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Lazio-Foggia: così vent'anni fa partiva la pay tv (La Gazzetta dello Sport)

Creato il 29 agosto 2013 da Nicoladki @NicolaRaiano
Lazio-Foggia: così vent'anni fa partiva la pay tv (La Gazzetta dello Sport) La sera di domenica 29 agosto 1993 gli spettatori dell'Olimpico restarono delusi da Gascoigne, tremarono per la traversa di Stroppa, dovettero accontentarsi di uno 0-0, l'unico pareggio della prima giornata del campionato di Serie A. Lazio-Foggia non sarebbe mai passata ala storia se non fosse stato per un altro particolare: la prima partita trasmessa in diretta dalla pay tv in Italia. Per la verità il giorno prima Monza-Padova, anticipo di B, aveva inaugurato l'inedito contratto tra Lega e Tele+. Ma la Serie A, si sa, è tutta un'altra cosa.
Dicevamo, Lazio-Foggia. Lo spartiacque tra il calcio romantico di una volta e il business-intrattenimento di oggi. Quella non fu la prima diretta di un incontro di campionato, era già successo sporadicamente sin dalla seconda metà degli anni Cinquanta, insomma sin dagli albori del tubo catodico nel nostro Paese. Ma dopo quel 29 agosto 1993 nulla è stato più come prima. Adesso che il pallone si è venduto anima e corpo alle televisioni, adesso che i presidenti non la smettono di litigare sulla pioggia di denaro dei broadcaster, adesso che l'intero movimento (non solo la A ma giù giù fino ai Dilettanti) sopravvive grazie al miliardo annuo di ricavi tv, fanno sorridere le riflessioni di Ottorino Barassi, comparse sulla Gazzetta Sportiva nel 1960. Barassi non era uno qualunque, fino a due anni prima stava alla guida della Figc. "Il calcio - scrisse - può essere messo in pericolo dalla più straordinaria realizzazione moderna: la televisione. E' indiscutibile che offrire in visione diretta a tutti i cittadini la partita di calcio è preziosa propaganda per il gioco, ma crea danno diretto alla società organizzatrice per la minore affluenza di pubblico, risultando più comodo ed economico, particolarmente nel periodo invernale, godersi lo spettacolo alla televisione. Una partita di calcio abbisogna di incasso sì, ma prima di tutto di spettatori. Il gioco senza cornice di pubblico immiserirebbe rapidamente". Nessuno, ca va sans dire, l'ha ascoltato.
Lo stadio virtuale ha soppiantato quello reale. Le entrate al botteghino che, nella seconda metà degli anni Ottanta (fonte Deloitte), rappresentavano il 59% del giro d'affari complessivo contro il 17% dei diritti tv, si sono via via prosciugate. Ora il rapporto si è ribaltato. Basti pensare che l'anno prima dell'avvento della pay tv, la Lega incassava dai diritti tv di A e B 56 milioni di euro. L'accordo con Tele+ ha fatto subito quasi raddoppiare i proventi (93 milioni). Da allora la crescita è stata impetuosa e inarrestabile. Nell'evoluzione del settore, un'altra tappa fondamentale si è registrata nel 1999-2000. Sdoganati non solo i posticipi, ma tutte, proprio tutte le partite di campionato, vendute singolarmente dalle società e non più dalla Lega. Tagliato il traguardo del mezzo miliardo di introiti annui, è stato poi necessario un intervento governativo per ripristinare la vendita centralizzata, in vigore dal 2010-11, con tanto di procedure e bandi approvati dalle autorità di garanzia. Il giocattolo è diventato troppo grande. E gli interessi in campo si sono rivelati decisivi per le sorti dei club, che negli ultimi anni hanno trascorso più tempo a litigare (pure in tribunale) che a ragionare su come rilanciare il movimento.
Marco Iaria per "La Gazzetta dello Sport"

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