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Lago Inle

Creato il 05 marzo 2016 da Cristina

Randagia nel mondo

LAGO INLE 1 2 3 4 5 6 7 AGOSTO

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Trasporti

Da Kalaw a Inle (Shwe Nyaung) ho optato per il treno. Lonely Planet considera il tragitto come “scenic route”: i panorami mi hanno lasciato tiepida, con eccezione di una gola strettissima le cui pareti di roccia quasi sfiorano i finestrini.

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Quello che invece è interessante è osservare il mondo che ti ruota intorno durante la sosta alle stazioni, assorti passeggeri in attesa, venditori ambulanti, contadini, molti giovanissimi,  che lavorano nei campi.

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I biglietti possono essere comprati soltanto un’ora prima della partenza del treno, 1100 MMK in classe turistica. Puntavo alla seconda classe, non tanto per il risparmio, quanto per il contatto con la popolazione locale, ma la mia richiesta è stata ignorata. La procedura è piuttosto complessa, i dati di ogni straniero, numero di passaporto compreso, vengono scrupolosamente annotati su un registro.

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L’interno del vagone è decente, pochissimi i viaggiatori accomodati.

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Stranamente, partiamo puntuali. Mi è stato detto che, il giorno prima, per via delle forti piogge, il ritardo è stato di 5 ore.

Fuori dalla stazione di Shwe Nyaung, una ressa epocale, e tanti taxisti esosi. 1000 MMK uno shared pick up verso Nyaung Shwe, la cittadina sulle rive del lago. I turisti vengono scaricati ognuno al propro domicilio. Inventatevi un albergo a caso, se non avete prenotato nulla, tipo me, per evitare che il driver vi porti nei posti dove percepisce commissione.

Dormire

Non avendo, come detto, nessuna prenotazione in saccoccia, mi faccio scaricare alla Four Sisters GH. Ho letto su Wikitravels che all’angolo hanno aperto una nuova guesthouse di cui parlano bene, la Pan Kha Laar Inthan. Come da descrizione, in effetti, questa pensione è graziosa, con una bella terrazza in bambù e artigianato etnico che si affaccia sui campi, attorniata da case private, e molto vicina al fiume, uno degli immissari del lago. Mi offrono una bella stanza, con materassi comodi posizionati direttamente per terra, a 15 USD, che è un buon prezzo considerando che siamo forse nella città più cara del Myanmar.

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Lo scoglio è che sono apparentemente sola, fuori da tutto, la tipa che mi accoglie non parla una parola di inglese. Comunico a gesti. Non c’è nessuna colazione, che da web pareva invece compresa, e non sa nulla dei tours sul lago. Poiché la mia intenzione primaria qui è quella di aggregarmi ad altri, pena sbancare il conto corrente, mi sento un po’ persa. Scoprirò il mattino dopo, quando ormai pago il conto perchè ho deciso di andarmene, che la signora un po’ indolente con cui ho avuto a che fare il giorno prima non è la padrona, una tipa in gamba che mi sta parlando ora in un ottimo inglese, ma soltanto una vicina di casa, chiamata a tamponare una situazione di emergenza. Invece, ritornando alla sera precedente, ancora ignara di tutto ciò, mi avvio in centro, che dista comunque un 10 minuti di cammino. Qui interpello varie agenzie, ma nessuno raggruppa singles. D’altra parte li capisco, perché accorparmi ad altri quando possono spillarmi la cifra intera? Devio quindi verso il molo, interrogando direttamente i barcaioli. Questi sono più ottimisti, e mi propongono di farmi viva l’indomani sul presto, verso le 7, in attesa che arrivino altri singles con la stessa necessità.

