Forse sono io a capire poco di latte (e di un sacco di altre cose). Forse. Ma in ogni caso, quando stamattina, suFacebook, mi sono imbattuto nella nuova campagna promozionale, e commerciale, di Latte Trento, ho sobbalzato: aggiungiamo valore, abbassiamo il prezzo - prezzo consigliato dal 1° marzo euro 1,34. Recita la locandina colorata che si affida al sorriso di una ignara quanto improbabile bambina dalle bionde treccine dolomitiche.
Circa dieci centesimi di euro in meno - e anche di più di dieci cent. - rispetto al prezzo corrente, mi dicono le massaie. Forse questa sarà una buona notizia per i consumatori - ammesso che per il latte la scelta allo scaffale passi per dieci centesimi -, ma sono certo, e senza forse, che questa sia una pessima notizia per il territorio e per l'agricoltura di montagna.
La scelta, sbagliata, adottata dalla centrale del latte cooperativo - che porta in sé sin dal nome della ditta un'incontestabile responsabilità di rappresentazione territoriale - è segnata da un peccato originale devastante. Perché, anziché affidare la tenuta del settore - già in apnea per le note ragioni - ad una politica della qualità e della creatività produttiva a sostegno della reputazione dell'agricoltura alpina, ne affida il futuro e l'immagine ad una sciagurata (per la reputazione del Trentino) e perdente (scomettiamo?) politica dei prezzi al ribasso.
L'ideologia e la prassi dei manager di formazione industrialista che abbiamo già visto compiere le loro eroiche gesta mercificatrici in viticoltura, ha quindi contagiato, e purtroppo non da ora, anche il polo bianco. Nel silenzio complice e assecondativo della politica. Che, anzi, promette task force, compensative aggiuntive e monumentali campagne istituzionali per promuovere un settore, che anziché impegnarsi nel cercare di produrre Goloselle, Toselle e yogurt di qualità anche solo leggermente superiori ai prodotti industriali, va allegramente alla guerra dei prezzi e si getta temerariamente nel vortice ribassista, come una qualsiasi multinazionale industriale veicolatrice di merce senza territorio e senza valori.
#Seguirabrindisi. Bianco. O in bianco.
Di famiglia nobile e conservatrice, il giovane Cosimo è costretto a seguire rigide regole di etichetta, che spesso non riesce a comprendere e a sopportare; è quindi spesso in lotta con il padre, severo e legato alle tradizioni, che lo vorrebbe vedere obbediente e rispettoso delle regole. Cosimo però è un ragazzo ribelle, e pur di non accettare passivamente una situazione che non gli piace, si rifugia sugli alberi, sperando così di sfuggire al padre e alle sue angherie. Cosimo giura in risposta alle minacce del padre che non toccherà più terra finché vivrà; sarà di parola, perché quando sentirà vicina la morte passerà una mongolfiera a cui si attaccherà, e sparirà quando la mongolfiera avrà appena attraversato l'oceano. Cosimo vede le vicende del suo tempo da una prospettiva inusuale, in modo distaccato, perché segue la vita quotidiana della gente in disparte, rendendosi in questo modo conto che l'unico modo per essere veramente vicino agli altri è distanziarsene.