E’ un periodo di obiettivi. Forse siamo un po’ fuori stagione ma mi ronzano attorno obiettivi e traguardi.
Mi capita di parlare con persone che si danno obiettivi, che vogliono raggiungere obiettivi e chi più ne ha più ne metta.
Alcuni sono in ritardo (chi vuole superare la prova bikini) altri in anticipo.
Volevo però parlarvi degli obiettivi che ci danno al lavoro, quello che i nostri capi e le aziende si aspettano.
Le aziende tendono a definire gli obiettivi con aggettivi qaulificanti, esistono obiettivi minimi, soglia, eccellenti, ecce cc. Solo che questi aggettivi non aiutano a capire cosa si intende per obiettivo. Proseguiamo.
Esistono obiettivi individuali, la mia Job Description è piena di eccellenze da perseguire, ma anche aziendali. A giudicare da quello che è scritto nella mia JD, devo essere molto performante per fare la metà delle cose che mi sono chieste in maniera appena sufficiente. Figurarsi essere eccellente.
Per qualche strana ragione però questo potrebbe bastare, all’azienda potrebbe andare bene un dipendente che non raggiunge in maniera brillante i propri obiettivi.
Questo succede quando gli obiettivi del singolo non sono congrui con quelli aziendali. Quando nel definire le eccellenze si punta solo quelle dell’individuo.
Sentiamo sempre parlare di lavoro di squadra, di team, di fare gruppo ma quando arriva il momento degli obiettivi si punta sempre all’eccellenza dell’individuo. Anzi si punta sempre a stressare l’obiettivo del singolo a portarlo sempre a vette più alte. Solo a qualche manager è concesso il privilegio di avere degli obiettivi che si sviluppano con il team.
Ma il mio risultato migliore, la mia eccellenza potrebbe non coincidere con il bene dell’azienda, potrebbe essere non perfettamente sincrona.
Vi riporto un esempio che ho sentito giusto un anno fa. C’era un team di formula uno in cui gli ingegneri motoristi avevano sviluppato il motore più performante di tutti quelli in gara. Era potente, affidabile, elastico, aveva tutto quello che i poteva chiedere ad un motore. Il team di motoristi aveva creato il motore perfetto, il propulsore che suscitava invidia a tutto il circo.
Nonostante questo la macchina non vinceva e la colpa ricadeva sul team preposto all’aerodinamica, su quello che si occupava dell’elettronica, ecc ecc.
A quel punto arriva il nuovo direttore del team che per la prima volta chiede al gruppo che si occupa dell’assetto dell’auto che cosa avrebbe dovuto avere il motore per essere perfetto per loro.
La risposta fu qualcosa tipo “piccolo e leggero”. Il team dei motoristi disse che con quei vincoli non avrebbero raggiunto le stesse potenze di prima. Fu fatto un tentativo e i risultati della Ferrari sotto l’ala di Jean Todt li conosciamo tutti. La macchina divenne imbattibile.
I motoristi dovettero accettare che non veniva chiesto a loro solo un risultato eccellente (un ottimo motore) ma veniva indicato un obiettivo eccellente legato alle necessità del team corse.
Non facevano la cosa migliore che potevano fare, facevano la cosa migliore per ottenere il risultato migliore.
Quindi è sempre importante tenere presente cosa si intende per ottimo lavoro, il mio ottimo lavoro, legato alle mie attività può non essere quello che è maggiormente funzionale per l’azienda. Meglio, in realtà il mio lavoro eccellente non può prescindere da un impatto più grande di quello della mia mansione.
Cosa me ne faccio di un prodotto eccellente se non genera vantaggio per il sistema azienda.