Le Aziende Alimentari Tentano Di Confonderci Sull’Olio Di Palma

Creato il 22 maggio 2015 da Paolopol

Negli ultimi tempi l’attenzione verso l’olio di palma, complice anche l’obbligo della nuova etichettatura,  è cresciuta e questo ingrediente è sempre più oggetto di studio da parte della scienza e di dibattito sui media, tra le associazioni ambientaliste e tra i cittadini.

 

Ora che i consumatori sono al corrente delle conseguenze negative dell’abuso di olio di palma nell’alimentazione e della coltivazione intensiva di palme da olio, le aziende alimentari iniziano a tremare, con particolare riferimento alle aziende di prodotti dolciari e in generale di prodotti da forno. La loro molla di autodifesa era già scattata alcuni mesi fa, quando a dicembre 2014 sono state costrette ad indicare chiaramente la presenza di olio di palma in etichetta per via della nuova normativa europea in proposito.

Negli ultimi giorni la difesa dell’olio di palma da parte delle aziende alimentari si è concretizzata in un documento che ha raggiunto le redazioni dei giornali e dei media. Il documento porta semplicemente il titolo di “Olio di palma” ed è stato redatto dall’Aidepi, l’Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiane.

Dato che l’olio di palma, come possiamo verificare leggendo le etichette alimentari al supermercato, è onnipresente sia nei prodotti dolciari che nella pasta fresca di produzione industriale (compresi ravioli e sfoglie), le aziende che hanno realizzato il documento hanno tutti gli interessi per difendere l’olio di palma, dato che per il loro lavoro rappresenta un ingrediente versatile e a basso costo. Ora le aziende alimentari italiane difendono l’olio di palma e lo proclamano come un ingrediente salutare e sostenibile. Allora perché ci hanno tenuto nascosta la sua presenza nei prodotti alimentari per anni?

In Italia consumiamo poco olio di palma?

Secondo l’Aidepi, il consumo di olio di palma in Italia è basso. Ciò ci sembra davvero impossibile dato che chi è abituato a mangiare qualche biscotto o una brioche acquistata al supermercato per colazione sta iniziando la propria giornata ingerendo dell’olio di palma, che è presente nella stragrande maggioranza di questo tipo di prodotti comunemente in vendita. Una fetta di pane con crema spalmabile al cioccolato a metà mattina, dei grissini o dei crackers a metà pomeriggio, un dolce confezionato dopo pranzo, un piatto pronto per cena: ed ecco che il consumo di olio di palma sale vertiginosamente senza che noi ce ne accorgiamo.

Certo, l’alternativa, sarebbe quella di scegliere sempre prodotti freschi e privi di olio di palma e di preparare in casa i prodotti da forno. Ma quante persone hanno davvero il tempo e la voglia di farlo rispetto a tutta la popolazione italiana? Ecco che, molto facilmente, il consumo di olio di palma va a superare quei 2,8 grammi di acidi grassi saturi assunti al giorno da ogni italiano secondo l’Aidipi. Per L’olio di palma è ricco di grassi saturi di per sé e chi consuma anche prodotti come carne, formaggi, latte e uova va ad aumentarne l’apporto giornaliero.

L’olio di palma è naturale e salutare?

L’olio di palma fa bene alla salute? Abbiamo forti dubbi sulla salubrità dell’olio di palma utilizzato a livello industriale da parte delle aziende alimentari. Le aziende lo scelgono perché si tratta di un olio a basso costo, senza tenere conto delle conseguenze per la salute dei consumatori. L’olio di palma fa comodo alle aziende perché si conserva a lungo, dato che è resistente all’ossidazione. Ma dal punto di vista alimentare viene classificato tra gi acidi grassi saturi (insieme alle margarine e ai grassi animali). Gli acidi grassi saturi dal punto di vista alimentare e dei rischi per la salute vengono definiti come ipercolesteromizzanti (cioè in grado di aumentare il colesterolo) eaterogeni (cioè in grado di favorire la comparsa dell’aterosclerosi).

