Magazine Famiglia
Ieri mentre ero in ufficio, ho seguivo la TL di Twitter sulla #womenbreakfast4. In realtà non ero a corrente dell'evento, essendo sempre più impegnata nella vita reale che in quella virtuale, ma ho cercato di non farmi sfuggire la cosa e di captare quante più info possibili tramite i tweet e i link lanciati dalle partecipanti. Si è parlato di #workinglifebalance dal punto di vista dei papà e mentre leggevo. Non ho partecipato alle discussioni perché ero cmq a lavoro e se con un occhio leggevo la TL con l'altro ed entrambe le mani scrivevo determine, ma ho potuto lo stesso farmi un idea sulla questione.
La paternità, con il tempo è cambiata, me lo diceva mio padre e me lo ha confermato mio suocero, che ormai nonni, come papà del passato hanno due storie agli antipodi, che mi hanno fatto capire tanto.
Il mio 20anni fa era un papà atipico, più un mammo, che un papà. Mia madre ha sempre lavorato a turni, mentre lui a turno fisso di mattina. Da questo ne è derivato che la maggior parte del tempo noi figli, dopo la scuola, l'abbiamo passato con papà. Papà che ci portava in palestra, papà che ci faceva fare i compiti, ci preparava la cena o il pranzo, ascoltava le poesie da imparare a memoria, veniva ai colloqui, ci insegnava ad andare in bicicletta. All'epoca una cosa rarissima, ma che a lui, mio padre non è mai pesata più di tanto. All'inizio ricordo cene immangiabili, compiti sbagliati e abbinamenti di vestiti improbabili, poi però ha imparato ed è diventato anche più bravo di mamma. Ha imparato a conoscerci e gestirci tutti e tre insieme ad ascoltarci, insomma a fare il papà, simile alla mamma ma non come la mamma perché quella è un altra cosa.
Mio suocero a differenza è stato il classico papà. Quello che torna da lavoro, pranza, magari si riposa e poi si occupa delle sue cose. Un papà normale, diremmo, un bravo papà che però non ha mai conosciuto le maestre dei suoi figli, che non li accompagnava in piscina, che non li aiutava a fare i compiti ma non perché non lo volesse, o non gli avrebbe fatto piacere farlo, ma semplicemente perché non c'era il bisogno che lo facesse, perché nessuno glielo chiedeva, perché se ne occupava la mamma. A differenza di mio padre, lui oggi però rimpiange il fatto di non essersi vissuto i figli, volendo ora compensare con i nipoti.
A volte succede così, che dopo che diventiamo mamme, ci sentiamo le uniche a poterci occupare come si deve dei figli. Siamo convinte che lui, non ne possa mai essere adeguatamente capace, ci sentiamo insostituibili, ma siamo umane e quando la misura è colma sbottiamo contro gli uomini perchè non ci aiutano. La verità e che non ci facciamo aiutare. Non gli permettiamo di sbagliare con i bambini perchè se sbagliano li rimproveriamo a vita, però se non sbagliano non imparano e allora preferiscono farsi da parte. Fare il genitore di contorno, come l'insalata, magari covando il desiderio di fare di piu ma di evitarlo per non sbagliare. Che noi siamo vipere se si sbaglia con i nostri figli.
Con il Socio stava andando piu o meno così. Cercavo di dirgli io come e cosa fare quando stava con i bambini, se non c'ero scandivo ogni minuto della mia assenza e lui che si sentiva costantemente sotto esame viveva male il suo ruolo e magari scappava, usando il lavoro come scusa.
Poi sono subentrate le necessita. Il mio lavoro, il pupo troppo piccolo e la voglia di collaborare e fare le cose bene insieme. All'inizio è stata dura dover accettare che lui si occupasse dei bambini a modo suo, ma lo fa nel modo giusto per come deve farlo un papà, che non deve essere perfetto e uguale a quando c'è la mamma. Ho capito che bisogna lasciar correre molte cose, sorvolare e ridere degli sbagli, perché come noi impariamo a fare le mamme anche loro, i maschi devono imparare a fare i papà e se noi non gli lasciano mai lo spazio che serve, il tempo di cui hanno bisogno, non possiamo pretendere la luna.
L'attaccamento madre figlio non è immediato e anche quello paterno ci mette un po' ha decollare ma a differenza del primo, il secondo incontra un ostacolo enorme che sono le mamme e il loro assoluto senso di attaccamento nel bene e nel male ai figli, che invece deve essere suddiviso, condiviso, distribuito.
Lasciare che lui si occupi dei bambini, infonde fiducia, conferma, certezza, gli fa capire di potercela fare, che papà vuol dire tanto, tanto quanto mamma. Alle bambine sin da piccole si dice che saranno mamme un giorno, ai bambini nessuno si sogna di dire che faranno i papà ad un certo punto della loro vita.
A volte quindi, basta chiedere. Parlarne e magari tollerare qualche errore, per avere un papà piu presente e con il tempo sempre più bravo. che poi la comunicazione resta sempre alla base di tutto.
e voi come la pensate? con i vostri uomini siete scese a compromessi o fate le wonderwoman? Che papà sono i vostri? e come li vorreste?
ps: tanto per dire oggi il Socio ha tentato di lavare i piatti con il brillantante della lavastoviglie. "ecco perchè era strano questo detersivo" ha detto " ma hanno la stessa bottiglia!" si è poi giustificato!
Song: Max Gazzè - Tu Vai Via
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