Lara Croft and the Temple of Osiris – La maledizione di Set

Da Videogiochi @ZGiochi
di Danilo "feandie" Iaccio

C’è Tomb Raider e da qualche anno c’è anche Lara Croft, sì quello spin-off con cui Crystal Dynamics ha iniziato a prendere confidenza con gli asset dell’amata archeologa prima di sviluppare il reboot della serie principale. Quello di cui andiamo a parlare oggi è proprio il seguito di quel capitolo, allora solo in digitale, oggi disponibile in entrambe i formati, che buttava su schermo le avventure di Lara Croft in una nuova veste, o meglio in una prospettiva, quella isometrica che ben venne apprezzata agli esordi grazie a diversi elementi ben combinati tra loro che consegnarono un titolo diverso nella forma e nella sostanza ma che conservava lo spirito del brand principale. Lara Croft and the Temple of Osiris porta la protagonista nell’antico Egitto, in una nuova avventura con altri tre bizzarri compagni di viaggio, e questa è la loro storia…

IL TEMPIO DI OSIRIDE

L’intrepida archeologa trova la via per il tempio di Osiride, il re degli dèi fatto letteralmente a pezzi da suo fratello Set l’usurpatore, a cui non bastava il dominio sul regno d’Egitto e si recò nel Duat, l’oltretomba, per accrescere il proprio potere finendo però bloccato negli inferi senza possibilità di farvi ritorno. Insieme a Lara troviamo un altro archeologo, Carter Bell, che davanti al bastone di Osiride non resiste e nel tentativo di prenderlo attiva una maledizione che colpisce i due avventurieri liberando anche Iside e Horus, rispettivamente la moglie e il figlio di Osiride, imprigionati da Set, e disponibili ad aiutare i protagonisti. Questo l’incipit del gioco narrato in modo veloce ed esaustivo da una sequenza di immagini ben disegnate che spiegano come i quattro personaggi si ritrovano ad affrontare le insidie del Tempio. Come per Lara Croft and the Guardian of Light la trama copre un ruolo marginale, fa semplicemente da sfondo alle vicende intrattenendo chi gioca con una serie di brevi scene d’intermezzo che hanno il pregio di tenere vivi gli obiettivi da perseguire e caratterizzare un minimo i personaggi. Ma il fulcro del gioco rimane il gameplay che segue pedissequamente i dettami imposti quattro anni fa con il primo capitolo: azione da sparatutto in forma doppia levetta analogica, un po’ di fase platform e la componente più importante di puzzle ambientali sono gli elementi vincenti che resero all’epoca questo spin-off divertente da giocare. Una formula che non cambia in questo episodio, leggermente potenziata in alcuni aspetti, ma che di fatto propone un more of the same.

Chi ha giocato il primo capitolo sa già quindi cosa aspettarsi, chi non l’ha fatto deve sapere che di fronte vi troverete un gioco con visuale isometrica e i personaggi comandabili con le due levette analogiche, quella sinistra per muoversi e quella destra per mirare. Dopo le fasi iniziali navigherete all’interno di un grande hub di gioco che di per sé è un livello, con nemici da affrontare, collezionabili da raccogliere, colonne che attivano delle sfide di combattimento, potenziamenti da recuperare attraverso semplici puzzle, con tutte le destinazioni collegate ad esso che si sbloccheranno progressivamente, perché il compito ultimo è quello di raccogliere i pezzi di Osiride sparpagliati nelle tombe e infine affrontare Set. Questo tipo di impostazione è ben implementata e funziona bene, così come la formula di gioco che riesce ancora a divertire. I livelli da affrontare si concludono in poche decine di minuti, alcuni più brevi altri un po’ più lunghi, ma in generale non vi toglieranno più di mezz’ora quelli più articolati. Come in passato ogni livello presenta diverse sfide, alcune delle quali difficilmente completabili in una sola volta. Un fattore che insieme alla ricerca di migliori punteggi in ogni livello per le classifiche online e ai templi sfida (i livelli più complessi in termini di puzzle ambientali), costituiscono i motivi per cui continuare a giocare Lara Croft and the Temple of Osiris che giocato in solo, portato a termine e facendo un po’ di tutto ci è durato cinque ore circa. Una longevità leggermente minore forse del primo episodio ma in linea tutto sommato con quanto proposto già all’epoca. A questi elementi si aggiunge la modalità cooperativa fino a quattro giocatori, del resto la presenza di quattro personaggi non è un caso, sia in locale che online, che può allungare la vita del prodotto, portandolo anche a rigiocare una seconda volta per intero. Questo grazie soprattutto a una caratteristica importante che vede gli stessi puzzle ambientali affrontati in solo non stravolti ma modificati richiamando a raccolta sia la coordinazione del gruppo come due squadre da due giocatori che devono attivare gli interruttori con il giusto tempo o nella corretta sequenza, sia le loro abilità che vedono Croft e Carter usare il rampino mentre Iside e Horus formare una sfera da usare come appoggio per raggiungere piattaforme altrimenti non raggiungibili (come accadeva nel precedente capitolo con Totec) e usare il bastone di Osiride per attivare piattaforme e rallentare il tempo di esplosione di pericolose quanto utili bombe. Un’esperienza di gioco che non viene stravolta ma dà abbastanza motivi da essere rigiocata in cooperativa, anche per aumentare un tasso di sfida che in singolo non è molto alto. Inoltre si aprono anche una serie di situazioni divertenti o frustranti, tipiche dei giochi con la visuale dall’alto: da una parte abbiamo quelle scene concitate soprattutto nelle sparatorie dove magari il colpo del lanciagranate di un nostro compagno coinvolge il nostro personaggio, oppure i classici “dispetti” che vedono i giocatori lasciar morire i compagni per esempio mentre sono impegnati sulla corda del rampino sopra dei mortali spuntoni; dall’altro lato abbiamo le situazioni frustranti congenite alla visuale isometrica che vedono i giocatori incastrarsi negli angoli della mappa a causa dell’eccessiva distanza che separa i componenti del gruppo, e in tal senso capita spesso che molti non siano ricettivi e non capiscano il modo in cui ci si deve muovere. Pregi e difetti che possono essere risolti giocando con amici anziché con giocatori casuali. Tra l’altro in diverse partite abbiamo sperimentato una latenza piuttosto fastidiosa che molto è dipesa dal giocatore che hostava la partita, un particolare che potrebbe rappresentare un problema per la cooperativa.