Un po’ preoccupata per le mie finanze, decido che forse è meglio traslocare. Mentre mangio qualcosa al Red Star, noto un grazioso hotel davanti, con un discreto via vai di backpackers. Ad occhio mi sembra costoso, ma tento la fortuna. Fortunatamente, hanno stanze libere, 20 USD, e per l’escursione non devo preoccuparmi, ci pensano loro. Sono al settimo cielo. Non mi sembra vero

:)

Trascorrerò il resto del soggiorno a Nawng Kham, detto da tutti NK Villa. Dapprima nella stanza 05, una grande tripla tutta per me, ed infine nella 02, una doppia. Ottima colazione, forse non abbondantissima. Un manager molto cordiale, e prodigo di consigli. Gentilissimo il personale. Qui ho incontrato tantissima gente per condividere barche e taxi per le escursioni (vedere appunto alla voce “escursioni”)

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Mangiare

Il Red Star è il ristorante meno costoso che ho trovato, il cibo è buono, e quindi quasi sempre stata loro fedele. Ho poi provato il ristorante nepalese “Everest”, gemello di quello di Kalaw, ma con meno scelta. Ultimo pranzo prima di partire al One Owl Grill, sulla strada principale. Arredato in legno, e molto pulito. Serve anche cibi occidentali. Un po’ caro. 

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Vi sono comunque parecchie bancarelle, alcune delle quali vendono esclusivamente dolci (squisiti)

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Impressioni

Non ho parole, ovviamente in senso positivo. I miei luoghi preferiti sono Kakku, Inthein, e Maing Thauk. Le classiche escursioni in barca che fanno, ossia lago, pagoda dorata e mercato dei 5 giorni sono piuttosto turistiche, anche se non c’è la ressa dei mercati galleggianti di Can Tho in Vietnam o di quelli Thai. Nei mercati la gente del posto vende principalmente cibo, si sono poi aggiunte alcune bancarelle di souvenirs. Molti spunti fotografici. Maing Thauk è un villaggio che si raggiunge in barca ma anche con un’ora circa di bicicletta da Nyaungshwe. Qui è possibile fare un giro in canoa che, al contrario delle lance, riesce a raggiungere i canali più stretti, ed insinuarsi in mezzo alle case. E’ un modo silenzioso, semplice, ecologico per osservare la vita quotidiana sul lago

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ESCURSIONI

LAGO INLE CLASSICO, PAGODA PHAUNG DAW OO – BARCA A MOTORE CONDIVISA

Appena giunta al Nawng Kham, sono le 8.00 di mattina, riesco ad aggiungermi ad una coppia scozzese per l’escursione “classica” che comprende mercato a rotazione in un paesino sulle rive, il cosiddetto “5 days market”, pagoda Phaung Daw Oo, visite varie a laboratori, e pranzo non compreso nel prezzo, che è di 15 USD in totale per la barca, quindi 5 a mio carico. Siamo di martedì e non ricordo il nome del paese dove si tiene il mercato. Sembra piuttosto autentico, i beni offerti appartengono alla economia locale, non ci sono souvenirs. Qualche turista in giro. Diciamo che mi ricorda il mercato di Muang Sing in Laos, dieci anni fa.

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Attraversando le placide acque del lago, facendoci largo fra palafitte e giacinti d’acqua, avvistiamo i primi pescatori che muovono i remi con la caratteristica rotazione delle anche.

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Visitiamo un  laboratorio di sigari, e uno di stoffe, nei villaggi di Kaylar e Nam Pan. E’ possibile comunque chiedere di andare oltre. Noi accettiamo la proposta del barcaiolo di buon grado, primo, perché gli artigiani ci spiegano i procedimenti di fabbricazione, che è sempre qualcosa che non conoscevamo prima, ed è interessante, secondo perché non siamo obbligati a comprare (i prezzi sono altissimi), terzo perché possiamo visitare una casa tipica in legno sul lago, affacciarci dalle finestre o balconi, vedere il villaggio da un’altra angolazione, quarto, sono molto venale, perché possiamo approfittare della loro toilette

:)
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Mangiamo in un ristorante turistico sul lago, Shwe Kyar Pwint, parecchio caro, ovviamente, 3500 MMK un riso fritto che era la pietanza più economica. Porzioni grandi

