Magazine Rugby
[Inciso: il rugby non è il calcio - né il cricket - e di arbitri Moreno non v'è notizia né sospetto (forse perché qui ci si fa male); eppure gli arbitri danni ne posson fare e ne han fatti, da sempre; errare è umano d'accordo, ma quando oltre al sudore e alle lacrime c'è di mezzo il sangue come nel rugby, il minimo è pretendere la massima concentrazione da chiunque passeggi per il campo. E dirlo chiaro e forte se ciò non accade: qualcuno potrebbe essersi fatto male per questo, e non ci riferiamo alle paturnie da tifosi.]
Ammonivano i latini: de mortuis nihil nisi bonum; rilanciano gli anglosassoni: everybody loves you when you're dead. Noi ci atteniamo alla saggezza dei Padri: farewell Bryce e buona fortuna per la nuova vita lontano da partite importanti (si occuperà, dice, di formazione e selezione di nuovi arbitri). Ne abbiamo criticato l'arbitraggio a caldo, noi, da "rugbisti adulti" lontani da ipocrisie come l'antico tabù da noi l'arbitro non si discute mai (certo, non in campo; e poi, casomai è il risultato che non si discute).
Quello che ha combinato Lawrence è stato grosso, fatalmente cristallizzandovi sopra tutta la propria storia professionale. Abbiamo abbondantemente discusso di Australia - Sudafrica ai Mondiali; Lawrence è anche stato l'arbitro di Italia - Francia al Sei Nazioni 2011: quella serie di mischie finali, he, la diceva già lunga sulla sua sensibilità alla "pressione ambientale".
Sta di fatto che l'arbitraggio lunare (secondo la Irb stessa) di quel quarto di finale mondiale, gli ha cambiato la vita: dal sito Facebook 'get rid of Bryce Lawrence' fino alle minacce di morte che manco Wayne Barnes, colui che buttando fuori gli All Blacks dal Mondiale 2007, mandò una intera Nazione in analisi.
Quella performance gli ha anche troncato la carriera, nonostante la "copertura" del capo mondiale arbitri, il connazionale Paddy O'Brien, che arrivò alla beffa della nomina a miglior arbitro australe del 2011; una provocazione che contribuì certamente alla rimozione del "mandante" (ora O'Brien si occupa giustamente di formare e selezionare gli arbitri del rugby a sette).
Ora dilaga lo sconcerto per via dei sassolini che l'amareggiato Bryce, osteggiato al punto da venir sospeso da remunerative trasferte e da terminare anzitempo la carriera, si va togliendo dalla scarpa. Dice: "(...) There was some pretty nasty political stuff going on (...) behind the scenes guys like John O'Neill were kicking up a massive stink". Pressioni che gli avrebbero tolto serenità, afferma, inibendone la capacità di valutazione e la volontà di intervenire.
Sarà, ma puzza di depistaggio finale: gli australiani in Nuova Zelanda?! Capirai il peso ... La pressione verosimilmente arrivava da ben altre, più vicine e più fanatizzate sponde, generata da ben altre fobìe ventennali che non una sconfitta dell'Australia con l'Irlanda.
Tant'è, what is done is done and never undone, diceva Lady Macbeth; off topic, anche il capintesta della Aru australiana O'Neill ha annunciato il suo step down a fine anno, indipendentemente da queste fole com'è ovvio.
Lo "sgub" a nostro avviso è un altro: ora abbiamo finalmente conferma dalla viva voce di un arbitro internazionale, che la "pressione ambientale" e il lavorìo dietro le quinte di "pretty senior people" non è una invenzione. Almeno noi italici ne siamo fuori: non per nostra fortuna o qualità morali, ma perché non contiamo un ...
La storia di Lawrence contiene però anche una importante lezione per i più carrieristi - o stupidi - della categoria a tutti i livelli (e ci stiamo mordendo la lingua): in epoca di venti telecamere a partita, di internet e di comprensione del gioco allargata e mondiale e di diritti tv, soppesare e allinearsi invece di ripassare e applicare le Leggi del Gioco non porta lontano, il "crimine" alla fine non paga.
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