In termini di gameplay l’offerta di Crystal Dynamics per quanto uguale al passato si dimostra ancora divertente mescolando bene fasi platform, sparatutto e puzzle. Su queste ultime, quelle con più mordente nell’economia di gioco, dobbiamo avvertire che quelli che hanno giocato il primo capitolo si troveranno davanti puzzle che non sono quasi mai complicati, eccetto qualcuno nei templi sfida e in cooperativa a quattro, ma soprattutto che presentano soluzioni davvero troppo simili a quelli proposti in the Guardian of Light, tanto da trovare la via della soluzione in pochi secondi semplicemente andando a pescare in modo automatico l’esperienza accumulata in passato. I passaggi più complicati si supereranno facilmente sapendo come sfruttare il rampino, il bastone di Osiride per attivare le piattaforme con il giusto tempismo e le bombe, importantissime contro i nemici sia per difendersi che per attaccare, sia per far saltare letteralmente in aria le sfere su piattaforme irraggiungibili da usare come contrappeso o bomba per far esplodere la via di accesso. Tutto questo si traduce in una costante sensazione di déjà vu e in un’esperienza di gioco più povera, fattori che saranno del tutto estranei ai neofiti della serie. Le novità sono ridotte all’osso, quelle più rilevanti sono la possibilità di rallentare il tempo con il bastone per dilatare la detonazione delle sfere bomba e tutta una serie di amuleti da equipaggiare che a seconda della rarità danno bonus e malus alle statistiche del personaggio, cambiando leggermente il nostro approccio all’azione, in maniera invece più incisiva nel discorso della cooperativa a quattro dove c’è la necessità di scegliere un equipaggiamento che sia complementare a quello dei compagni, e qui l’aggiunta diventa più interessante. Per ottenere questi amuleti c’è bisogno delle solite gemme da raccogliere nei livelli, da spendere per aprire i forzieri di cui è pieno l’hub e la stanza delle ricompense di cui è composto ogni fine livello, preceduto da un immancabile scontro con un miniboss o boss. Su questo punto il lavoro svolto è buono, queste sezioni sono sempre divertenti e non si traducono in meri scontri a fuoco ma sono sempre contraddistinti da trovate puzzle che poi permettono di colpire il nemico. Sotto il profilo grafico il lavoro svolto dagli sviluppatori non è stato massimo: gli ambienti di gioco sono ben caratterizzati, a tratti l’illuminazione regala anche qualcosa in più all’occhio in base anche alle condizioni climatiche, ma in generale in termini poligonali, texture ed effetti troviamo questo Tempio di Osiride un po’ sotto le aspettative. Oltretutto capitano dei cali di frame rate, specie quando si rotola con il personaggio in certi punto che sottolineano anche una mancanza di ottimizzazione. Infine menzioniamo un doppiaggio interamente in italiano discreto e delle buone musiche a completare l’atmosfera.


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