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La Pagoda Phaung Daw OO dal mio punto di vista non è nulla di speciale dal lato estetico, ma diventa affascinante per l’osservazione dei riti di preghiera dei devoti. Sono custodite qui cinque statue – tre di Buddha e due dei suoi discepoli – risalenti al XII secolo e ricoperte di fo­glie d’oro, che nel corso degli anni i fe­deli hanno applicato in tale quantità da renderle irriconoscibili, se non l’avessi infatti letto avrei pensato che fossero dei semplici sassi. Tutto intorno, poi, vi sono molte bancarelle di souvenirs, secondo me interessanti. Comprate qui i vostri gingilli di bigiotteria etnica in simil argento, tanto tengono poco posto, perchè poi a Yangon di queste cosine non c’è traccia. Scoppia un temporale di dimensioni bibliche proprio mentre sono intenta a contemplare una delle imbarcazioni reali a forma di uccello dorato usate per il trasporto dei buddha durante le processioni sotto una passerella coperta. Il nubifragio si placa presto ma continua un lieve stillicidio. La giornata era comunque già grigia sin dal mattino presto.

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Proseguiamo per il monastero dei gatti salterini, Nga Phe Kyaung. Dopo tanto marmo e mattone, non sempre pulito, è piacevole camminare a piedi nudi sopra un lucido e scricchiolante pavimento di tek, ammirando una notevole collezione di belle statue in legno di Buddha di pregevole fattura. Avevo sentito dire che i gatti non saltano più, ed infatti è vero. Per lo meno, nella mezzora in cui io sono stata presente non c’è stato nessuno show, tutti i gatti erano intenti a poltrire, e a prendersi le carezze dei turisti.

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Rientro verso le 15.30-16.00

KHAUNG DOING E MAING THAUK, I VILLAGGI SUL LAGO – BICICLETTA E CANOA

Il noleggio di una bici normale costa sui 1500 MMK, e mi rivolgo a Red Star, il ristorantino. Le bici hanno il cambio, ma sono pesanti e non tutte in perfette condizioni, anche se la manutenzione viene comunque fatta dall’anziano padre di una delle ragazze del ristorante (lo vedo spesso all’opera ad armeggiare con i suoi attrezzi chino sul cambio). Altri esercizi noleggiano mountain bikes al prezzo di circa 7-8000 MMK. I villaggi raggiungibili in bici sono Khaung Doing, poco dopo un sito di sorgenti calde, e Maing Thauk. L’escursione alla prima location non mi fa impazzire, le hot springs sono una specie di complesso di lusso, a pagamento, ovviamente, e lungo la strada non ci sono grandi attrattive, se non un monastero a mezza collina, raggiungibile con una breve scalinata, da cui si ammira un discreto panorama.

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Il villaggio offre qualche scorcio carino, ma nulla di più. Ovviamente, è raggiungibile anche in barca, per chi non volesse sfacchinare.

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Maing Thauk si trova invece dalla parte opposta, e dire che mi ha entusiasmato è riduttivo, tant’è che l’ultima mattinata deciderò di tornarci. Sulla strada, ben indicata, una vineria offre assaggi della produzione locale e bei panorami al tramonto sul lago; poco avanti torreggiano grandi palafitte lussuose che fanno parte di costosi resort.

Il fulcro di Maing Thauk è composto da palafitte, ed un lungo pontile, fatto costruire grazie ad una donazione di Peter Wheeler di Lonely Planet, che verrà distrutto dalle forti piogge nei giorni seguenti, e che al momento della prima visita collega la strada principale alle palafitte.

La mia scoperta di questo luogo incantato avviene in un grigio pomeriggio di quasi pioggia, sono circa le 15, l’ora di uscita da scuola e frotte di ragazzini si riversano galoppando sul pontile, mentre gli adulti li aspettano a bordo delle loro piccole imbarcazioni per riportarli a casa, mi limito a scattare qualche foto, declinando ogni offerta di tour in canoa che mi viene proposta.

