Laura Trossarelli, Donne in cerca di una ragionevole felicità

Creato il 28 giugno 2012 da Consolata @consolanza

La casa editrice arabAFenice di Boves mi è sempre piaciuta moltissimo. Fa libri belli sia dal punto di vista contenutistico che estetico. Ne ho letti e comprati parecchi, anche perché ha un altro merito: un suo banchetto è sempre presente in tutti i mercati e le fiere (compresa quella del libro al Lingotto, ovviamente), per cui, anche se forse non è granché presente in libreria, sono al corrente dei suoi autori e delle sue uscite. Ha il grande merito di avere ripubblicato romanzi illustri e dimenticati come I Sansôssí di Augusto Monti e Il regalo del Mandrognodi Pierluigi e Ettore Erizzo, che consiglio di cuore a chiunque ami i romanzi corposi, ricchi e di grandissima soddisfazione. Di Laura Trossarelli avevo già letto Condannate Luigia Sola! (recensito in LN-LibriNuovi 44, inverno 2007) e Eglantine il primo dei quali è la straordinaria ricostruzione di un fattaccio avvenuto nella famiglia dell’autrice, e coperto in seguito da una damnatio memoriae  totale. Questo Donne in cerca di una ragionevole felicità è tutt’altra cosa, un placido fiume senza mulinelli né rapide in cui la vita scorre con forza ma anche con l’ineluttabilità che le compete e che rende ogni avvenimento, anche il più doloroso, una semplice tappa del percorso. È la storia di Estherine Frache dal 1875 al 1885, ambientata nelle valli valdesi, tra Torre Pellice e Luserna San Giovanni, e in parte a Paraggi, in Liguria, delle morti che la colpiscono e del coraggio con cui reagisce, della sua generosità, delle nascite, di malattie, di bambini e animali, di vecchi, di emigrazione e di ritorni, di amore e di tradimento, di cibo e passeggiate, della storia valdese, insomma della vita in tutte le sue sfaccettature. Nessun avvenimento sembra più importante di un altro, la morte di un cane o quella di un giovane uomo, il tifo o i gatti di casa. Questo è il grande fascino del romanzo, e insieme il suo limite. Fascino perché la lettura di  Donne in cerca di una ragionevole felicità rasserena, riconcilia con una dimensione antica e piena di garbo, in cui si viveva senza fretta ma con profondità, con la capacità di dedicare a ogni atto il giusto tempo, a ogni persona la giusta attenzione. Limite perché la scelta di raccontare al presente una vicenda assolutamente non visiva, ma anzi pacatamente riassuntiva, rallenta la lettura e la rende sovente monotona. Ma sono peccati veniali. Molto interessante, poi, è la descrizione della vita nel microcosmo valdese, pieno di civiltà e cultura, capace di grandi slanci interclassisti ma alla fine non esente da ingiustizie.  

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