazione del corpo e della sessualità come sperimentazione nelle sue infinite forme, in una prospettiva rigorosamente queer, antirazzista, transgender e femminista.
Obiettivo di tutte le LadyFest è combattere le espressione sessiste, omofobe, xenofobe e classiste, presenti a tutti i livelli della società, creando un’alternativa al capitalismo e alle industrie culturali. Chiunque può organizzare una sua Ladyfest, le attività possono includere concerti, laboratori, performance, esposizioni, feste ed espressioni artistiche e antiartistiche di ogni tipo.
Ma veniamo all’evento italiano di quest’anno: al centro della LadyFest_011 vi è stata “l’esplorazione degli immaginari legati ai corpi e alla sessualità, durante una “tre giorni” di laboratori, performance, momenti di confronto, spettacoli, mostre, concerti, a cui hanno partecipato attiviste e artiste italiane e straniere. La Ladyfest ha previsto anche uno spazio “LadyBaby”, per permettere alle mamme e i papà di poter facilmente far festa e partecipare agli eventi.
Si è articolata in quattro macro aree: Musica, Cinema, Arte Performativa e Visual Art. Tutte le sezioni sono state ricche di eventi portando in scena artiste provenienti dalla scena nazionale e internazionale, con una mostra fotografica permanente, Allreds, Girls di Simona Pampallona, workshop molto interessanti e innovativi e concerti ed esibizioni dal vivo, presentazioni di film e letture, incontri e tanto altro ancora.
Come si può leggere nel loro comunicato stampa, questa LadyFest nasce col fine di “abitare uno spazio pubblico a misura di lady”.
Interessanti e fuori dagli schemi i laboratori che si sono tenuti durante il Fest, come il workshop “Tu mi sturbi! L’oscenità dei corpi: mille modi di toccarsi senza scomporsi” organizzato dall’associazione Le Barbe della Gioconda: si tratta di un laboratorio di ludopedagogia* in cui si esplorano “il gioco del piacere come quintessenza del queer” e “la lussuria delle risate orgiastiche e l’audacia del prendersi gioco di sé e anche di loro”. Propongono il Gioco come manifestazione essenzialmente politica, nel senso che esso tende a sviluppare attitudini e azioni individuali e collettive che interessano la trasformazione della realtà, “il cambiamento effettivo delle condizioni obiettive e soggettive dell’esistenza umana, al servizio di un più integrale sviluppo delle persone”. Gioco come “riscoperta e riscatto della corporeità e dell’affettività, della relazione con sé e con gli altri e le altre, del valore epistemologico delle emozioni, del corpo, del piacere, delle relazioni per poter poi lavorare sulle dimensioni del potere, del cambiamento, della spinta alla creazione di una nuova realtà ed un nuovo sé”.
Altro workshop di Squirting (eiaculazione femminile) assai fuori dalle righe è stato quello della porno-terrorista spagnola Diana J-Torres: l’artista poliedrica ha tenuto una lezione prettamente scientifica sulle poco conosciute “ghiandole di Skene”, la prostata femminile.
La Torres è una delle figure più rilevanti della scena del post-porno mondiale e il porno-terrorismo rappresenta il cuore del suo progetto artistico. Si tratta di un progetto a 360°: le sue performance – cariche di forza e disubbidienza – contro l’ordine stabilito, hanno il fine di combattere il sistema sciovinista di controllo ideologico della società corrente, oltrepassando le barriere morali dello spazio e della messa in scena fine a se stessa: è solita entrare in scena (che può essere ovunque), nuda, declamando urlando poesie graffianti, insultanti nel tentativo di scuotere gli spettatori.
Insomma la LadyFest è stata, a detta di chi vi ha partecipato, molto intensa, stimolante e ricca di eventi che esplorano l’arte nella molteplicità delle sfaccettature che può avere. Il centro è diventato luogo in cui condividere esperienze e modi di pensare, senza pregiudizi o vincoli di sorta.
* La Ludopedagogia è una strategia metodologica d’intervento e d’incidenza politica, nel senso che incide sulle condizioni soggettive ed oggettive di vita. Per operare sulla realtà si fonda su un fenomeno profondamente umano, il Gioco, e lo applica alle più disparate tematiche e problematiche sociali. Promuove il cambiamento di atteggiamenti, a partire dal ri-conoscersi e dal riconoscere alcuni aspetti, capacità e potenzialità degli altri e del nostro io che di solito non ci permettiamo di far emergere. Se la politica vuole “conoscere per trasformare”, la Ludopedagogia offre la possibilità di “giocare per conoscere”, dal momento che il Gioco può permettere anche alle persone adulte una diversa conoscenza delle realtà che si desidera trasformare, non solo trovando “alternative”, ma soprattutto creando un modo di pensare alternativo sulle alternative.
Fonti:
http://pornoterrorismo.com/
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