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La trama (con parole mie): il capitano Etienne Navarre e la principessa Isabeau D'Anjou, innamorati contro il volere del Vescovo di Aquila, sono costretti a vagare per il mondo insieme, eppure senza mai incontrarsi.
Infatti, grazie ad un maleficio operato dallo stesso alto prelato, durante il giorno la donna si trasforma in falco, mentre la notte riserva all'uomo una mutazione in lupo nero.
A cambiare i loro destini giunge, quasi per caso, il piccolo delinquente dalle mille risorse Philippe Gaston, detto il topo, che scampato alla morte voluta proprio da Aquila in persona e stretta un'alleanza con il vecchio monaco in cerca di redenzione Imperius, rischierà la sua vita affinchè i due possano finalmente tornare a vivere il loro amore.
Spesso e volentieri, da queste parti, si è parlato dei cult che, nel corso degli anni ottanta, hanno segnato le esistenze di chi, allora, viveva il magnifico periodo a cavallo tra infanzia e prima adolescenza, quando le giornate duravano una vita ed i sogni ad occhi aperti non ponevano alcuna condizione al resto delle nostre vite: uno dei registi di riferimento dei tempi era Richard Donner, autore di quella perla indimenticabile chiamata I Goonies, ma anche di un'altrettanto celebrata ed amata pellicola che, con Legend, rappresentò per anni il meglio del fantasy sul grande schermo: Ladyhawke.
Ora, potrà suonare strano, ma per una curiosa serie di coincidenze ho visto per la prima volta questo film soltanto ora, ponendo rimedio ad una lacuna che, effettivamente, andava colmata nel rispetto di quelli che sono stati i primi, fondamentali anni della mia formazione cinematografica.
Il risultato, piacevole ed interessante, è stato però indubbiamente ridimensionato dal fatto di aver deciso di dedicarmi a questa visione solo ora: la pellicola di Donner, infatti, per quanto affascinante, risulta inevitabilmente datata, e la mancanza di un legame affettivo con la stessa rende sicuramente arduo il compito di passare oltre la visione "critica" della stessa, senza contare che, nel genere, si è assistito nel corso degli anni seguenti ad esperimenti simili decisamente più efficaci - La storia fantastica, prima o poi ne parlerò - fino a giungere allo standard segnato dalla trilogia de Il signore degli anelli - anche in questo caso, arriverà il momento di ospitare al saloon anche la gigantesca opera di Peter Jackson -.
Resta il fatto - e questo è indubbio - che Ladyhawke costituisca un più che discreto film di genere, affascinante ed insolito - non mancano le sequenze in cui pare di assistere ad una sorta di rivisitazione fantasy del mondo eighties -, fotografato alla grande da Vittorio Storaro ed arricchito da una colonna sonora d'eccezione firmata Alan Parsons - legata a doppio filo alla sensazione "anni ottanta" cui accennavo poco fa - ed incorniciato da locations meravigliose - la pellicola fu girata quasi completamente in Italia, nonostante l'adattamento in stile francese voluto per non incorrere in eventuali polemiche con la Chiesa dovute alla presenza di un "cattivo" in abito talare -, senza contare che il fascino di un certo tipo di ambientazioni unito ad una storia che unisce romanticismo e battaglia ha il potere di stregare il pubblico di ogni età e gusti cinematografici.
Rispetto ai protagonisti, resta mitico il Matthew Broderick che tutti noi almeno una volta nella vita abbiamo considerato cult con il suo Ferris Bueller in un ruolo che pare cucito su di lui, mentre il buon Rutger Hauer appare decisamente più a suo agio nelle vesti dell'assassino psicopatico di The hitcher rispetto all'eroe tenebroso ed innamorato; spicca tra i comprimari, senza soffermarsi troppo sull'indiscutibile e consueto fascino sfoderato da Michelle Pfeiffer, un giovane Alfred Molina in un ruolo che ricorda quello dell'orco delle fiabe, un cacciatore che pare uscito dalla parte barbara di un mondo fantasy decisamente "pulito" in tutto il resto degli elementi della pellicola.
Alla fine, dunque, con la polvere che si posa a terra, le spade di nuovo nei foderi e la prospettiva di una storia d'amore che può finalmente ricominciare, posso dirmi soddisfatto di avere finalmente affrontato un vero e proprio "mostro sacro" dei tempi della mia infanzia, pur godendomelo, per certi versi, soltanto a metà: sono sicuro, infatti, che se fosse passato sugli schermi di casa Ford allora, ora sarebbe uno dei must del mio amarcord personale.
MrFord
"A hundred days have made me oldersince the last time that I saw your pretty facea thousand lies have made me colderand I don't think I can look at this the samebut all the miles that separatedisappear now when I'm dreaming of your face."3 doors down - "Here without you" -
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