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Lavoro senza regole

Creato il 09 agosto 2010 da Speradisole

Il sogno di Marchionne e di Sacconi

LAVORO SENZA REGOLE

LAVORO SENZA REGOLEIl Bangladesh  è il paradiso delle delocalizzazioni del settore tessile.  In quel paese vengono prodotti la gran parte degli abiti “griffati” che si vendono nelle eleganti boutique, come quelli che si trovano nei grandi magazzini di tutto il mondo.

Gli operai sono quasi tutte donne, circa due milioni e mezzo e sono tra i meno pagati del mondo, 34,5 euro al mese, l’equivalente di due ciotole di riso al giorno.

Da giorni, migliaia di lavoratori, tantissime donne, stanno protestando, perché il loro salario è sul filo della sussistenza, e chiedono un aumento delle retribuzioni fino a 60 euro al mese.

Ma la protesta non è solo legata ai salari. Vi sono anche le terribili condizioni di vita in fabbrica, il clima di violenza e di sopraffazione, nonché la sicurezza e la salute negli stabilimenti.

La protesta recente ha un’origine precisa: lo scorso febbraio 21 lavoratori sono morti in un incendio della fabbrica Gabri&Gabri e almeno 50 sono rimasti feriti.  La causa è il mancato funzionamento degli impianti di sicurezza.

Sono trascorsi più di quattro mesi e alle famiglie che hanno perso i loro cari ed anche la loro fonte di sussistenza, non è stato dato niente.

Questo è uno dei tanti incidenti orribili che costellano la storia dell’industria tessile bengalese.

Per chi protesta o cerca di organizzarsi in sindacato, arrivano violenza e licenziamento, com’è successo nel 2006 ai 50 lavoratori della A-One, cacciati per aver partecipato all’elezione nella loro azienda di una rappresentanza sindacale.

Il Bangladesh è l’ultima tessera della filiera produttiva del tessile e deve misurarsi con la competitività internazionale. La strada seguita è quella di comprimere all’inverosimile stipendi, sicurezza e diritti sindacali.

La parola magica è flessibilità senza regole.

Le grandi ditte della moda, comprese quelle italiane,  in caso di problemi alla produzione o possibili variazione dei prezzi fanno presto a spostare altrove le commesse  per le loro produzioni

E’ difficile che il consumatore, soddisfatto per il prezzo contenuto di un capo d’abbigliamento,  si ponga il problema di come sia realizzato e a quel prezzo di schiavitù.

Tra i gruppi italiani che acquistano prodotti realizzati in Bangladesh vi sono marchi famosi come Benetton, Coin-Oviesse e il gruppo Teddy che distribuisce al dettaglio attraverso marchi come Terranova e Calliope (sunto da l’Unità).



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