In una dieta come quella italiana l’olio di palma non fa altro che aggiungersi alle fonti di grassi saturi già presenti nella dieta della maggioranza dei cittadini, con particolare riferimento a prodotti di origine animale come carne e formaggi. Gli oli monoinsaturi e polinsaturi hanno invece un’azione antiossidante. Aidepi parla dell’olio di palma come di un prodotto naturale. L’olio di palma vergine può rappresentare un olio naturale, ma quali raffinazioni e lavorazioni subisce l’olio di palma normalmente utilizzato dall’industria alimentare?

Ecco dunque, da parte di alcuni cittadini, la proposta di sostituire l’olio di palma con olio extravergine e olio di girasole, per limitarne l’invasione. Alcune aziende alimentari italiane (come Alce Nero) lo stanno già facendo. Sostituire l’olio di palma con il burro, però, non risolverebbe né il problema dei grassi saturi né le questioni ambientali (gran parte dei mangimi destinati agli animali da allevamento sono composti da soia coltivata in modo intensivo e insostenibile).

Inoltre il consumo di olio di palma potrebbe avere una correlazione con il sopraggiungere del diabete. Lo ha evidenziato uno studio recente secondo cui troppi grassi nocivi, tra cui troviamo l’olio di palma, possono danneggiare le cellule del pancreas che producono l’insulina e portare alla comparsa del diabete. Secondo i ricercatori, una dieta troppo ricca di grassi saturi potrebbe essere tra le cause del diabete.

Di recente il CSS del Belgio ha raccomandato di ridurre drasticamente il consumo di olio di palma proprio per questioni di salute, sottolineando che il suo elevato contenuto di acidi grassi saturi è in grado di provocare la formazione di pericolose placche sulle pareti delle arterie. A differenza di altri oli, l’olio di palma non contiene soltanto i comuni grassi saturi, ma quantità elevate di grassi di tipo AGS-ath (C12, C14 e C16) che sono considerati dei veri e propri nemici per le arterie.

L’olio di palma è sostenibile?

Il documento dell’Aidepi fa riferimento all’RSPO come alla certificazione per l’olio di palma sostenibile a cui alcune aziende alimentari italiane fanno riferimento. La certificazione RSPO riguarda comunque solo una piccola parte dell’olio di palma prodotto nel mondo. Al di là di ciò, ormai sappiamo bene che l’olio di palma certificato da RSPO non è del tutto sostenibile, dato che questa certificazione non tiene conto a sufficienza del problema della deforestazione per la coltivazione di nuove palme da olio.

La deforestazione distrugge foreste primarie, soprattutto in Indonesia, che non potranno mai più rigenerarsi. Provoca dunque perdite dal valore inestimabile per l’ambiente, minaccia le popolazioni locali con il land grabbing e provoca la scomparsa degli habitat naturali di oranghi, elefanti ed altri animali in pericolo e già a rischio di estinzione. Negli ultimi anni a Sumatra decine di cuccioli di elefante sono stati uccisi a causa dell’olio di palma e la produzione di olio di palma sta minacciando sempre più gli oranghi del Borneo. Gli incendi delle foreste per fare spazio alle palme da olio provocano un forte inquinamento in Indonesia, Malesia e a Singapore. Scopri qui le principali aziende responsabili di deforestazione.

Cosa possiamo fare noi consumatori?

Non c’è davvero motivo, dunque, per continuare a difendere l’olio di palma. Sostituirlo completamente in tutta l’industria alimentare mondiale è probabilmente impossibile, ma pare che la scienza stia già elaborando un’alternativa ecologica a questo discusso ingrediente. E probabilmente è comunque possibile fermare almeno la vera e propria invasione di olio di palma che sta interessando l’Italia e l’Europa.

Ognuno farà le proprie scelte, ma chi desidera eliminare l’olio di palma dalla propria dieta dovrà semplicemente leggere bene le etichette per evitare di acquistare i prodotti alimentari che lo contengono. In definitiva, dire addio all’olio di palma significa rinunciare ad una dieta basata prevalentemente su prodotti confezionati e di produzione industriale, un grande vantaggio per la salute dei consumatori e una scelta che non può che spaventare le aziende.


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