Ora, pare che sia stato recentemente commercializzato un nuovo farmaco per la cura dell’epatite C, il Sovaldi, sviluppato da Pharmasset, impresa che è stata acquistata nel 2012 dal colosso farmaceutico americano Gilead.
In America, il costo di 12 settimane di terapia è stato fissato a 84.000 dollari, 1.000 dollari a pillola.
In Italia il farmaco è in vendita a quasi 75.000 euro, ma se la malattia è di quelle più ostiche, possono essere necessarie anche 24 settimane di trattamento. Il servizio sanitario italiano sarebbe riuscito a spuntare dapprima un prezzo di 45.000 euro, poi scontato (di quanto non si sa).
Il problema è che in Italia, con un numero di malati che oscilla tra cinquecentomila e un milione, garantire questa cura a tutti comporterebbe costi enormi, che attualmente non sono coperti. A chi somministrare quindi il farmaco? Ai malati più gravi? Ma il diritto alla salute prescinde dalle copertura finanziarie, e se un malato, lasciato fuori dalle cure, si rivolgesse a un giudice non è detto che quest’ultimo non decida di imporre al servizio sanitario nazionale la copertura delle spese per la sua cura.
La rivista medica indipendente americana Prescrire ha scritto che il prezzo di questo farmaco non ha nulla a che vedere né con i costi di produzione, né con i costi della ricerca. E’ semplicemente il risultato di un colpo finanziario, di una speculazione. Il Senato americano ha avviato un’indagine per stabilire la congruità del prezzo del farmaco.
Ora, a me sembra una enorme bestialità che la ricerca e la commercializzazione dei farmaci sia lasciata nelle mani dell’impresa, che ha come logica il profitto. Mi sembra una di quella castronerie talmente eclatanti che non dovrebbero nemmeno esistere. Perché è ovvio (e lo capirebbe anche un bambino) che se domani si scoprisse che una determinata malattia viene curata con sistemi naturali (che non possono quindi essere brevettati), questa scoperta verrebbe ovviamente occultata immediatamente. E chissà quante ne sono già state occultate, solo per preservare la logica del profitto.
Intendiamoci, il profitto è l’obiettivo primario di un’impresa; quello che in questo caso è sbagliato è che si lasci che venga applicato alla salute. La ricerca sui farmaci e la loro produzione dovrebbero essere del tutto sganciati da qualsiasi logica finanziaria (così finirebbero anche quelle immonde visite degli informatori scientifici negli studi dei medici di famiglia, che tanto fanno incazzare i pazienti). Per non parlare poi delle speculazioni a livello internazionale, ovviamente sulle spalle dei più poveri.
Chiudo queste brevi considerazioni salutando tutte le amiche e gli amici del blog. Domani sarà una giornata dedicata al silenzio, alla preparazione e alla rasatura.
Sono circa 25 anni che non mi rado completamente. Immagino che domani sarà un’impresa titanica cercare di evitare di sgozzarmi prima ancora dell’intervento chirurgico.
Oggi ho avuto l’ultima seduta pre-operatoria, con l’inserimento di un PICC, cioè un catetere venoso, di ben 39 centimetri, che parte dal braccio e arriva fino al collo. I sanitari che hanno eseguito l’operazione sono stati bravi e gentili e non ho sentito alcun dolore, ma essere steso su un lettino del reparto di oncologia non mi risultava particolarmente gradito. E anche adesso, sapere di avere all’interno un tubicino di gomma di quasi mezzo metro, con una specie di rubinetto che spunta fuori dal braccio, mi mette un po’ a disagio…
Ieri ho anche regalato alla piccola il cellulare nuovo, dopo avere fatto la stessa cosa con mia moglie, un paio di settimane fa. Tutt’e due avevano il vecchio apparecchio imballato, e così ho fatto violenza (l’ennesima) alla mia carta di credito, che per un po’ se ne starà tranquilla.
Ora vado a letto. Comunque vada, sarà un successo. A risentirci, eh?
Buonanotte e buona vita a tutte/i.
What a feeling (bisogna sempre ricominciare…)