Lagarde, Fmi: “Italia, serve cambiamento di rotta”

Creato il 04 aprile 2014 da Stivalepensante @StivalePensante

“Il vostro è uno dei Paesi della zona euro che incoraggiano meno la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Un cambiamento di rotta” “potrebbe avere effetti benefici sulla produzione di reddito aggiuntivo e, quindi, sull’uscita da un periodo di stagnazione”.

(fotopedia.com)

Così il direttore del Fmi Christine Lagarde, in un’intervista al Corriere della Sera, invita ad incentivare il lavoro femminile e sottolinea: “un Paese che ha avuto molto successo in questo campo è l’Olanda che ha dato la possibilità di creare lavori flessibili part time senza alcuna restrizione”.

L’ex ministro dell’Economia francese riflette sull’esecutivo italiano: “quello del nuovo primo ministro Matteo Renzi è un programma molto ambizioso che, se tradotto in provvedimenti e attuato con determinazione, produrrà un significativo miglioramento delle condizioni economiche dell’Italia”. E’ “ambizioso” spiega “perché spazia dal mercato dal lavoro alla riforma dei servizi fino al miglioramento di un sistema giudiziario oggi molto lento. Mi pare che la sua sia un’impostazione di politica fiscale che guarda più alla riduzione delle spese che all’aumento delle entrate tributarie”.

Quanto al tetto del deficit “tocca all’Unione europea decidere su questo punto, ma chiaramente la cosa importante è che si imbocchi un positivo sentiero di consolidamento fiscale e che tutto sia poggiato su un solido piano a medio termine”. Quanto all’Europa, sottolinea il “rafforzamento dell’Eurozona”, ma avverte sui rischi di una bassa inflazione: “per questo – afferma – è necessario un sostegno anche da parte delle banche centrali”. Dopo le politiche monetarie e fiscali già messe in atto “resta – dice il direttore – la terza cassetta degli attrezzi: quella delle riforme strutturali, a partire dal mercato del lavoro” ed indica nel Messico un esempio da seguire.

Infine riflette sulla disparità nella distribuzione del reddito: gli studi del Fmi, spiega, “arrivano a due conclusioni. Primo: le diseguaglianze dei redditi non favoriscono una crescita sostenibile. Secondo: l’idea che la redistribuzione del reddito non contribuisce a sostenere le economie è con ogni probabilità infondata”.


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