Lampi gamma domati dalle magnetar

Creato il 19 settembre 2013 da Media Inaf

Rappresentazione artistica di una magnetar. Crediti: NASA/Goddard Space Flight Center Conceptual Image Lab

I lampi di raggi gamma (gamma-ray burst, GRB) sono i fenomeni più violenti dell’universo. In un minuto emettono molta più energia di quella emanata dal nostro Sole in tutta la sua vita. Uno dei misteri ancora aperti che li riguarda è la presenza di precursori, cioè brevi e intensi fiotti di radiazione con caratteristiche del tutto simili al picco dell’emissione, ma che lo precedono anche di qualche minuto. L’idea che in natura esista un meccanismo capace di spegnere e riaccendere tali “mostri” è estremamente affascinante, e nessun modello teorico è stato finora in grado d’identificarlo.

Ma proprio nel numero odierno di ApJ, The Astrophysical Journal, un gruppo di ricercatori italiani dell’INAF – Osservatorio Astronomico di Brera propone, per la prima volta, un modello in grado di interpretare questo fenomeno. «L’idea su cui questo lavoro si basa è che tale meccanismo abbia origine da uno degli oggetti astrofisici più piccoli da noi conosciuti: una stella di neutroni che, con i suoi 10 km di raggio, potrebbe essere interamente contenuta dentro il lago di Garda», dice Maria Grazia Bernardini, ricercatrice postdoc presso l’Osservatorio Astronomico di Brera e prima autrice dell’articolo.

Un oggetto così piccolo ma allo stesso tempo così estremo – capace di ruotare circa 300 volte in un secondo, e dotato di un campo magnetico pari a un milione di miliardi di volte quello solare – può essere prodotto durante il collasso gravitazionale di una stella di grande massa, e da solo è in grado di produrre abbastanza energia da alimentare un GRB. Questa energia viene rilasciata quando questo tipo di stella di neutroni (chiamato “magnetar”) accresce il materiale che cade su di essa dagli strati esterni della stella progenitrice. «In condizioni particolari, la forza centrifuga dovuta alla rotazione a cui è soggetta la magnetar è in grado di “creare una barriera” che si contrappone alla forza di gravità e inibisce l’accrescimento. Il materiale intorno alla magnetar continua ad accumularsi finché non riesce a vincere questa barriera, e il processo di accrescimento ricomincia. In questo modo», spiega  Sergio Campana, ricercatore dell’Osservatorio Astronomico di Brera, «l’emissione del GRB può essere sospesa, e riprendere dopo alcuni secondi».

Le predizioni di questo modello sono state verificate confrontandole con le caratteristiche di un gruppo di GRB con precursori osservati da Swift, il satellite NASA (con partecipazione italiana) per lo studio dei lampi di raggi gamma. «Swift è in orbita dal novembre del 2004 in continua caccia di nuovi GRB, scoperti in un numero di circa 80 all’anno. Ma Swift non scopre e studia solo i GRB: grazie alla sua versatilità, rapidità nei tempi di risposta e capacità di osservare in diverse bande di energia, studia centinaia di altre sorgenti variabili nel cielo X ed ottico-UV», ricorda Gianpiero Tagliaferri, responsabile scientifico del team italiano che ha condotto questa ricerca e che partecipa a questa missione della NASA, a cui contribuiscono sia ASI che INAF.

Oltre alla possibilità di spiegare il fenomeno dei precursori nei GRB, questo modello ha una validità più generale. Infatti fornisce un’interpretazione autoconsistente dell’intero processo di emissione dei GRB come il risultato dell’accrescimento su una magnetar, indipendentemente dalla presenza di precursori. Il numero di magnetar che ci si aspetta vengano prodotte dal collasso di stelle di grande massa è confrontabile con quello dei GRB, lasciando aperta l’ipotesi che questo tipo di stelle di neutroni possano essere in grado di produrre molti più GRB di quelli con precursori, che sono circa il 15% del totale.

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Fonte: Media INAF | Scritto da Redazione Media Inaf


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