Si può ancora ridere assistendo ad una crisi di vomito, unita a mal di pancia e flatulenza, che vede protagoniste un pugno di sgallettate durante uno dei momenti più sacri (per gli americani) fra i cerimoniali di preparazione a un matrimonio (la prova abiti in un modaiolo atelier da sposa)? Fossimo stati in un qualsiasi cinepanettone nostrano una scena simile avrebbe provocato solo un notorio disgusto e nessuna ilarità; l’umorismo scatologico infatti è pane per i denti (cariati) di un certo pubblico italiano e gli inesistenti eredi della commedia attuale sanno come servirglielo. Invece siamo in una commedia made in U.S.A. (non la solita stupida commedia americana!) tutta al femminile, scritta benissimo, allegramente prevedibile negli esiti ma non nelle caratterizzazioni delle protagoniste e la scena in questione è la sua sola, spudorata concessione all’umorismo da gabinetto di cui sopra, una sequenza così imprevedibile e “liberatoria” (in ogni senso) da non fare vergognare lo spettatore sghignazzante e divertito. Autentico caso (come tradizione estiva richiede) dell’ultima stagione cinematografica americana questo “Le amiche della sposa” (ma Bridesmaids, le damigelle d’onore, strizzava meglio l’occhio ad una consuetudine a stelle e strisce così “sovraccarica” di senso e responsabilità) è un esempio di commedia al femminile strabordante e contagiosa, non per intenderci quella fatta di ammiccamenti e isterismi fini a se stessi, ma quella assolutamente consapevole e matura che sa divertire senza dimenticare i fondamenti cinematografici della scrittura (un personaggio tanto meglio è descritto tanto più risulta credibile consentendo di identificarci in esso) e che procede non per accumulo di gag ma con un sapiente dosaggio dei ritmi prendendosi perfino il lusso di toccare le due ore e, udite udite, senza mai annoiare.
Questo succede non solo perché il film è stato cucito addosso ad un viso straordinariamente “ordinario” come Kristen Wiig (sconosciuta da noi, stella del Saturday Night Live oltreoceano) che sa essere divertente, folle e perfino commovente con una sola espressione facciale, ma anche perché è un prodotto in cui l’altra metà del cielo “osa” confrontarsi con il corrispettivo universo maschile su un terreno apparentemente esclusivo, la commedia Rated R, cioè vietata ai minori (“Una notte da leoni” e “Parto col folle” per intenderci). E diciamolo subito: “Le amiche della sposa” sul piano qualitativo esce nettamente vincente dal confronto col secondo “Una notte da leoni”, fotocopia fiacca e fortunata del primo esilarante ed incontenibile capitolo al quale è stato costantemente paragonato. L’idea di mostrare donne, non bellissime in verità ma dotate di indiscutibile verve, alle prese con il sesso, la competizione e il turpiloquio deve essersi dimostrata vincente dato il riscontro al botteghino statunitense (quasi 170 milioni di dollari in due mesi mentre molti blockbuster nello stesso periodo boccheggiavano); probabilmente a recarsi al cinema non c’erano solo le donne americane ma anche buona parte del pubblico maschile che in questa storia di amicizia, amore e lotta fino all’ultimo preparativo di nozze deve avere intravisto sincerità, leggerezza e un divertimento sanamente sguaiato che mancavano da tempo.
Ma a parte la “scoperta” che anche l’universo femminile può essere divertente o folle quanto (se non più) di quello maschile, non si corra l’errore di etichettare la pellicola come “Una notte da leonesse”. “Bridesmaids”, ultima produzione di Judd Apatow specialista in commedie demenziali “corrette” dall’acido e talvolta con qualche ambizione sociale, va oltre l’architettura delle situazioni comiche tipica dei film di Todd Phillips e cerca più di un aggancio con l’attualità; l’eroina protagonista che cerca di preservare il suo ruolo di amica del cuore “insidiato” dalla nuova arrivata (Rose Byrne), pare inseguire per tutto il lungometraggio quel sogno identitario che l’America della nuova recessione non promette più né sul piano lavorativo né su quello sentimentale. Naturalmente anche per lei qualcosa andrà per il verso giusto e le consentirà di stare a galla o di “aggrapparsi” come cantano le riesumate Wilson Phillips con la loro “Hold On” che suggella la chiusura musicale di un cerchio e incornicia l’ultimo colpo basso della rivale in amicizia. Sarà per questo che il film, con le sue gag mirate e ben incastonate in momenti più distesi, assume una dimensione da commedia più alta che non consente un paragone con le altre “notti da leoni”; qui il veleno si mescola perfettamente con l’arancio dei fiori ed è possibile ridere per quelle eccessive fontanelle di cioccolata nera o per i cani serviti come bomboniere anche se un momento prima si compiangeva la protagonista per i suoi sogni disillusi di pasticciera colpita dalla crisi.
In ogni caso, l’amarezza che qua e là emerge non intacca mai il piacere di una visione che mantiene ciò che promette sul versante comico e che permette al pubblico di fare una migliore conoscenza con straordinari volti del cinema o della televisione più recente (oltre alla già citata Wiig ci sono anche la sposina Maya Rudolph di American Life o la sguaiata Melissa McCarthy responsabile del personaggio più imprevedibile del film) oltre a consentire un’ultima apparizione sullo schermo per la compianta Jill Clayburgh qui in veste di madre della protagonista. Non avvenenti o fatali come si penserebbe (la più attraente, Rose Byrne, viene sacrificata sull’altare dell’antipatia) queste damigelle del disonore conquistano subito e sovvertono con innocente scorrettezza quasi tutti i luoghi comuni dei riti di preparazione agli sponsali. Afferrate l’abito migliore quindi e accorrete in sala a gustarvi questo comico ed imprevedibile addio al nubilato. Ma evitate rigorosamente di farvi un piatto di churrasco prima della visione…