"In my humble opinion, it's the finest version"
Eric Clapton non dice final in realtà, ma finest e concordo sulla scelta di questo aggettivo: ma secondo me è così finest da essere anche final....
Mi riferisco alla versione della canzone Layla, introdotta dalle parole sopraccitate, che Slowhand ha eseguito l'aprile scorso insieme a Wynton Marsalis presso il Lincoln Center di New York, accompagnati dalla Jazz at Lincoln Center Orchestra (ne avevo parlato già qui).
Il risultato di questo incontro è stato un pezzo unico, mai ascoltato prima: un orchestrazione con tromba, trombone a tiro, clarinetto e percussioni in cui la chitarra elettrica del bluesman inglese si inserisce perfettamente. L'intro è già spiazzante: un caleidoscopio di suoni provenienti da tutti gli strumenti che lascia poi spazio al tema musicale eseguito ad un ritmo più lento del solito, quasi trascinato, che ti comunica tutta la sofferenza del brano. Le pene d'amore vissute per Layla emergono dalla voce struggente di Clapton, dall'arrangiamento bluesato, dal sorprendente assolo di chitarra seguito dalla tromba, dal trombone e dal clarinetto in un finale strepitoso.
Non bisogna mai porre limiti alle capacità del bluesman inglese, ma credo che sarà difficile ascoltare una versione di Layla più emozionante.
"See if you can spot this one"
E sì che già vent'anni fa Clapton aveva stupito tutti con un diverso arrangiamento di Layla. Toccare uno dei suoi cavalli di battaglia, trasformandolo nella versione unplugged, sarebbe potuto diventare un fiasco completo, invece fu un successo. Slowhand si diverte a stuzzicare il pubblico dello show acustico di MTV, invitandolo a riconoscere il pezzo che si accinge ad eseguire. Un orecchio appassionato della musica di Clapton non impiega nemmeno un secondo a capire di quale pezzo si tratta, ma rimane incredulo della misurata e intima strumentazione che trasforma Layla in un'altra canzone, facendola però restare allo stesso tempo sempre la stessa.
Personalmente son molto legato a Layla unplugged. E' stato un disco, o meglio una musicassetta, che ho fatto suonare fino alla consunzione dal momento in cui me la son regalata come premio per aver superato nell'ottobre del 1992 l'esame di Fisica 2 che, per noi studenti del secondo anno di ingegneria elettronica, rappresentava un vero scoglio e giro di boa insieme, in quanto bloccava tutti gli esami successivi e poiché era "gestita" da un terribile professore che aveva mandato a militare un sacco di ragazzi. Fiero del mio 23 ottenuto al primo tentativo, mi catapultai nel negozio di dischi più vicino, alla scoperta di Unplugged e di quel Clapton che avevo appena conosciuto l'estate precedente grazie ad una romantica Wonderful tonight eseguita da un musicista di un piano bar.
Questo pezzo pop mi aveva spalancato le porte del repertorio blues e rock del musicista inglese. Fra i tanti brani spiccava uno: si distingueva per la ruggente intro con assolo di chitarra (che solo in seguito scoprii essere eseguito nella registrazione originale dal compianto Duane Allman), per il travolgente svolgimento rock e per un secondo movimento, chiamato la pano coda (scritto da Jim Gordon). Si trattava appunto di Layla. Il titolo chiamava in causa una principessa dell'India e un amore ostacolato: il riferimento era personale e legava Clapton ad una coppia: il suo amico George Harrison e la moglie Pattie Boyd.
Il fascino della versione originale del 1970 è comunque sempre intatto ed imperituro, come si può apprezzare in questa interpretazione del 2009.