Non è mia la pretesa di riesumare l’immagine del mostro Frankenstein. La definizione è di un noto studioso, Franco Carinci, docente di diritto del lavoro a Bologna. La verità è che fioriscono una serie di rilievi anche crudeli attorno alla riforma perseguita dal ministro Fornero. Non è facile trovare una bussola.
Sono rilievi che vengono da destra e da sinistra. C'è ad esempio un esperto come Giuliano Cazzola che accusa la stessa Fornero (“Italia oggi” del 19 aprile) di sospettare come fasullo ogni rapporto di lavoro flessibile. Alla fine, profetizza, "le imprese non assumeranno secondo i diktat di Susanna Camusso". Mentre da sinistra un giuslavorista come Piergiovanni Alleva esprime un parere contrario: “forse il peggio è stato evitato, ma vi è assai poco o nulla da gioire perché nel complesso tutta la riforma realizza un arretramento delle tutele e non solo con riguardo all'art. 18”.
Ma torniamo a Franco Carinci che, prima di addentrarsi minuziosamente nella disanima, parla di un testo “abborracciato e approssimato”. E spiega come la flessibilità affrontata “è pur sempre una flexibility at the margin, cioè assicurata da tipologie contrattuali parallele rispetto a quella del contratto a tempo indeterminato…”. Mentre “la sicurezza sul mercato del lavoro è a tutt’oggi all’insegna di una sostanziale continuità col passato”.
Bordate critiche anche dall’ordine dei consulenti del lavoro che spiegano come sia “l'elevato costo del lavoro il principale ostacolo, visto che esso ammonta a circa il 115% in più rispetto alla retribuzione netta da corrispondersi al lavoratore”. Mentre altre cause sono “il peso della burocrazia, la lentezza della giustizia, la criminalità organizzata e – solo per ultimo – la rigidità dei licenziamenti”. Nel testo all'esame del Parlamento “manca dunque una spinta propulsiva verso chi il lavoro dipendente lo genera”.
Certo i consulenti vorrebbero, ad esempio ridar peso al “lavoro a chiamata”. Con richieste assai diverse da quelle sostenute dai sindacati. La Cisl in un documento elenca una serie di elementi positivi e avanza anche alcuni specifici rilievi. La Cgil, pur sottolineando i risultati raggiunti (vedi reintegro), presenta una ventina di necessarie correzioni. Riguardano i licenziamenti individuali e collettivi (ad esempio il termine “manifesta insussistenza” di motivazioni economiche).
Altre correzioni per ammortizzatori sociali e precarietà (“c’è un arretramento rispetto ai risultati ottenuti nel confronto con le organizzazioni sindacali''). Infine “I giovani non più disposti a tutto” chiedono di “abolire i contratti che nascondono sfruttamento legalizzato” per favorire “un vero contratto di formazione e accesso al lavoro”.
Toccherà al Parlamento e al governo ascoltare queste voci. Magari per rendere umano quel “Frankenstein” di cui si è parlato.