Entro domani, sapremo.
Sapremo se la Scozia continuerà ad essere parte della Gran Bretagna, o se, sulle orme di Braveheart, se ne andrà per gli affari propri.
Con l’usuale indifferenza l’Europa, e l’Italia in primis, assistono ad un evento che potrebbe rappresentare una svolta epocale.
La chiamiamo Gran Bretagna, ma la dizione corretta discende da UK (United Kingdom) e il concetto è che si tratta appunto di un Regno Unito.
Da oltre 300 anni, tra l’altro. Mica una settimana. 1707 data l’unione tra Regno di Scozia e Inghilterra. Per il Regno d’Italia, fu necessario attendere altri 154 anni, per dire.
Faccio subito outing, sono convinta assertrice del no.
Lo sono per la Scozia, ma anche per Catalunya, per Paesi Baschi, regioni del Nord Italia, Fiamminghi e Valloni.
Non è autodeterminazione dei popoli. E’ populismo. E pure sciovinismo. Con un certo sprezzo del ridicolo, vieppiù.
In un mondo sempre più globalizzato questo ritorno al campanile suona come un ritorno alle origini di persone semplici, spiazzate dal cambiamento. Un senso di non appartenenza cui vanno date delle risposte. Serie ed autorevoli, non attraverso un polirichese d’accatto che erroneamente crediamo sia solo il simbolo di una mala Italia, ma che in realtà è la cifra stilistica di un’Europa mai così alla deriva, nei valori, nelle idee, nella capacità propulsiva.
Ma anche di furbi, ispirati dal proprio interesse particolare.
Parlare di autodeterminazione dei popoli, suona puerile ed offensivo. Compendo che aspirino all’autodeterminazione i curdi, che vengono asfaltati ad anni alterni dagli iracheni e dai turchi. Che si siano autodeterminate le repubbliche ex sovietiche, che non se la passavano niente bene con la madre Russia (e che nella maggior parte dei casi son passati dalla padella alla brace), e le repubbliche baltiche, per la medesima ragione.
L’ex-Jugoslavia, gronda ancora sangue per la scelta di autodeterminarsi, ma lì fiammava un odio inestinguibile.
In genere, tutti i bei campioni dell’autodeterminazione, questa massa di piangina che auspica repubblichette grandi come il bagno di casa mia, vive benissimo, senza che nessuno si sogni di violare alcuno dei loro umani diritti, e, in genere, scialandosela discretamente grazie a statuti di autonomia speciale che consentono abusi in nessun altro luogo consentiti.
Potrei capire gli irlandesi, al limite, che hanno una storia disgraziata nella loro unione con il Regno. Ma gli scozzesi? Ma dopo trecento anni, un paio di guerre mondiali combattute insieme, un impero conquistato e perso, tutta la storia recente comune? Erano insieme da prima della rivoluzione francese, della guerra di indipendenza americana, della rivoluzione industriale. Ti unisci alla fine del MedioEvo per separarti nel 2014?
E che vogliamo dire dei catalani e dei baschi? Senz’altro furono perseguitati per il loro bisogno di identità durante il regime franchista, ma, siam sinceri, non è che il franchismo per gli altri fu Gardaland. E comunque, tra aiuti, concessioni e cazzi vari (oltre ad un’indefessa volonta, questo senz’altro) son le due regioni più ricche di Spagna. Sarà forse per questo che se ne vogliono andare? Sarà tutto lì, il loro bisogno di autodeterminazione?
E dove li mettiamo i bei campioni del nostro Nord Italia (e se qualcuno qui fosse della Lega, non temete, ce l’ho proprio con voi)?
Lasciamo perdere i Cota, i Salvini, i Borghezio, i Calderoli. Che uno manco più ha la forza di infierire. Andiamo proprio sul concetto. I terroni non pagano le tasse, il bollo, l’assicurazione e quant’altro? Be’, può essere. Però ricordiamoci pure che i più alti e massivi tassi di evasione si concentrano nel triveneto e in Lombardia. E che le belle villette son figlie del sudore della fronte, senz’altro, ma anche di vendite non dichiarate, IVA non versata, sabati e domeniche lavorate ‘a nero’ (quel nero che scorreva a fiumi). Ma credete che siam tutti coglioni? No, perchè, fidatevi, anche no.
E i trentini, che auspincano il ritorno a madre Austria? Ma la facessero pure la loro anschluss, che ogni volta che ti trovi da quelle parti e parli italiano ti guardano come una merda attaccata alla tomaia delle scarpe. Però, prima di andare, o loro, se vogliono, o madre Austria, se lo ritiene, ci rendano sino all’ultimo centesimo di tasse pagate in nome e per conto di una Regione che in virtù dello statuto speciale ha avuto molto, molto più di altre. E, per inciso, si vedrebbe, come li vorrebbe, madre Austria, se dovesse trovarsi il conto da pagare.
Perchè vivo al Nord, perchè ci sono nata, perchè le mie radici sono qua, ma anche in tutto il resto del Paese, perchè le tasse le ho sempre pagate tutte, religiosamente e senza nemmen rompere troppo le palle, e le ho pagate per chiunque risieda sul territorio, a Nord come a Sud, italiano o straniero, senza distinzione. Le ho pagate perchè le dovevo pagare, e se lo dovevo pagare era perchè potevo (differenza non di poco conto), quindi mi reputo, pure, fortunata. E chi non le paga, potendo, e dovendo, non è furbo, è un poveretto che merita disprezzo (oltre che tutte le conseguenze civili e penali del caso).
E tutte queste autodeterminazioni, in realtà, olezzano, lontano un miglio, di libertà di fare quel cazzo che ci pare, una sorta di liberi tutti di cui, alla fine, pagheranno il prezzo gli ultimi, e di cui, ancora più alla fine, pagheremo il conto anche noi.
E che il buonsenso degli scozzesi, che saranno anche nipoti di Braveheart, ma in fondo son inglesi dentro, ci protegga da una pioggia di referendum di cui non si sente necessità alcuna.