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Le autrici EWWA - INTERVISTA A FRANCESCA FRANCA BALDACCI
Creato il 17 dicembre 2014 da Linda Bertasi @lindabertasiCiao Francesca, benvenuta nel mio blog. Raccontaci qualcosa di te.
Ciao, grazie per l’accoglienza!Qualcosa di me? Ho cinquantasei anni, sono felicemente sposata da quasi trentadue. Ho due figli: Angelo, ventitré anni, e Giorgia, quasi quattordici. Ho sempre svolto il mio mestiere di scrittrice – anche di giornalista, per un certo tempo – lavorando da casa, con la macchina perscrivere prima, con il computer poi. Una “piacevole faticaccia”! Ma sono contenta, perché ciò che faccio mi piace molto e mi ha permesso di conciliare la mia famiglia con un lavoro-passione.
Giornalista, scrittrice e madre di due figli. Ti definisci ‘ nata con la penna in mano’. Approfondiamo questa definizione.
Avevo solo quattro-cinque anni quando mia sorella, maggiore di me di sette, mi ha insegnato a leggere e a scrivere: ma prima ancora di riuscire a metter su carta i miei pensieri, ho dettato a lei una storia a puntate, la vicenda di due bambini che si perdono insieme al Luna Park. Ho ancora il quadernetto con il mio “mini-romanzo”. Quando ho incominciato la scuola, poi… trascorrevo il mio tempo libero sui quaderni, a scrivere storielle, poesie, perfino commedie, e a illustrarle. Inventavo anche dei giornaletti.
Il tuo percorso letterario inizia da giovanissima con pubblicazioni di romanzi, brevi racconti, soggetti per fotoromanzi erubriche suimagazine “Bolero”, “Dolly” “Bella” e “ Confidenze”. Parlacene.
Una mia insegnante delle medie, conoscendo la mia passione, mi spronava a inviare i miei racconti alle riviste, ma ci ho messo molto tempo prima di convincermi. Quando l’ho fatto, a ventun anni, ho trovato una redattrice straordinaria, Cristina Maza, che mi ha risposto a casa, dicendomi che il racconto spedito non era adatto alla loro rivista, ma apprezzava il mio modo di scrivere, voleva che le mandassi qualcos’altro. Ho inviato una storia che avevo scritto a diciotto anni, ed è stata pubblicata. La prima di una lunga serie… Eravamo nel lontano agosto 1979, la rivista era "Bolero Teletutto", ai tempi vendeva tantissimo. Poi è stata la volta di "Dolly", rivista per adolescenti, con cui ho collaborato parecchio, vista anche la mia giovane età. Con "Confidenze" ho avuto un rapporto più breve, invece: qui, al contrario, il fatto che fossi giovane era considerato una sorta di handicap.
Hai collaborato anche con le riviste per ragazzi “Poochie” e “Il Giornale di Barbie”, hai scritto sceneggiature per “Sirenetta” e “Minni” e hai seguito anche un corso di scrittura creativa con la Disney. Cosa ricordi di queste esperienze?
È stata una palestra di lavoro straordinaria. Io non amo i corsi di scrittura creativa, non ci credo molto, ma in questo caso devo ammettere che mi è stato utile per un approccio al mondo dell’editoria un po’ diverso da quello che avevo vissuto sino a quel momento. E poi ho conosciuto persone eccezionali, che hanno “fatto la storia” del mondo dei ragazzi per tanti anni, come Elisa Penna, Gaudenzio Capelli, Betta Gnone, il nostro insegnante Alessandro Sisti, autori di storie indimenticabili rimaste nel cuore di tutti quelli che sono cresciuti a “pane e Disney”!
Attualmente curi la posta dei lettori di “Topolino”. Di cosa si tratta nello specifico?
I ragazzi scrivono a “Topolino” per chiedere di tutto: consigli, amicizia, per conoscere le storie dei personaggi che amano. E io rispondo a casa. Ma non ci sono solo i ragazzi. Ci sono… quelli cresciuti. Genitori, zii, perfino nonni. Chi non lascia dentro di sé una parte della propria infanzia, del resto, è una persona infelice… Molti chiedono particolari delle storie che amano, vogliono sapere qualcosa di più di questo mondo pieno di fantasia.
