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Le agenzie rovinano il Lirico

Creato il 19 marzo 2011 da Nonzittitelarte

foto-unione Sotto accusa i sovrintendenti “piegati” alle esigenze delle società di spettacolo

In tanti ora cercano un lavoro alternativo anche all’estero.

Erano coristi, sarti, tecnici luci, musicisti e addetti alla scena. Hanno lavorato per anni, in alcuni casi decenni, per il Teatro lirico sino a quando la crisi dell’ente, e i tagli ministeriali al Fondo unico dello spettacolo, li hanno spazzati via. Professionisti dello spettacolo, che per anni hanno reso possibile la messa in scena di balletti, opere e rappresentazioni e che ora si trovano con un pugno di mosche in mano e tanta amarezza. Imputano lo stallo dell’istituzione culturale ai tagli di Governo e Regione e alla cattiva gestione di questi anni: agli sperperi e, soprattutto, all’utilizzo ricorrente ad agenzie private invece della valorizzazione delle professionalità e degli allestimenti che già si avevano a disposizione.
AGENZIE «Lo spettacolo italiano è malato da una malattia che si chiama agenzia». È questa la denuncia di Gianluca Lo Cicero, siciliano, corista dal 2004 al 2010 del Lirico di Cagliari. Ora è tornato nella sua terra per cercare un lavoro «anche non attinente con il canto». Sulla crisi delle fondazioni liriche Lo Cicero ha le idee chiare: «Negli anni le agenzie di spettacolo hanno formato una sorta di “cupola mafiosa” all’interno dei teatri. Hanno dettato leggi, trasformando i direttori artistici in meri impiegati. Hanno imposto nomi, registi, costumisti, sceneggiatori e scenografi». Tutto con il beneplacito dei sovrintendenti: «Abbiamo avuto figure dirigenziali che si sono prestate a questa sorta di ricatto».
A CAGLIARI «Per sei anni», prosegue il corista siciliano, «al Lirico di Cagliari abbiamo sempre chiesto al sovrintendente di usarci e di utilizzare gli allestimenti che sono costati un occhio della testa». Invece? «Scenografie e costumi giacciono in magazzino. A volte c’è proprio un’imposizione delle agenzie ad utilizzare altre scenografie, altri direttori, altre professionalità». Per il cui impiego le esigue casse del Teatro si sono progressivamente prosciugate.
IL PASSO LUNGO «Per la Chérubin di Massenet, solo un pezzo della scenografia è costata 20.000 euro», spiega Lucia Dessanti, 37 anni sassarese. Anche lei nel 2004 è stata chiamata nel coro e, come il suo collega, ha eseguito il suo ultimo canto il 23 dicembre scorso. «Si è fatto il passo più lungo della gamba», afferma Dessanti, «senza pensare che si andava incontro a tempi duri». La corista sta cercando di reagire, «ma in questo periodo ho avuto una depressione». Ha cercato altri lavori, come quello che svolge ora, «nel commercio, vendita diretta», e nel frattempo prepara la valigia. «Nei prossimi giorni spedisco all’estero il mio curriculum».
I RIMEDI Sulle azioni da intraprendere per rilanciare il Teatro, i precari hanno due ricette. Per Dessanti, bisogna «evitare di chiamare nomi altisonanti che prendonocachet fuori luogo per puntare sui giovani, anche se non conosciuti». Mentre per Lo Cicero «il successo di un’opera si vede dagli spettatori paganti. Che vogliono titoli di repertorio, classici: la Traviata, il Rigoletto, Turandot. Non rappresentazioni russe, come il Teatro ha proposto di recente».
ANFITEATRO Il Lirico ha in gestione anche gli impianti dell’Anfiteatro romano. In questi giorni sta montando l’ennesima polemica sull’utilità della coperture lignee. Un falso problema per Lo Cicero. «C’è ignavia di progettazione. La Sardegna come la Sicilia, ha vocazione turistica, per cui bisogna coniugare bellezze naturalistiche, archeologia, cultura e spettacoli». Quindi? «Prendere d’esempio l’Arena di Verona, che utilizza apparati mobili». Ma per il rilancio il corista siciliano ha anche un’altra formula. «Si potrebbe fare come il teatro greco di Siracusa, che ospita spettacoli di lirica, prosa e drammi antichi». Ma le produzioni dovrebbero uscire dall’ambito cittadino, «per girare tutta l’Isola e intercettare il pubblico che non può venire a Cagliari».
SOVRINTENDENTE Sarà in grado il nuovo sovrintendente Gennaro di Benedetto di risollevare la sorte del Teatro? I precari sono dubbiosi. «Al Carlo Felice di Genova ha tagliato molto», accusa Dessanti, «e ora il teatro ligure ha un buco di milioni di euro». La stessa situazione in cui versa quello di Cagliari. Chissà se Di Benedetto ha in tasca la ricetta giusta.  MARIO GOTTARDI

Unione Sarda

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