Sammy è una tartaruga marina che, appena nata, e dopo aver superato una spiaggia infestata di uccelli, riesce a raggiungere il mare e ad iniziare il suo viaggio. Mentre si lascia trasportare dalle correnti oceaniche, come ogni normale tartaruga, Sammy schiva ogni sorta di pericolo nella speranza di poter, un giorno, ritrovare l’amore della sua vita: Shelly, una deliziosa tartarughina che ha incontrato poco dopo la sua nascita. In sua compagnia c’è l’amico Ray, una tartaruga un po’ logorroica, con la quale Sammy si rende conto di come gli esseri umani stiano danneggiando il pianeta..
L’idea per questo film nasce nel corso di una vacanza in Messico fatta dal regista Ben Stassen. Al tramonto lo staff del suo hotel stava trasportando alcune uova di tartaruga marina che si stavano dischiudendo. La madre le aveva deposte sul prato, nello stesso identico posto dov’era nata 30 anni prima, ma a quei tempi l’hotel non era ancora stato costruito. Il problema era che questi esserini minuscoli non riuscivano ad issarsi sul marciapiede di cemento per raggiungere il mare. Mentre turisti, grandi e piccini, osservano queste creaturine che venivano sbattute indietro dalle onde sulla spiaggia, lo staff dell’hotel spiegava che le tartarughe restano sulla superficie dell’oceano per i primi dieci anni della loro vita. In quel periodo viaggiano per distanze enormi, trasportate dalle correnti.
Dopo aver visto la reazione dei bambini e degli adulti, Ben Stassen pensò bene di farci un film 3D.
Per qualche istante, quando veniamo proiettati sotto la superficie marina sembra di essere ritornati in uno dei più riusciti Classici Disney (che, oltretutto, ha vinto anche un Premio Oscar): Alla ricerca di Nemo. Ma questo film non è della Disney e non si avvicina nemmeno lontanamente all’ironia e alla storia del pesce pagliaccio più famoso al mondo. I personaggi potranno ispirare tenerezza e interesse nei più piccoli (molto piccoli), ma annoieranno i genitori costretti ad accompagnare i loro figli. La storia si staglia lungo una trama poco compatta, troppo didascalica, nel corso della quale i pochi protagonisti incontrano alcuni personaggi messi in una scena tanto per ricordarci che siamo in fondo al mare. Anche l’onda ambientalista, che il film vorrebbe cavalcare, e che compare in un paio di scene, non viene sfruttata a dovere e, di certo, non ne fa un’opera memorabile, né significativa.
La scelta del 3D, invece, è particolarmente azzeccata e sfruttata molto intelligentemente, con numerosi elementi che colpiranno sia grandi che piccini, dando l’impressione di essere realmente immersi in una nuova realtà.
Francesca Casella