Avvolto nel suo lungo mantello, con un baule da viaggio e un curioso pappagallo, il giovane studente Laurentius Hylas approda in Estonia un freddo giorno di fine Seicento. In fuga da un oscuro passato e sospettato di eresia, è diretto a Tartu, la «città delle muse», piccolo centro ai margini dell’allora regno di Svezia, ma sede di una vivace università, dove circolano già le idee rivoluzionarie di Newton e Cartesio, si inaugurano i primi teatri anatomici e si segue la nuova moda dell’opera sulla scia di Molière. In quel fermento scientifico e filosofico che porterà al secolo dei lumi, Laurentius cerca ossessivamente una cura per il male che lo tormenta e che i suoi contemporanei chiamano malinconia.
Ma più si addentra nelle domande cui non sa dare risposta – Da dove viene l’anima? Che rapporto ha con il corpo? – più è attratto dal mondo di istinto, superstizione e magia dei contadini nelle campagne. Un mondo che ha già conosciuto da bambino, quando è stato coinvolto nella caccia alle streghe, e ora ritorna a perseguitarlo in sogni e visioni che cominciano a confondersi fatalmente con la realtà.
Attraverso il vivido affresco storico di un inedito angolo d’Europa e la vicenda di un intellettuale che sembra dare corpo alle contraddizioni del suo tempo, Friedenthal si cala nelle viscere del secolo di Shakespeare per raccontare il travaglio della modernità e l’avvento di una nuova epoca della ragione, quando la medicina si fa strada tra umori, paure e l’antica fede nell’alchimia, e il buio Nord sogna la radiosa antichità, i simposi in giardini mediterranei avvolti dal dolce ronzio delle api, l’armonia di un mondo che può forse guarire una nostalgia di luce, di oro, di miele.
Recensione
Con quello che accade nel romanzo di Friendenthal, il lettore fatica un po’ a capire cosa c’entrino le api, ma del resto in questo libretto oblungo e smilzo, impregnato di brume scandinave, non è che accada poi molto. Dunque il senso delle api può anche rimanere vago fin quasi alla conclusione, che del resto, in una storia dalla trama così esile, non conclude poi molto. Messa così potrebbe sembrare che non valga la pena di leggerlo, e invece la sostanza di questo breve racconto, trattato con la solita cura editoriale da Iperborea, è densa è vischiosa come il miele, che delle api è il prodotto e ritorna più volte nel libro, diventandone il sigillo metaforico.
La storia in sé è, come s’è detto, alquanto scialba: un giovane studente, in fuga, per motivi che riguardano la religione ma non verranno mai chiariti, dal prestigioso ateneo olandese di Leida, approda negli estremi lembi dell’Estonia agli inizi del XVII secolo, in quel momento possedimento svedese, dove sta nascendo una nuova università. Il viaggio e il difficile adattamento a un clima ostile e plumbeo sono accompagnati dalla morte del pappagallo di nome Clodia, che di Laurentius Silas era diventato una specie di talismano contro la melanconia, la bile nera o male oscuro, delle teorie mediche legate ai quattro elementi. Da quel momento in poi la salute di Laurentius vacilla, stati febbrili si alternano a momenti di sconforto e disperazione, legati oltre che al clima anche alla carestia che funesta la campagna intorno a Tartu, città universitaria quasi assediata da torme di contadini superstiziosi e ancora vicini allo stato selvatico. Mentre nell’Europa del Nord si prepara la lunga catastrofe della Guerra dei Trent’anni, tra il 1618 e 1648, con stragi e massacri, carestie, pestilenze e devastazioni varie, nelle desolate lande estoni ai margini della civiltà il progresso scientifico prende forma nei dibattiti accademici sulla natura fisica e filosofica dell’anima. A parte alcuni accenni a circostanze biografiche e a fatti del passato, perlopiù enigmatiche, di Laurentius non sapremo molto: il breve periodo di pochi giorni è solo un sogno, un breve segmento della sua esistenza, uno spaccato della vita ai limiti del nulla nordico, immerso nel buio della notte boreale e perennemente nascosto da una cortina di pioggia gelida, che riduce il reale a un impasto di fanghiglia e materia morente.
Le atmosfere che l’autore evoca richiamano i quadri fiamminghi del tardo Rinascimento, il protagonista per certi versi evoca alla memoria un personaggio di Marguerite Youcenar – certo la sfida e il paragone sono improbi – l’alchimista Zenone di Bruges dell’Opera al nero. Anche il tema alchemico trova una sua continuità nel romanzo di Friedenthal, che è una specie di diario di malattia: il malessere dell’animo dello studente inizia con la morte del pappagallo Clodia, simbolo di vitalità e calore, e continua con la malattia anche fisica che lo attanaglia nei primi giorni del cupo inverno estone, rendendo il cibo immangiabile e l’aria umida e mefitica, e ricoprendo il mondo con l’opprimente cortina del male oscuro. Unica via d’uscita è il messaggio criptico portato da un’apparizione femminile, una ragazza che procura a Laurentius del cibo ma poi sparisce nel nulla: è la pagnotta croccante e dorata come il miele che lei gli dona, l’unico cibo che lo studente, indebolito nello spirito e nel corpo, riesce a mangiare e che lo tiene in vita nella fase di trasformazione che sta attraversando a Tartu.
La storia del suo male oscuro diventa anche occasione per un affresco, a tratti forse troppo didascalico ma storicamente interessante, dell’ambiente accademico sul punto di svolta tra sapere antico e modernità: ai dibattiti sulla natura dell’anima legati alle teorie aristoteliche si affiancano le dissezioni anatomiche con tanto di resurrezione miracolosa, alle storie di superstizione contadina e caccia alle streghe si oppone l’imitazione dilettantistica delle ultime mode del teatro shakespeariano. Di fatto però la situazione di Laurentius non migliora e non sembra esserci scampo ai segni di disfacimento del suo animo che si riverberano sul corpo e sulla realtà esterna.
Le api, simbolo dell’anima, che abitano il corpo come un alveare, sembrano allontanarsi sempre più dal clima tetro e uggioso di Tartu e solo con un ultimo sforzo visionario il protagonista riesce ad aprire uno spiraglio nel buio angosciante della sua malinconia ed è l’immagine di un desiderio fisico e insieme di uno stato mentale: un paesaggio solare e mediterraneo, dove il calore del sole e della vita pulsante si riverbera nel colore fulvo del miele e nel ronzio vitale delle api.
Giudizio:
+4stelle+ (e mezzo)Dettagli del libro
- Titolo: Le api
- Titolo originale: Mesilased
- Autore: Meelis Friedenthal
- Traduttore: Daniele Monticelli
- Editore: Iperborea
- Data di Pubblicazione: 2015
- Collana: Narrativa
- ISBN-13: 9788870914535
- Pagine: 288
- Formato - Prezzo: Brossura - Euro 16,50