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Lansdale: l’arte del cross-over

Creato il 17 maggio 2012 da Tiziana Zita @Cletterarie

Lansdale: l’arte del cross-overProlifico come pochi, Joe R. Lansdale, nato a Gladewater, Texas, nel 1951, figlio di un meccanico analfabeta che si guadagnava da vivere col wrestling, è autore di una trentina di romanzi e di un numero imprecisato di racconti (qui la bibliografia completa, o quasi…). Una produzione sterminata, con incursioni nei filoni più disparati, che gli ha fruttato cinque Bram Stoker Awards, il British Fantasy Award e l’American Mystery Award, più le benedizioni autorevoli di Stephen King e Robert Bloch. Da quando si è guadagnato anche da noi lo status di autore di culto ci sono schiere di fan pronte, ad ogni nuova uscita, ad apprezzarne la prosa colorita e camaleontica, una scrittura che vede nella ricchezza d’invenzioni narrative la sua peculiarità più gettonata.

E pensare che lo scrittore giunse quasi di straforo nel Belpaese grazie alla pubblicazione – nella Collana Urania – dei suoi due romanzi Drive-in e Drive-in 2 (usciti come la notte del Drive-in e Il giorno dei dinosauri, entrambi poi raccolti in volume da Einaudi), magistrali esempi di commistione dei generi che sul finire degli anni Ottanta affrancarono l’autore dal calderone dell’anonimato e gli fecero guadagnare un posto in prima fila nel filone splatterpunk. Una collocazione tuttavia, quest’ultima, che in pochi anni è sembrata subito riduttiva se non forzata poiché Lansdale, prima ancora che al fenomeno letterario che portò alla ribalta autori osannatissimi come Clive Barker, appartiene ad una più antica tradizione di scrittori pulp come Bloch, London, Pierce e Matheson (tutti maestri dichiarati dell’autore, assieme ovviamente a Mark Twain) e, in soldoni, ha saputo fare di questa stramba originalità derivativa un vero e proprio genere a sé stante: il cross-over.

Lansdale: l’arte del cross-over
Ciò che infatti rende unica la lettura di questo scatenato funambolo della parola è principalmente la sua abilità di gestire con scioltezza più registri narrativi: horror, western, cyberpunk, fantascienza, noir e satira sociale s’inseguono nei suoi racconti in una strepitosa girandola di colpi di scena. Cresciuto fagocitando le letture più disparate, Lansdale afferma di non essere mai stato in grado di identificare una gerarchia di valore in ciò che gli capitava sottomano, emozionandosi fin da bambino per i romanzi di Tolstoj come per le strisce di Batman senza la benché minima preclusione, e questo approccio alla letteratura poliedrico e vorace è rimasto il succo di tutta la sua produzione: dopo una miriade di racconti e i numerosi romanzi degli anni Novanta (circa venti, tra cui Il mambo degli orsi, Freddo a Luglio, Mucho mojo, solo per citare i più famosi), Lansdale si è dedicato con successo anche al fumetto, inanellando consensi di critica e pubblico con la sceneggiatura di Jonah Hex - sicuramente quanto di più interessante e spregiudicato mai apparso negli ultimi tempi nel mondo dei comics – per poi approdare agli ultimi successi letterari di Tramonto e polvere, Echi perduti e L’anno dell’uragano).

Dotato d’un innato senso del ritmo, Lansdale impasta i suoi lavori con una carica d’imprevedibilità disarmante stando però attento a temperare l’eccessiva violenza con

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una capacità di misura inaspettata: pur facendo ricorso a veri e propri colpi allo stomaco per il lettore – teste che esplodono, bambini mutanti, zombi antropofagi, gladiatori post-apocalittici e via discorrendo -, lo scrittore statunitense ha sempre bene in mente la regola fondamentale degli scrittori di genere che consiste nel non indugiare mai troppo sui particolari efferati e, a riprova di una consolidata passione per il ‘gioco’ che soggiace a qualsiasi forma di scrittura, sdrammatizza le situazioni più paradossali con ineffabili dosi d’ironia southern. Si prenda ad esempio la raccolta di racconti Maneggiare con cura, edita da Fanucci (editore che, assieme a Einaudi, sta pubblicando tutta la vasta opera dell’infaticabile scrittore texano), in essa vi sono contenuti tutti i temi cari all’autore: l’ottusità razzista e omofobica del profondo Texas, le suggestioni indelebili dei cinematografi all’aperto e il fancazzismo genetico degli adolescenti di provincia. Su questi elementi cardine Lansdale gioca ad incastro, procedendo con lo stesso divertito entusiasmo dei bambini che s’inventano le più improbabili storie per far colpo sugli amici narrandoci ad esempio le peripezie di un gruppo di giovani spacconi alle prese con un cadavere martoriato di un cane (La sera che non andarono all’Horror-show), oppure, con un salto in avanti destabilizzante, la storia di un cacciatore di taglie del futuro in guerra contro una setta di fanatici mutanti (Nel deserto Cadillac coi morti); ma numerosi sono pure i racconti dall’indubbio impatto satirico, come lo strepitoso Una fiaba, dove un individuo qualunque, stufo delle donne, compra una bambolina gonfiabile e se ne innamora immaginando di parlarle come fosse viva, ma questa in breve comincia a leggere Sartre e a chiamarlo «fallito», fino alla rivelazione finale in cui l’uomo scopre d’avere una valvola per sgonfiarsi sul pene e di essere lui, in definitiva, il vero fantoccio. Da segnalare, nella stessa raccolta, Godzilla in riabilitazione, vero must della parodia in cui Lansdale gioca alla grande con un mostro sacro della fantascienza anni Cinquanta immaginando che il famoso dinosauro radioattivo, inserito dal governo in un programma di riabilitazione, lavori tutt’il giorno in miniera rimembrando la notte i tempi in cui assieme a Gamera e King kong mettevano le città a ferro e fuoco.

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E poi, affianco al Lansdale più pop (diremmo quasi «postmoderno», se un simile appellativo non si fosse oggi svuotato di qualsiasi signifi-cato), c’è quello dei noir più integralisti, quelli che gli hanno fatto meritare il nomignolo di ‘Stephen King del Texas’, anche se lui preferisce riferirsi al James Cain di Fiamma del peccato – e infatti, Fiamma Fredda è uno dei titoli più famosi della sua produzione commerciale, un torpido e raccapricciante giallo ambientato in ambiente circense, tra i freaks della provincia americana (uscito nel 2001 nei Gialli Mondadori). A lui si deve l’invenzione della più scalcinata coppia d’investigatori (loro malgrado): quegli Harp e Leonard protagonisti di un ciclo di romanzi cominciato con Il mambo degli orsi, due tipi maneschi e bizzarri – uno è bianco e liberal, l’altro è nero e grintosamente gay – che si ficcano continuamente nei guai facendo ricorso in extremis alle arti marziali (non si scappa, anche quando tenta di costruire un romanzo coerente, la stratificazione del background culturale di Lansdale fa capolino per contaminare la storia con gli elementi più eterogenei). «Be’… vivo nel sud del Texas, e là la gente si riunisce attorno a un fuoco per raccontare storie. E io sono sempre stato bravo a raccontare storie…», ha detto lo scrittore durante l’ultimo SugarPulp Festival di Padova, e, considerato come riesce a catturare l’attenzione di chiunque apra a caso uno dei suoi libri, non si può certo dargli torto.


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