Le calde lacrime della Romagna

Da Ilsegnocheresta By Loretta Dalola

Incredulità, sgomento, rabbia, dolore. Tanto dolore. Così la Romagna ha accolto la notizia della morte di un suo giovane eroe. Si chiamava Marco Simoncellie aveva 24 anni, il pilota della Honda, amato e ammirato soprattutto dai suoi concittadini. Scivolato su una curva, investito dalle moto di Valentino Rossi, suo grande amico e da quella di Colin Edwards.

E' volato a terra, scivolando sull'asfalto, da cavaliere moderno, ma dal cuore antico. Simpatia, solarità, ambizione, ironia e tanta voglia di dimostrare la sua bravura.

 

Un cavaliere dai riccioli ribelli e dallo stile ardimentoso, che conosceva il coraggio e la lealtà. E' morto sotto i riflettori e la sua morte, in diretta, ha tolto il fiato ai suoi fans che hanno assistito all'incidente che si è verificato durante il secondo giro del Gran premio della MotoGp a Sepang. Nell'impatto, oltre a Marco Simoncelli, giunto poi in arresto cardio circolatorio al centro medico della pista, erano rimasti coinvolti Colin Edwards (Yamaha) e Valentino Rossi (Ducati), che hanno tamponato e travolto lo sfortunato pilota romagnolo che nello scontro ha perduto il casco prima di rimanere esanime sull'asfalto.

Non seguo le gare delle moto, ma non posso, vivendo in terra romagnola, non evidenziare che questa mattina, l'aria che si respira è triste, i volti sono segnati dalle lacrime, e anche, per chi non conosce il motomondiale è impossibile non rimanere coinvolti dall'emozione che si respira. Uno sport che corre fino al limite per cercare la vittoria, il riconoscimento, la fama, il sentire se stessi nella ricerca della gloria eterna. Questo cavaliere è morto, ucciso dal suo stesso amico, come un eroe greco, ed ecco allora che soldi, fama, la celebrità, le donne, vengono spazzati via e  in un attimo, i valori ritornano al loro posto, il dolore obbliga a riflettere. Ci si ricorda dell'uomo, del suo cuore, del dramma dei suoi cari. E il momento del dolore.

E' stata terribile la scena che si è presentata ai tifosi davanti alla tv e al circuito. Marco Simoncelli è rimasto a terra esanime sulla pista. La situazione è apparsa da subito disperata. Poi le immagini cominiciano a girare sugli schermi tv, e subito si nota la perdita di aderenza, la perdita del controllo, la scivolata, un evento imprevedibile che ogni pilota mette in conto prima di entrare in pista, ma che lascia sempre impreparati. I dubbi razionali potranno essere risolti dalla scienza, ma nessuno potrà ridare questo solare e simpatico pilota al padre, alla madre e alla fidanzata stravolti dal dolore. E nessuno potrà ridarlo ai suoi tifosi, che orgogliosi lo portavano come esempio della bravura romagnola. Sic, come lo chiamavano affettuosamente, piaceva alla gente, prima ancora che come pilota, per il suo carattere, Era autentico, genuino, semplice, cristallino. Il successo, la pubblicità, la televisione, non avevano cambiato il suo atteggiamento e il suo scanzonato modo di vivere la vita. Aveva talento e tanto.  Il suo slang tutto romagnolo, le sue risate, la sua chioma lo rendevano amabile e  unico. Venuto dalla gavetta, con tanti sacrifici era arrivato ai trionfi del moto mondiale.

Ed è li che si è allontanato per sempre dal mondo terreno.

Oggi la piazza del suo paese si è popolata di gente comune e di fans. E' piena di striscioni, scritte, magliette, fiori, un casco, un modo per ricordarlo e per non dimenticare quel giovane riccioluto, con la passione per la moto e la proponsione allo scherzo, che insieme agli altri giovani eroi romagnoli, divenuti nuvole come Pasolini e Pantani, ha saputo far battere il cuore di questa terra.


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