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Le brutte recensioni – Brutti dischi

Creato il 28 novembre 2012 da 79deadman @79deadman

Le brutte recensioni – Brutti dischi
Ovvero: posso trarre da un album che ritengo brutto una buona recensione? La qualità dell'oggetto recensito influisce sulla qualità del testo? In linea teorica non dovrebbe: la lingua è talmente elastica e ricca di soluzioni da consentire la stesura di un buon testo partendo da un oggetto d'analisi che appare mediocre o addirittura scadente. In pratica non è sempre così. Però occorre sgombrare il campo da un facile equivoco: il brutto, in realtà,  è una categoria preziosa. Spesso travisata e ancor più spesso trattata in modo superficiale, generico e discriminante. Umberto Eco, nell’introduzione all’antologia “Storia della Bruttezza”, ci dimostra come questo carattere sia una risorsa importante per arte e morale, così come lo è il bello.
In ogni secolo, filosofi e artisti hanno fornito definizioni del bello; grazie alle loro testimonianze è così possibile ricostruire una storia delle idee estetiche attraverso i tempi. Diversamente è accaduto col brutto. Il più delle volte si è definito il brutto in opposizione al bello ma a esso non sono state quasi mai dedicate trattazioni distese, bensì accenni parentetici e marginali. Pertanto, se una storia della bellezza può avvalersi di un'ampia serie di testimonianze teoriche (dalle quali si può dedurre il gusto di una data epoca), una storia della bruttezza dovrà per lo più andare a cercare i propri documenti nelle rappresentazioni visive o verbali di cose o persone in qualche modo intese come "brutte". Tuttavia, una storia della bruttezza ha alcuni caratteri in comune con una storia della bellezza. Anzitutto, noi possiamo soltanto supporre che i gusti delle persone comuni corrispondessero in qualche modo ai gusti degli artisti del loro tempo. Se un visitatore venuto dallo spazio entrasse in una galleria d'arte contemporanea, vedesse volti femminili dipinti da Picasso, e sentisse che i visitatori li giudicano "belli", potrebbe farsi l'idea errata che nella realtà quotidiana del nostro tempo si ritengono belle e desiderabili creature femminili dal volto simile a quello rappresentato dal pittore. Tuttavia, questo visitatore spaziale potrebbe correggere la sua opinione visitando una sfilata di moda o un concorso di Miss Universo, in cui vedrebbe celebrati altri modelli di bellezza. A noi, invece, questo non è possibile; nel visitare epoche ormai lontane, non possiamo fare verifiche, né in relazione al bello né in relazione al brutto, perché di quelle epoche ci sono rimaste soltanto testimonianze artistiche. Le brutte recensioni – Brutti dischi
E' dunque un campo d'indagine trascurato e per questo ancora in parte vergine, tanto da offrire spunti culturali interessanti, spesso originali pur se non sempre agevoli da indagare. Non è certo il brutto il nostro nemico. Tanto meno lo è il brutto ricercato, voluto e sperimentato attraverso la cacofonia, il rumore, la dissonanza, la caricatura o l’esagerazione. Su di un album come Metal Machine Music, che accorpa alcuni di questi caratteri, saremo sempre in grado di scrivere cose apprezzabili. Chi è allora il nemico? Quali sono i “difetti” che percepiamo nella musica che più facilmente possono trasmettersi al nostro testo? Personalmente credo appartengano alla famiglia della derivazione e della ripetizione. Banalità, intesa come mancanza di idee personali. Insistenza, intesa come replicazione isterica degli stessi stilemi fatta non per progettuale minimalismo o per dichiarato anti-intelettualismo nè per consapevole “elogio dell’ignoranza” (altrimenti i Ramones sarebbero tutti da buttare…) ma per incapacità cronica di proporre e gestire il nuovo. Derivazione di caratteri altrui, intesa come tentativo di imitare il successo degli altri decontestualizzandolo e trascrivendolo con materiali, tecniche e capacità inadatti. Laddove la musica popolare è totalmente priva di spunti originali, personalità e anche tecnica e perizia formali, è difficile dare corpo ad un buon discorso su di essa. Difficile, mai impossibile. E’ un buon esercizio forzarsi a scrivere di dischi che abbiamo odiato, ma è ancora più formativo scrivere di ciò che ci ha lasciato del tutto indifferenti. L’indifferenza si porta dietro silenzio e frasi imbarazzate di circostanza; si porta dietro frasi stereotipate e prive di sostanza; parole senza peso e senza nerbo che vagano prive di meta e finalità. Riuscendo a trarre buoni testi anche da ascolti di questo tipo, risulterà più facile muoverci laddove la musica trabocca di ispirazione suggestioni. E’ una palestra in cui sbizzarrirci in esercizi anche arditi, che forniranno una buona preparazione atletica per il giorno della partita. Quindi, compiti per casa: sceglietevi un album che vi ha lasciato indifferenti, un album inutile, vuoto; magari di un artista che non vi piace e che magari nemmeno conoscete tanto bene. E scriveteci su.
NOTA: con questo siamo arrivati alla fine della parte “distruttiva” delle “Brutte recensioni”. Dalla prossima volta mi propongo di portare esempi e pratiche costruttive per costruire testi, se non migliori, almeno diversi.

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