Stamane ho avuto un sussulto: leggevo Avvenire, il quotidiano della CEI e all’interno, non in grande evidenza c’era un’intervistina con questo imprenditore, presidente del consorzio Conlegno che ha più di 1000 soci per la difesa della qualità del mobile e la tutela dalle devastazioni fatte nel Sud del Mondo con il taglio irresponsabile delle foreste equatoriali, collegate anche con il ciclo dell’evotraspirazione dell’acqua e quindi del clima, ormai molto compromesso.
Ma non tanto sul fatto tecnico della tutela delle foreste mi soffermo, ma su un numero che l’imprenditore ha detto nell’intervista : 1.111.111.
Sembra un numero verde ma è il conto, direi elementare, della sua proposta: lavoriamo 36 ore invece di 40 alla settimana e ogni 10 operai ne assumiamo un altro, purché si attivino i contratti di solidarietà (20% in meno, di media).
L’avesse detto Landini della FIOM ma cavolo l’ha detto un imprenditore peraltro di una filiera del Nord Italia di un settore in cui siamo importanti (mobilieri, Cantù, Pesaro, ecc..).
Un messaggio di solidarietà, di economia civile, non di tweet più o meno baldanzosi.
Allora che faccio ora 15.06 del 25 settembre , digito su Google il nome dell’imprenditore: niente , qualche informazione sul Condilegno ma di questa frase nulla.
Per la miseria vado sul sito di Avvenire, ripeto lo letto stamane (stampato pertanto nella tipografia ieri sera tardi) vedo tutte le notizie, pure il calcio di Avvenire (what is sleep!) ma niente, sparito.
Si nell’articolo il giornalista diceva che era troppo semplice, ovvio in Italia chi ti ascolta se non sei bizantino, ma lui ribadiva che i lavoratori la sentono la solidarietà e forse un lavorare meno avrebbe causato anche relazioni sociali diverse.
Signori lettori parliamo di tante stupidaggini, divulghiamo queste idee poi i prof. diranno !the impossible” ma intanto passa parola.