Letta è proprio in debito d’ossigeno. Si sente inseguito e questo non gli piace. Il Segretario preme, pressa e, spesse volte, entra perfino in tackle. La lotta alla presidenza del consiglio è ormai aperta. I preparativi sono ormai conclusi. Il Presidente ha incontrato e, presumo, benedetto “il nuovo che avanza” mettendo leggermente da parte il simbolo delle fu langhe intese.
Premetto che la visione di “Cotto e mangiato” non è che esalti parecchio il mio palato televisivo, anzi, a onor del vero, lo riduce in uno stato di preagonica e, proprio per questo, tutti quest’ibridi tra politici e gourmet non mi vanno proprio giù.
Il fiorentino Renzi, secondo molti, si sta apprestando a sbarcare a Palazzo Chigi con una squadra di governo tutta nuova. Letta, però, non molla e cerca di galleggiare rilanciando nuovamente i suoi 7 punti. Nei palazzi del potere, in poche parole, si pensa a una successione che però risulta delegittimata anche in casa PD.
In tutta questa confusione ciò che appare sempre più chiaro è il grado di subordinazione del popolo italiano rispetto alla classe politica. Le urne sono state, oramai, rinviate a data da destinasi. La nostra democrazia si sta pian piano sgretolando inesorabilmente. Invece di evolverci a un grado di democrazia partecipativa sempre maggiore stiamo, da un mio punto di vista, regredendo. Il passaggio alle urne dovrebbe essere una prerogativa del nostro Stato eppure, da un paio d’anni, tutto ciò non sembra essere così fondamentale. Prima Monti (2011), poi Letta (2013) e, in seguito (probabilmente) Renzi. D’altronde, non c’è due senza tre!
Sono cosciente che se votare servisse seriamente a qualcosa ce lo impedireste ma, quantomeno, lasciateci la possibilità di illuderci.