Formatisi a Montreal negli anni Novanta con il nome di Lae-Tseu e cresciuti all’interno della scena post-rock/postcore, i Lae si sono di recente riformati dopo una lunga separazione (lo scioglimento risale al 2001) e nel 2014 hanno finalmente dato alle stampe il loro primo album. All’interno del disco ritrovano vita composizioni mai pubblicate, cui viene donata oggi una casa completamente ri-arredata con la complicità di Steve Austin dei Today Is The Day (tranne un paio di episodi riportati pari pari dagli Mnni novanta). Uscito in origine come cd, è ristampato oggi in vinile ancora una volta grazie all’unione tra le etichette che ne avevano curato al prima edizione, ovvero Compound e Battleground. Quella dei Lae è una musica crepuscolare e ricca di malinconia, che ricopre ogni nota di una patina di decadenza quasi dolente, con le radici saldamente piantate negli umori di formazioni seminali quali gli Swans, Sophia, God Machine, persino Sonic Youth (si pensi in particolar modo alle atmosfere di Daydream Nation), per partire alla ricerca di una propria strada personale. Pur nelle sue reminiscenze e nei rimandi al periodo in cui la formazione ha cominciato a muovere i suoi primi passi, il songwriting riesce a coinvolgere l’ascoltatore e lo trasporta all’interno di un universo umbratile ed espanso, i cui contorni vacillano come se visti attraverso la fiamma di una candela. Break The Clap non è un album estremo nel senso comune, né si fa scudo di suoni potenti, piuttosto si schiude pian piano per lasciarsi scivolare nella stanza come una nebbia sinuosa. Tra ballad e aperture post-rock, suoni sghembi ma mai troppo graffianti, accenni di psichedelia e minimalismo, la band riesce a portare a compimento la sua rinascita e affida la sua musica al pubblico quasi si trattasse di una confessione troppo intima per essere gridata, troppo personale per essere lasciata fluire senza freni. Nulla da eccepire, pur nel suo evidente ritardo sui tempi e con quella patina di polvere che finisce addirittura per aggiungere fascino al tutto, il disco diviso in quattro parti simboliche (vita, speranza, amore e morte) non fatica a catturare l’attenzione e vince le nostre resistenze. Una voce fuori dal coro.
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