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La seconda nostalgica visita si svolge in una quasi soleggiata mattina dell’ultimo giorno di permanenza a Nyaungshwe, a distanza di qualche giorno. Il pontile è crollato per via delle forti precipitazioni, ma trovo al solito posto l’anziano barcaiolo in attesa di clienti, ed accetto volentieri di essere accompagnata in un tour fra il silenzio dei canali, in mezzo alle case. La piroga scivola insinuandosi fra scene di vita quotidiana, l’isola officina con operai al lavoro, la scuola, le donne che lavano i panni, le oche che sguazzano seguendo la nostra scia, i gatti acciambellati al sole, i bambini che giocano, remano, si fanno il bagno. Con il bel tempo il paesaggio sembra rianimarsi e rivivere. 3000 MMK per 40 minuti, li vale tutti

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INTHEIN – TAXI CONDIVISO

Inthein fa parte del normale circuito dei 5 days markets, e risulta essere anche molto turistica. Si raggiunge normalmente attraversando il lago, ma si trova sulla stessa strada per Khaung Doing, solo un poco più a sud, quindi non è vero che è un remoto avanposto in mezzo alla giungla, raggiungibile solo in barca, come ho letto in certi articoli della sezione viaggi on line di noti quotidiani. Ho visto gente persino raggiungerla in bicicletta!!!. Altro che posto fuori dal mondo!!!

Per via delle forti piogge, la via acquatica ci è stata sconsigliato dal gestore di NK Villa, perché pericolosa. Parlo al plurale perchè anche qui sono riuscita a fare proseliti. E’ per questo che dico che è necessario che i singles si scelgano sistemazioni molto frequentate, in modo da riuscire sempre a trovare qualcuno con cui condividere le spese. Non ho faticato a convincere Steve, uno dei tre ragazzi vietnamiti che già faceva parte della spedizione a Kakku, rientrato entusiasta e che quindi si fida di me. Le altre due componenti della troupe sono state due donne austriache, da me “rimorchiate” durante la colazione, Andrea e Suzanne. Una di loro mi ha guardato con curiosità, come se pensasse “ma cosa vuole questa”, dopodichè mi ha detto “yes” e mi ha seguito senza neanche chiedermi prezzi. Non pensavo di risultare così convincente

:)

Dovendo quindi muoverci via terra, abbiamo riconfermato lo stesso autista di Kakku, costo totale 30000 MMK, mia quota 8000 (ho fatto cifra tonda). Non era giorno di mercato, quindi l’atmosfera era molto tranquilla. Una bella giornata di sole ha reso i colori ancora più vividi. Gli stupa, qui 1600, appartengono a vari stili architettonici, alcuni sono stati restaurati, e ricoperti di calce bianca, o vernice dorata, altri si presentano nell’aspetto originale in mattoni, un po’ diroccati ed in parte soffocati dalla vegetazione. Il loro fascino però secondo me consiste proprio in questa dimostrazione del fluire millenario del tempo, e della rivincita della natura, che si riprende quello che è suo. In genere, i turisti stranieri, preferiscono proprio questa originale verginità. I fedeli buddhisti, per acquisire meriti, con le loro donazioni avanzano pretese sullo stile con cui i vari stupa devono essere restaurati. Non c’è lo sforzo di ingegnarsi a mantenere il modello originale, purtroppo spesso, anzichè recuperare il vecchio, lo si ricopre con cemento alla brutta eva. E’ come se, per restaurare la Venere di Botticelli, piuttosto che rimettere in sesto l’originale ci si dipingesse sopra Teomondo Scrofalo

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Branchi di cani randagi hanno colonizzato il territorio, ma non sono pericolosi. Evitano l’uomo e sono troppo presi nelle loro baruffe gerarchiche. L’autista ci accompagna a mangiare in un bel ristorante sul fiume, sulle cui rive le donne sono intente a fare il bucato.