E scrivi narrativa per i magazine “Intimità” e “Love Story”. Come nasce una tua storia?
Tutto mi può dare l’ispirazione giusta. Una frase ascoltata per caso, una bella fotografia, una situazione. Ben difficilmente tratto qualcosa di totalmente autobiografico. Devo sempre filtrare, altrimenti non avrei il giusto distacco dai miei personaggi, e non sarei imparziale: anche se a volte, lo confesso, c’è molta immedesimazione, e magari piango davvero, raccontando una storia triste…
Per quattordici anni hai fatto la giornalista sportiva. Hai collaborato con diverse riviste sportive per giovanissimi; intervistato personaggi della Tv e dello sport, incontrando campioni del calibro di Gullit, Van Basten, Matthaeus, Bergomi, Baggio e Vialli. Raccontaci quest’esperienza.
È stata un’esperienza esaltante, anche perché ho sempre avuto una grande passione per il calcio. Al contrario di quanto si pensi, ho trovato una grande spontaneità nei giocatori, e una disponibilità impensabile. Io non ho mai conosciuto “divi del pallone”. A parte qualche rara eccezione, ho avuto a che fare con ragazzi semplici, e molto più intelligenti di quanto vogliano farci credere in genere. Ho un bellissimo ricordo di questi anni. C’è da aggiungere comunque che, lavorando per un mensile, non cercavo mai dai calciatori la cronaca della partita, ma puntavo sempre più sul personaggio lontano dai campi di gioco, per dare un risvolto più psicologico che tecnico. Il fatto di non parlare solo di calcio mi agevolava il compito, i giocatori si prestavano molto volentieri a parlare di qualcosa di diverso.
Nel 1981 pubblichi il romanzo “Una casa per Sissi”(Mondadori). Daccene un assaggio.
Volentieri! Questo l’incipit:
“Il giorno che andai ad abitare assieme a mio fratello mi sentivo ancora una ragazzina. Il tutto era nato da un impulso che ci aveva costretti a separarci dai nostri genitori per incompatibilità di idee. Né lui né io riuscivamo a trovarci d’accordo con gli schemi che l’ambiente in cui eravamo nati ci imponeva. E così ce ne eravamo andati, io col mio entusiasmo di diciottenne inesperta, lui con qualche anno in più e il lavoro in fabbrica che ci aveva costretti all’esilio…” [...]
Esiste anche un ebook dal titolo “Come eravamo” che contiene i primissimi racconti pubblicati, tra il 1979 e il 1980. Quali temi affronti in questa raccolta?
Sono temi di attualità dell’epoca: non solo amore, ma anche rapporti tra genitori e figli, condizione della donna (eravamo ancora nel pieno del femminismo, anche se io non sono mai stata troppo “arrabbiata” in questo senso). C’è anche un racconto a cui sono molto affezionata, si intitola “Granelli di sabbia negli occhi” e il personaggio del nonno è ispirato a Sandro Pertini, indimenticato Presidente della Repubblica di allora.
Con Chichili Agency esce il breve chicklit, “Nuvole a colazione” e un romanzo in quattro parti “Ciao Luca”. Parlacene.
Non è stata un’esperienza delle più felici, ma mi ha permesso di prendere familiarità con gli ebook, sul nascere. “Nuvole a colazione” è un chicklit abbastanza classico, ma molto personalizzato. Non potevo tradire me stessa, cioè. E l’ho reso abbastanza “mio”.“Ciao Luca” è un romanzo che ho scritto a diciassette anni, prendendo spunto da personaggi che stavo studiando a scuola, in seconda liceo classico: infatti i protagonisti sono Lucrezio, Catullo, Machiavelli, Cicerone, Cartesio, tutti rigorosamente attualizzati. È una storia rosa e non rosa, parte dalla fine, ed è una fine tragica, visto che parla del suicidio di Luca e ne racconta la vicenda, raccontata in prima persona dalla donna che lo ha amato.
Nel dicembre del 2012, pubblichi come co-autrice “La macchina del tempo” , biografia di Gabriele Lorenzi, celebre tastierista della Formula 3. Raccontaci qualcosa di questo edito.
