C’è un uomo in un imbuto. Un uomo in miniatura. L’imbuto è mezzo pieno d’acqua e l’omino si sente trascinare verso l’uscita sotto i piedi , senza la possibilità di aggrapparsi. Le mani scivolano. I piedi non servono quasi a niente. Ma poi l’imbuto viene riempito un poco, da un’ombra che risulta ciclopica agli occhi del minuscolo esserino. Ma è un uomo normale, capelli bianchi, gambe storte e culo all’insù come se avesse grappoli di emorroidi fino all’inizio della schiena, sguardo fisso nel vuoto; mani quasi rattrappite dalla cattiveria. Riempie ancora l’imbuto a metà e l’omino cavia non riesce ad afferrare il bordo che subito viene risucchiato verso la sua sorte e quando pensa ormai di scivolare inerme nel piccolo tunnel di plastica un forte getto d’acqua riempie più di prima l’imbuto. Riesce ad appendersi al bordo ma solo con una mano. L’uomo dai capelli bianchi sposta la testa sull’imbuto con faccia schifata facendo ombra e apre il rubinetto dell’acqua, che scende inesorabile. L’uomo in miniatura è sfinito, cerca di respirare a fondo quando è fuori dall’acqua e di trattenere il fiato quando è immerso. Beve acqua. Respira liquido.
C’è l’uomo in miniatura, c’è l’emorroidato e poi c’è l’idraulico, che arriva e, come dice il volantino appeso al cancello d’entrata in cortile, stacca l’acqua per un paio d’ore.
Spengo la tv, mi accorcio le unghie ed esco per fare la spesa.