Viene spontaneo chiedere subito a Laura Bispuri, giovane regista del miglior cinema italiano, cosa resiste nel cassetto del suo futuro professionale, se sta lavorando, insomma, ad un nuovo film, dopo il suo strepitoso film d’esordio, Vergine giurata. Dice Laura Bispuri: “…Si e no. Nel senso che ho lavorato ad un copione nuovo, che naturalmente è ancora “top-secret” come si dice, ma che in linea di massima, questo sì posso dirlo, tratterà del rapporto di una donna con la sua maternità. Però le riprese vere e proprie del film ancora non sono nemmeno sulla carta. Per questo uso la dicotomia si e no…”. Un tema certo importante per un paese, l’Italia, che, secondo le stime ufficiali, fa perdere il lavoro ogni anno a più di ottocentomila donne perché decidono di diventare madri. Altre stime ancora dicono che l’Italia è il paese più depresso d’Europa con il tasso di natalità molto al di sotto del ricambio generazionale. Dunque c’è qualcosa ancora che continua a non andare in questo paese, ed allora anche il cinema deve tenerne conto. Il progetto della Bispuri certamente di tutto questo ne sarà deciso e realista portavoce. A noi viene subito in mente un titolo, Maternale, un film sul tema della maternità che la regista Giovanna Gagliardo ha girato nel lontano 1978, e glielo comunichiamo. Laura Bispuri candidamente, e molto sinceramente, afferma di non conoscerlo, d’altra parte la regista è nata nel 1977, quindi nel momento della consacrazione a Cannes del film della Gagliardo, la Bispuri non aveva ancora che un anno di vita. Ci ringrazia comunque, per questa rivelazione, si appunta il titolo del film della Gagliardo sul cellulare, dice che andrà sicuramente a vedere, lei certamente non teme contaminazioni, influenze, suggerimenti, verso le sue idee sull’argomento trattato medesimamente. “…Incrociamo le dita” dice sorridendo, riferendosi all’inizio delle riprese, peraltro, come detto, non ancora fissate. Certo dal film della Gagliardo sono passati quasi quarant’anni, di cose ne sono cambiate tantissime, pure il cinema non viene più fruito come in quel lontano periodo. Noi pensiamo che la Bispuri, come ha lasciato intuire, ci regalerà un film che sarà parco di domande e di attese. Bisogna salutarle sempre con grande rispetto le donne che si mettono dietro la macchina da presa, perché restano ancora così poche, la sensibilità femminile che tanto può offrire, ulteriormente, all’immaginario collettivo, rimane tuttora flebile e relativo.
Non c’è davvero un contesto femminile prepotente nel cinema italiano. Quindi bisogna incoraggiare personalità quali, appunto Laura Bispuri, Alice Rohrwacher, Roberta Torre, Maria Sole Tognazzi, Susanna Nicchiarelli, Velia Santella, Alina Marazzi, Alessia Scarso, Giorgia Cecere, Giorgia Farina, tutte giovani registe, tutte al di sotto o appena sopra i quaranta anni, che cercano di raggiungere finalmente quella visibilità che meritano. Ci provano spesso, tutte, con grande entusiasmo, con grande competenza, con grande fatica. Non sappiamo francamente se esiste tra di loro, tra le registe donne appunto, un gioco di squadra, qualcosa che smentisca in fondo tutti i luoghi comuni imperanti in questo contesto, come ad esempio quel detto che vuole le donne sempre nemiche delle donne. Forse in questo momento lo stanno anche imparando e sarebbe un bene che si alleassero fra loro in modo tale e coerente, da formare un movimento. Noi l’abbiamo buttata là. D’altronde nemmeno il cinema impegnato degli anni settanta, peraltro in quel tempo ancora maggiormente in mano maschile, riuscì a guardare con le giuste lenti le tematiche femminili. Insomma si sono scritte sempre poche storie nel cinema italiano dove le donne sono davvero protagoniste. Per questo allora Laura Bispuri, quasi in una sorta di esorcismo, offre ad Hana, la protagonista di Vergine giurata, addirittura caratteri maschili. Insomma, per darle una posizione forte, decisa, per farla fuggire al suo destino di donna a cui non può venire riconosciuta alcuna libertà, Laura Bispuri traveste il suo personaggio femminile da maschio ed offre a lei, in questa catarsi di identità, un processo proprio di affermazione, più o meno accettata, più o meno riuscita. All’origine del film della Bispuri un romanzo omonimo di Elvira Dones, che lo ha pubblicato con Feltrinelli nel 2007, Hana, la protagonista, è una bambina che cresce sulle montagne albanesi dove vige una cultura arcaica, maschilista, basata in definitiva sull’onore, che non riconosce insomma alle donne alcuna libertà. Padri, fratelli e mariti hanno su figlie, sorelle e mogli un vero e proprio potere di vita e persino di morte. Un tema, questo di Vergine giurata, da leggersi senz’altro in termini politici, attraverso l’ottica della riscossa di un movimento, quello femminista, in un momento storico, odierno, pensiamo, in cui questo movimento pare trovarsi in una dimensione quasi di stanchezza, forse anche di esaurimento. Il movimento femminista è stato, nel secolo scorso un grande motivo di novità politica e di lotta. Lotta che oggi, comunque ed appunto, la Bispuri affronta, vede e filma con un occhio ed una verità piuttosto femminile, più che femminista. Ecco perché il film della Bispuri riveste anche un carattere ferreo di rivolta personale quasi, al bieco conformismo culturale sempre più invadente e trionfante.