Tutto è nato per merito di Facebook!Muovevo i primi passi nel social network e la mia curiosità mi ha spinto a cercarvi i miei vecchi idoli di un tempo, e cioè i componenti del gruppo della 'Formula 3', che ha accompagnato Lucio Battisti, e fra i primi esponenti della musica prog in Italia. Vi ho trovato il tastierista, Gabriele Lorenzi, appunto, ho chiesto l’amicizia e… siamo diventati davvero amici virtuali. Ci scambiavamo simpatici messaggi. Lui voleva scrivere la storia della sua vita: sapendo che ero una scrittrice, mi ha proposto un lavoro a due. Così è nata “La macchina del tempo”, cioè… cinquant’anni di musica! Gabriele è davvero “un ragazzo di settant’anni”, con una grandissima carica, ancora oggi.
Più recenti sono il mystery chicklit “Il Principe della Notte”, il romance “L’amica americana” e la raccolta di racconti “W l’estate”. Come riesci a coniugare stili letterari diametralmente opposti tra loro?
Mi piace variare. Io scrivo, scrivo sempre e mi diverto di più cambiando genere. I detrattori dei miei chick sostengono che scrivo come una ragazzina. Beh, per me è un complimento! Ma so scrivere anche in altro modo, e cioè storie drammatiche. Dunque, sono una scrittrice “per tutti i gusti”. Forse per questa qualità viene in mio aiuto anche l’esperienza, dovuta ad anni e anni di lavoro.
Ed, ora, è la volta di “Colazione da Tiffany” edito da Sperling e Kupfer. Cosa troveranno i lettori al suo interno?
È un romanzo particolare, una commedia romantica e brillante: Angela, detta Angy, non ha un carattere facile, anche se per amore è disposta a scendere a patti, a sciogliersi un po’. Si dispera perché è stata lasciata a due mesi dalle nozze e… dopo essersi tolta, a modo suo, qualche sassolino dalle scarpe, decide di voltare pagina. E lo farà scegliendo una vacanza tutta speciale: all’hotel Tiffany, appunto. Un luogo magico, che come la gioielleria nel mitico film “Colazione da Tiffany” a cui è dedicato, sa restituire la gioia, la voglia di vivere, la serenità. L’hotel è gestito dalle zie di Angy, Camilla e Gisella, sorelle della mamma, che adorano “Colazione da Tiffany” e gli anni Sessanta. Angy pensa di starsene in questo periodo con il cuore in stand-by, studiare e dare una mano alle zie in albergo. Ma non ci riuscirà. Leggere per credere!
Qual è stato l’input per questo romanzo e quali le tematiche che affronti?
L’input per questo romanzo è stato proprio il bisogno di scrivere qualcosa su questo film, che ho sempre amato. Gli altri romanzi in circolazione che parlano di Tiffany, infatti, malgrado la loro ingannevole copertina, si riferiscono solamente alla gioielleria e non alla pellicola che ha fatto sognare milioni di persone. Ci tenevo molto.Le tematiche che affronto? L’amore, anzitutto, ma con il sorriso sulle labbra. E poi c’è un messaggio trasversale che mi piace: la comunicazione tra generazioni è possibile. Miti ed evergreen ce lo permettono: come “Colazione da Tiffany”, appunto, che piace proprio a tutti!
Sei membro dell'associazione EWWA. Di cosa si tratta nello specifico e la consiglieresti alle tue colleghe?
Sono una delle "new entry" di questa associazione, ma mi trovo bene. Conoscevo già, virtualmente e non, molte autrici e trovo che sia bellissimo poter scambiare le proprie esperienze, discuterne.
Se la consiglierei alle colleghe? Naturalmente sì. Penso che un'associazione come questa, che si occupa di tutto quello che riguarda il mondo della scrittura e il mondo dell'editoria al femminile, sia importantissima per tutte noi. Il confronto reciproco arricchisce sia da un punto di vista professionale che umano. Non ho ancora avuto occasione di partecipare agli incontri organizzati dalle EWWA, ma spero di farlo presto!
Hai qualche altro progetto di cui vuoi metterci a parte?
Per il momento è ancora tutto molto nebuloso. Ho mille progetti in mente, ma molto dipenderà da “Vacanze da Tiffany”, appunto.
E’ stato un grande piacere ospitarti nel mio blog. In bocca al lupo per tutto!
Per seguire Francesca VACANZE DA TIFFANY
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