L’America è contraddittoria, giovane e vecchia, innovatrice e conservatrice insieme. Immensa geograficamente col suo coacervo di razze e tradizioni più o meno integrate. Unita nonostante la sua eterogeneità, coraggiosa e libera quanto paurosa e chiusa.
In fondo, non c’è bisogno neppure di andarci negli Stati Uniti per capirla l’America… Puoi amarla o detestarla, ma non ti potrà mai lasciare indifferente, così come il suo cinema: dirompente, intimista, ironico, eccessivo, indipendente, eppure sempre profondamente americano, con una propria identità di fondo (nonostante le inevitabili diversità) a prescindere dallo Stato dei cinquanta e passa in cui ci trovi ambientata la sua storia.
Questo prologo (che i miei fan potranno trovare a breve nel saggio che sto ultimando per Classi), mi è necessario per introdurre l'ultima storia di Oliver Stone (un regista americano con la A, senza bisogna di presentazioni, che dovrebbe tornare prossimamente con "Snowden").E' un'opera che vale l'ora e mezza e passa di visione, parola. Se qualcuno restasse scontento, tiene un caffè pagato (e non parlo di quello che dalle mie parti chiamano "sospeso").V'aspetto al bar, buona visione!Le belve (2012) di Oliver Stone **1/2 “Entra in quest’ottica, va bene? Tu sei già morto nel momento in cui sei nato. Se accetti questo, beh, puoi accettare tutto." In fondo, per capire questo film, basta l’assunto che Chon fa a Ben prima del finale, quando i due protagonisti della storia, vanno a fare la loro partita a scacchi con la morte.Oliver Stone non è un ragazzino, ha sceneggiato nientemeno che “Fuga di mezzanotte” e “Scarface” (e diretto “Platoon” e “Nato il 4 Luglio” tra gli altri), sa cosa significhi rappresentare le “vite al massimo”, del resto conosce sulla sua pelle anche la dipendenza dalla droga.E in questa ultima fatica, mostra con la scusa dell’azione e del ritmo, la personale critica (neanche tanto velata) alle forze dell'ordine e alle amministrazioni del suo paese, che anziché debellare il problema del traffico illegale di stupefacenti, lo sposta al confine col Messico.Un’ipocrisia tipicamente americana, che per un newyorkese come lui, proprio non può starci, anche se continua ad esserci dai tempi in cui cominciò a scrivere; non è un caso che per quest’occasione abbia deciso di adattare insieme a Shane Salerno, il romanzo dell’autore poliziesco americano (contemporaneo) per eccellenza, Don Winslow.Poi, se oltre al mestiere, alle belle facce di Taylor Kitsch, Aaron Johnson e Blake Lively, ci metti pure Benicio Del Toro che non ha pietà per nessuno (la vera belva) e la disillusione di Salma Hayek e John Travolta, le cose si mettono bene per lo spettatore.Magari si potrà obiettare che la voce fuori campo (sarà un caso la chiamino off?) di Ofelia, resti un tantino ridondante, che il finale doppio (o immaginario) distorca alquanto il climax venutosi a creare man mano, eppure come direbbe Marianna Cappi di MYmovies.it , “resta il fatto che una delle cose che riescono meglio a Stone sia ritrarre personaggi che s’invischiano in qualcosa di più grande di loro, il coraggio, che all’inizio è provocazione, incoscienza, a un certo punto diventa materia di vita o di morte e il film diventa una strada da percorrere fino in fondo, piena di svolte imprevedibili e dissestata quanto basta per tenere alta l’adrenalina”. °L’adrenalina, già. Si può vivere senza? E poi dopo che hai fatto il tuo bel giro sulle montagne russe, vuoi mettere il gusto di spernacchiare il conformismo del posto in cui sei nato, mica te la puoi cavare con frasi storiche del tipo: “Non puoi cambiare il mondo, è lui che cambia te”?Ecco, se c’è una vera defaillance in questo lungometraggio, va cercata nella colonna sonora. Fosse stato per me, in qualche frangente l'avrei messo Frank Zappa a biascicare col vocione: “Mr. America passa davanti alle tue scuole che non insegnano, Mr. America passa davanti alle menti che non verranno raggiunte, Mr. America prova a nascondere il vuoto che era dentro di te…”° Pur con qualche eccesso di maniera e ambiguità, il film è uno spettacolo forte e adrenalinico - Marianna Cappi