Sembra che questo enunciato si applichi bene al nostro Paese altrimenti non si capisce come da noi in Italia, non c’è modo affinché si possa cambiare nulla, anche se è palese che sarebbe il caso di farlo prima di rischiare il definitivo declino.
Purtroppo quasi ogni giorno si assiste ad atteggiamenti consolidati di corruzione, dal piccolo comune al parlamento, senza cercare di arginare, tanto per cominciare con una legge che latita in parlamento, e poi, con una presa di coscienza condivisa: approfittare del potere piccolo o grande a disposizione per avvantaggiarsi personalmente finisce presto o tardi a danneggiare direttamente o indirettamente anche chi questo comportamento lo attua.
Eppure abbiamo dei riscontri storici che ci dovrebbero far essere più fiduciosi nel cambiamento. Alcuni diritti che oggi tutti godiamo, pensiamo al diritto di voto, alla possibilità del divorzio e alla legalizzazione dell’aborto e allo statuto dei lavoratori, sono frutto di un taglio netto alle abitudini di quei periodi storici.
Certo non voglio dire che tutto ciò che è consolidato debba essere mutato, altrimenti non esisterebbero più le tradizioni e l’identità di un Paese. Ma arriva un momento per esempio che, anche ciò che era assodato non lo è più, avviene nella scienza, a maggior ragione dovrebbe essere possibile nella organizzazione politica, sociale e amministrativa di una società.
Ma tranquilli noi siamo il Paese del Gattopardo, e la coppia del momento Fini e Casini sanno bene che “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi “, ma, mi piacerebbe che gli italiani finalmente capissero che, “… dopo sarà diverso, ma peggiore.”