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Rientriamo verso le 15

KYAUK TAING – BARCA A MOTORE CONDIVISA

Per l’ultima intera giornata che trascorro sul Lago Inle, l’intenzione sarebbe quella di andare a Sankar, sulle rive sud e ben oltre. La località mi è stata descritta come molto affascinante da un viaggiatore che conosce la zona e di cui mi fido molto, Alessio. Vista la distanza da Nyaungshwe, circa 3 ore solo di andata, è meno frequentata, e si sta aprendo al turismo soltanto ora. Il prezzo è alto, vista la lontananza, 60 USD, ma Suzanne e Andrea mi accompagnerebbero. La situazione meteo è però molto incerta. Sankar nei giorni scorsi era isolata per via delle forti piogge, ed era pericolosissimo arrivarci, per via delle forti correnti. Lasciando da parte per una volta il gestore di NK Villa, ci rivolgiamo ad un’agenzia poco distante, sempre sulla stessa via. Anche se al momento Sankar sembra essere tornata raggiungibile, poichè soltanto i più esperti saranno in grado di condurci a destinazione, di tutti quelli interpellati dalla proprietaria soltanto uno acconsente, e poco dopo ci raggiunge per prendere accordi. Stabiliamo anche un piano B, caso mai dovesse piovere forte durante la notte.

L’indomani mattina, a colazione, Andrea mi annuncia seria che durante la notte purtroppo è piovuto tantissimo (io non me ne sono accorta) e che quindi secondo lei, anche se il barcaiolo fosse ancora disposto, l’opzione Sankar non le sembra prudente. Concordo con lei. Alle 7 abbiamo l’appuntamento in agenzia. Esponendo alla proprietaria i nostri dubbi, lei ci suggerisce un’alternativa che arrivi ad esplorare le rive sud del lago entro i limiti di sicurezza, ma senza addentrarsi sino a Sankar. La prima sosta sarà alla pagoda Phaung Daw Oo, che tutti abbiamo già visto, ma oggi è di scena il 5 days market, dopodichè arriveremo a Kyauk Taing, villaggio famoso per le ceramiche, dove ha luogo un’altra fiera, e poi alle pagode di Thaung Tut. 30000 MMK da dividere in tre

Che abbia piovuto molto me ne rendo conto quando arriviamo al grande mercato sul retro della Pagoda, la radura su cui si svolge è un pantano unico, grandi cartoni sono stati disposti fra una bancarella e l’altra per agevolare il transito dei pedoni. Molti venditori di dolci cercano di prendere per la gola il pubblico assiepato ad osservare le varie fasi di preparazione

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Forse è il mercato più turistico che ho visto : ci sono bellissimi souvenirs, bigiotteria etnica, camicie, i caratteristici pantaloni da pescatore, insomma un sacco di roba. Consiglio di fare acquisti qui, in questi mercati, piuttosto che a Yangon, che offre molta meno scelta. Oltre agli stranieri, affollano le bancarelle anche diversi gruppi di Pao, vestiti negli abiti tradizionali, che stanno facendo la spesa.

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Ho comprato un sacco di roba.

Begli scorci sul lago

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Kyauk Taing è un mezzo pacco, solo mezzo perché il villaggio è piuttosto autentico,

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ed un’artigiana molto abile ci mostra come velocemente e con poca argilla riesce a creare bellissimi vasetti, ma purtroppo il mercato non c’è.

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Pranziamo quindi desolatamente sole, sotto la grande tettoia deserta dove il mercato si svolge, nei giorni ovviamente prefissati, e ripartiamo. Il Sito di Thaung Tut è carino. Siamo gli unici esseri umani in visita.

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Questa è la prima nota positiva, la seconda è che le tacche del cellulare, completamente morte a Nyaungshwe in mezzo alla civiltà, sono qui tutte e cinque belle arzille, per cui ne approfitto per chiamare casa, dove mi davano già per dispersa, visto il silenzio dei giorno precedenti.

Rientrate a Nyaungshwe, chiedo a Andrea se vuole andare a protestare in agenzia per il mancato mercato. La risposta è “sono troppo stanca per litigare”. Convengo con lei che non ne valga la pena, ad ogni modo siamo venute a contatto di un altro scorcio di questa terra meravigliosa e sconosciuta, e tanto ci basta

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