Febbraio non è ancora terminato, eppure in Inghilterra è già stato assegnato il primo trofeo dell’anno. La League Cup, finita sorprendentemente nella bacheca del Birmingham City, che in campionato lotta per salvarsi, ma a Wembley, davanti ad 88,851 spettatori, è riuscito nell’impresa di negare all’Arsenal il primo successo dall’ormai calcisticamente lontanissimo 2005 (era il 21 maggio, FA Cup vinta ai rigori contro il Manchester United).
Sull’1-1 dopo 89 minuti di gioco, gol di Žigić e van Persie, ecco la clamorosa incomprensione tra Koscielny e Szczęsny, che si scontrano: pallone a zonzo per l’area di rigore e la porta sguarnita. Ad approfittarne è Obafemi Martins, vecchia conoscenza del calcio italiano, che insacca col sinistro e si produce nella classica serie di capriole.
Qui le abbiamo viste tante volte, da quando, nel settembre del 2000, «Oba Oba» è sbarcato in Italia su consiglio di Churchill Oliseh, fratello di Sunday (in Italia con le maglie di Juventus e Reggiana) e padre adottivo del centrocampista del CSKA Mosca Sekou. Churchill, che al tempo gestiva una scuola calcio con sede a Lagos (dove Martins è nato il 28 ottobre 1984) lo nota in strada e gli propone di unirsi alla sua squadra, affiliata alla Reggiana: che occhio! Obafemi mette in luce le proprie doti di velocista e goleador, e così a Reggio Emilia rimane solo qualche mese, perché l’Inter punta su di lui e sgancia 750 mila euro pur di vincere la concorrenza del Perugia di Gaucci. Soldi ben spesi, lo si capisce sin dall’inizio della sua avventura in nerazurro: la prima stagione, 2001-02, si conclude con la doppietta Scudetto Primavera-Coppa Carnevale, e Oba segna 23 gol.
Cúper, l’hombre vertical, gli fa assaggiare la prima squadra in precampionato, e – complice un’incredibile serie d’infortuni – si ritrova a puntare su di lui per accedere ai quarti di Champions League. In coppia d’attacco con Morfeo, alla BayArena di Leverkusen contro i vicecampioni d’Europa, infila Butt, si sfila la maglia e si cimenta in una serie di cinque capriole che mandano in visibilio il pubblico nerazzurro. Ha diciott’anni, Moratti lo considera l’Owen nerazzurro, e c’è chi è pronto a giurare che questo nigeriano esplosivo valga più di Rooney, al tempo promessa (lui sì, mantenuta) dell’Everton.
Oba, però, non riuscirà mai a compiere il decisivo salto di qualità. L’arrivo di Ibrahimović lo spinge al Newcastle, poi Wolfsburg e Rubin Kazan. In Russia delude, il Birmingham City lo ottiene in prestito in gennaio e lui ringrazia così, regalando ai «bluenoses», i tifosi del Birmingham, il secondo trofeo della storia.
Antonio Giusto