Lapìdeo
Dal lat. lapideu(m), derivato di lapis -pidis ‘pietra’.
Aggettivo.
1. (letterario) Di pietra, fatto di pietra: l’antica arca lapidea (Pascoli).
2. (estensione) Che ha la durezza o l’aspetto della pietra.
3. Relativo alla lavorazione della pietra.
Sostantivo maschile (femminile lapidea).
Operaio addetto alla lavorazione della pietra.
Una (parola) giapponese a Roma
Dark [dark]
Voce inglese; propriamente ‘buio, scuro’.
Aggettivo invariabile.
1. Che appartiene o si riferisce a un movimento giovanile sorto nella prima metà degli anni Ottanta, che esprime attraverso l’abbigliamento di colore nero la propria vocazione alla tristezza, alla malinconia.
2. Musica dark, genere di musica pop i cui testi esprimono una visione triste, cupa della vita.
Dark lady [dark'lEdi]
Locuzione inglese; propriamente ‘signora (lady) tenebrosa (dark)’.
Locuzione sostantivale femminile invariabile.
Signora fatale e spregiudicata che non si fa scrupolo di usare il suo fascino per indurre chi ne resta soggiogato al delitto.
Entriamo nel pieno della disputa sui tempi verbali usati da Manzoni. Ci scrive a proposito Mario Cacciari.
— A me la frase riportata pare corretta:
"[...]Il sospetto che la sua risoluzione fosse attribuita alla paura, l’afflisse un momento; ma si consolò subito, col pensiero che anche quell’ingiusto giudizio sarebbe un gastigo per lui, e un mezzo d’espiazione."
La si sarebbe potuta infatti scrivere in questa maniera:
"[...]Il sospetto che la sua risoluzione fosse attribuita alla paura, l’afflisse un momento, ma si consolò subito. Pensò che per lui sarebbe un gastigo, e un mezzo d’espiazione, anche quell’ingiusto giudizio."
L’uso del condizionale è assolutamente legittimo!
O forse l’"errore" denunciato sta nel tempo del condizionale?
E chi critica ritiene che si sarebbe dovuto scrivere "per lui sarebbe stato un gastigo"?
Be’ io – forse sbagliando – credo che un Autore (e penso che Sandrino si meriti l’A majuscola) abbia tutti i diritti di scegliere quale tempo usare, in casi come questo. Se preferire un tempo riferito al momento, presente, in cui il personaggio pensa, o piuttosto al momento in cui il lettore viene coinvolto nelle sue riflessioni.
Ma poi… son passati 172 anni dalla ripulitura fiorentina del linguaggio dell’edizione precedente! Perché allora non andare a correggere anche quel "gastigo" che nessun vocabolario registra più, dopo il mio Zingarelli dell’inizio del secolo scorso?
E dai! siamo mica qua a contare le zampe ai mussini!
Come un altro amico ha fatto rilevare (forse V.C.? non ricordo bene, ma non ho voglia di andare a controllare) l’uso dei tempi e dei modi, come l’ortografia, in 172 anni hanno subito parecchie mutazioni e dobbiamo re-imparare a leggere (come si faceva ai miei tempi del liceo) con l’orecchio di chi ha scritto.
Poi, eventualmente, per l’incolto, si può sempre ricorrere alla traduzione moderna, come già fu fatto, ahiahiahi!, per Il Principe. —
Si dice lapìdeo, e non lapidèo.
Luoghi di dire
Stefano scrive alla Parolata per segnalare il detto: "Ce n’è un altro a Lucca", che si usa per indicare una cosa impossibile. E ci chiede anche se ne conosciamo la genesi. La Parolata non lo sa, e gira la questione ai suoi lettori, riponendo particolari speranze nel folto gruppo toscano.
Tommaso Feleri! Chi era costui?
Secondo indizio
Dovete indovinare un libro di battaglie, di conquiste, di morti.