[L/D] Sull'urgenza di "fare" Pasolini

Creato il 10 ottobre 2013 da Spaceoddity
[L/D] Sogno una scuola dove sia urgente spiegare Pietro Bembo e Pier Paolo Pasolini. Dove si possano redigere documenti utili al lavoro che si svolge in classe, piuttosto che seguire un protocollo per la programmazione didattica. Già il verbo progettare, alla base delle nuove linee ministeriali, mi piace molto di più: un programma è un po' più impersonale, viene proposto a partire da un'idea, da aspettative statistiche di successo; alla base di un progetto invece sta un'accurata osservazione dei dati, una presa di possesso della realtà, un intervento sul mondo.
Sogno una scuola dove la letteratura sia e venga avvertita come questo intervento sul mondo: parziale, discutibilissimo, ma non per questo intransitivo. Una scuola dove un autore o un messaggio sono la risposta. Una scuola dove l'insegnante conosca più dei suoi autori e possa proporre quelle parole, quella pagina che risponde, quella pagina attiva nella vita dei ragazzi. Una pagina, così, immediata, con l'aiuto dell'insegnante sul piano linguistico, una pagina che dica intanto quello che vuol dire, senza filtri, una tessera di un mosaico, il famigerato contesto storico, che contribuisce a creare, anziché "dipenderne" soltanto. Come possiamo pretendere che la letteratura sia attuale e importante ora se ha sempre bisogno delle stampelle storiche per essere giustificata?
In un'età nella quale non si attribuisce alla letteratura un particolare prestigio, non ha senso rinchiudersi nell'unico baluardo dello storicismo per spiegare un autore. Non ci possiamo permettere questo alibi, questo contrattempo. Sogno una scuola dove sia urgente leggere Murakami, Faulkner, Penna e, accanto, Luzi. Dove sia indispensabile passare attraverso Magris e Manganelli per capire il senso del viaggio e riscoprire il XXVI dell'Inferno, una scuola dove sia fondamentale incrociare il percorso di Petrarca, Boccaccio e di Bembo e costruire così una cronologia che metta tutto in ordine. Ma dopo, dopo, dopo, non prima. Dopo, quando si ha chiaro cosa si sta mettendo in ordine, cosa è questo presente che s'è inventato la tradizione letteraria, dopo che si è capito cosa ci racconta e perché ce lo racconta in questo modo. Dopo.
Una scuola che preveda al suo interno un "corso di letteratura" e non proponga ai suoi ragazzi un contratto prestampato, o che perda tempo a contrattare, anziché fare. Una scuola, semmai, dove si impari, tutti, dove si scopra, tutti, qualcosa di nuovo ogni giorno, dove si possa dire senza timore "non lo so", perché un improvviso "non lo so" è già una finestra aperta sul mondo. Una scuola che offra agli studenti e ai professori l'occasione per essere nuovi e più forti al termine di un cammino. Una scuola che valga la pena fare, non perché sia sexy, allettante e perciò effimera, ma perché è un momento di svolta. Una scuola dove Pier Paolo Pasolini sia una risposta (bella o brutta, non importa qui), una risposta su cui riflettere - una scuola dove non si "faccia" un autore - piuttosto: dove si faccia scuola.

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