Lanzetti/Roversi -“Quasi English” (2015)Di Alberto SgarlatoArticolo apparso sul numero di agosto di MAT2020I nomi di Bernardo Lanzetti e di Cristiano Roversi tornano finalmente a incontrarsi. Entrambi possono vantare un bagaglio di collaborazioni davvero vasto, ma vengono ricordati soprattutto il primo per gli Acqua Fragile e una breve permanenza nella PFM, il secondo per i Moongarden.Due nomi così ovviamente danno adito a un album che è puro miele per le orecchie degli appassionati di rock progressivo. Nella traccia iniziale, che dà il titolo all’album, scopriamo fin dalle prime strofe che la voce di Lanzetti migliora costantemente con gli anni (e, anzi, avrebbe meritato una presenza ancora maggiore nel mixaggio). Questo brano dal titolo così strano sembra quasi un “pastiche” scherzoso, un po’ alla Frank Zappa, complici anche i “botta & risposta” corali da parte dei Catafalchi del Cyber (altro progetto roversiano), ma la melodia vocale è sorretta da un massiccio supporto armonico chitarra/organo che nelle prime note inevitabilmente evoca i Genesis dell’Era-Gabriel, mentre le escursioni soliste delle tastiere sono più emersoniane. Stessi ingredienti nella successiva “Worn to a shine”; a proposito di queste prime due tracce, è doveroso segnalare in esse la presenza di due veri “Pezzi da 90” del prog-rock moderno: alle chitarre Fabio Serra, che con i suoi Røsenkreütz ha partorito un annetto fa quel capolavoro che è “Back to the stars”, mentre alla batteria troviamo Jonathan Mover, già collaboratore di Hackett e Howe nei GTR e per un brevissimo periodo anche nei Marillion (tra l’uscita di Mick Pointer e l’arrivo di Ian Mosley). Oltre a loro, una mezza dozzina di eccelsi strumentisti hanno collaborato alle varie tracce dell’album, che si accinge già a diventare un “classico di domani” del rock progressivo; “Heartsick clever” è un momento acustico davvero commovente, di quelli che toccano proprio le corde dell’anima, mentre il pianismo nervoso di “Latitude aloud” ci porta su coordinate tra Banco e ELP; “Convenience” è una scelta coraggiosa, in quanto va a ripescare un brano per nulla scontato dei Gentle Giant, qui rivisitato in una modernissima e ardita chiave metal-prog; “Scorre l’acqua” è l’unica traccia totalmente in italiano, mentre “Bel Canto” in italiano lo diventa, dopo una introduzione in inglese: entrambi i brani hanno un incedere davvero operistico, con le orchestrazioni ricostruite con il Mellotron. La conclusiva “Have no standing” ci riporta alle atmosfere delle prime due tracce, cioè a quel prog segnato dalla maestosità genesisiana. Parafrasando il titolo si può dire che Roversi ha scelto una strumentazione “Quasi Vintage”: pressocchè assenti, o ridotti al minimo, i sintetizzatori, per dare ampio spazio a piano, organo Hammond e Mellotron. Un disco in cui la ricchezza degli arrangiamenti e la complessità strutturale sposano la melodia nel modo più riuscito.