Dice Laura Bispuri: “…Guardandomi attorno ho scoperto che la libertà femminile non è ancora così scontata, per questo ci ho fatto un film…”. Laura Bispuri era a Fondi, per ritirare il suo Dolly d’oro, prestigioso premio che l’Associazione Giuseppe De Santis dona ogni anno ad un film meritevole, tra quanti, tra le prime o le seconde opere di un regista italiano, hanno visto l’uscita in sala. Dice Laura Bispuri: “Ci sono voluti ben tre anni per portare a compimento questo film. In Italia è difficile davvero realizzare opere prime, soprattutto se fuori dai soliti schemi ridanciani o di commedia garbata …”. Noi pensiamo che solo la sensibilità al femminile, quindi il loro specifico cinema, riesce al meglio a trattare temi delicatissimi come quelli che ha inscenato sinora la Bispuri, anche nei suoi cortometraggi firmati prima di Vergine giurata: pensiamo in questo momento a pellicole come Passing time, 2009, Salve Regina, 2010, Biondina, 2011. Vergine giurata è una pellicola che regala alla grammatica del cinema una valenza più che esatta, un valore che non si esaurisce con la produzione del film e con la sua visione, ma si trasforma inesorabilmente in un senso culturale vivo, anche in un confronto, ideale ed ideologico. E non può essere altrimenti, Laura Bispuri aspira con il suo cinema a fare decisamente della cultura netta, una cosa ormai diventata singolare in Italia, anzi quasi proibita per le regole commerciali indotte dai grandi circuiti. Vivere, ma soprattutto sopravvivere in questa identità di mercato oggi può raggiungere il sapore del fenomeno. Vergine giurata è un film assolutamente fuori dal conformismo dei generi, per questo si può gridare quasi al capolavoro. Laura Bispuri sicuramente crede, e fa benissimo, nella forza del cinema come luogo assoluto di crescita e di discussione, non si arrende certamente solo alle necessarie bieche regole del mercato, sempre e comunque ciniche ed orbe. Vergine giurata ha consacrato in fondo quello che resta il vero evento in un film: una situazione che deve andare oltre la pura visione, facilitando in questo senso ampi dibattiti ed incontri. Il nuovo progetto della Bispuri, come detto, sarà quello che crediamo “lo sguardo femminile posato sul dono della maternità”. Già come la Bispuri pare affrontare l’argomento oggi, in sede di incontro, parlando soprattutto di dono, certamente sarà orientata a negare al progetto ogni connotato di tipo estremamente politico, ogni sensibilità di natura estrema. Il nuovo progetto della Bispuri arriva in un momento storico in cui i divari, politici, storici e culturali, in qualche maniera, che hanno caratterizzato sempre il rapporto uomo-donna, stanno subendo un effettivo salto di tipo linguistico ed anche di concetto. Piuttosto la cultura oggi sembra schierata in direzione di un modello di condivisione, tra i sessi, delle cose della vita. E Laura Bispuri, visti anche i temi dei suoi trascorsi professionali, semplicemente femminili più che femministi, sembrerebbe orientata ad affrontare le tesi delle sue sceneggiature, perché i film della Bispuri hanno soluzioni meravigliosamente a tesi, secondo questa ottica di tipo decisamente “riformista”. E’ il suo modo e il suo metodo, civile, politico, femminile, di restare in piena sintonia, attraverso il suo cinema, al dibattito sociale sempre fortunatamente in corso.
Questa tendenza della Bispuri, pensiamo, si allinea perfettamente al grande modello del cinema di impegno civile, che in anni passati ha regalato al cinema italiano un’identità ed una storicizzazione profonda ed alla cultura, all’educazione, al costume ed alla società italiana film memorabili, pensiamo in questo momento soprattutto ai capolavori di Francesco Rosi. Il nostro augurio è che la Bispuri resti ancorata a lungo su questi lidi.
Giovanni Berardi