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La libertà va coltivata, come una pianta. Lo spirito di libertà è come un muscolo: va continuamente tenuto in allenamento se vogliamo che dia i suoi risultati, dall’infanzia alla vecchiaia, e anche dopo. La libertà va praticata, con metodo e continuità, ogni giorno – esplicitata e resa manifesta, ogni volta che la “licenza” ne contenda il trono.
La libertà è una disciplina, uno stile di vita – produce autostima e nutre il nostro desiderio di felicità. E’ un atto dovuto alle profonde ragioni del nostro cuore, una condizione senza la quale nulla può esistere. I suoi effetti sugli individui, sono molteplici e diversi, e tutti vertono al bene comune. La libertà è stimolante, immaginifica e creativa, terreno di coltura di ogni sentimento umano che aneli alla pace e alla solidarietà – incalza la passione che si fa vigore e volontà, coraggio e perseveranza – induce alla fede, proiettando l’uomo oltre i confini della vita terrena fin dento il mistero della morte, pacificando la sua anima. La Libertà è purezza e innocenza, conforto e speranza. Ed è armonia e bisbiglio, suono di flauto e preghiera, verità e certezza, dea e regina. Cura ogni dolore e ansia e smarrimento – danza sognante fra i fiori del ciliegio, si erge fiera sopra tempio di Athena, per poi planare giù, sui fiumi e le foreste, fino ad inerpicarsi sulle vette innevate, immacolate come la sua bianca veste di seta.
La libertà è una femmina innamorata che può soddisfare ogni nostro bisogno e desiderio, a patto che la si protegga, la si difenda dall’acre fetore della menzogna e dalle lusinghe del potere.
La libertà non è una meta, è un viaggio. Non è domani, è ora. La libertà non è una dipendenza, ma una presa di coscienza. Libertà è ciò che vuoi essere, e non quello che hai.
L’individuo autenticamente libero è dotato di solida volontà, consapevolezza e di un’indipendenza mentale eccezionale, che gli deriva da un ossessivo bisogno di verità e di giustizia – quell’onestà intellettuale e capacità critica in grado di trasformare i propri ragionamenti o intuizioni in conclusioni realistiche. La libertà è un atto di umiltà – un processo di bonifica interiore che ci svincola dai pregiudizi, conformismi, dipendenze e debolezze, per poi condurci all’essenza delle cose.
Può esistere libertà senza regole condivise, senza valori, principi etici, e l’ottemperanza di tutti alla legge?
Che tipo di libertà è, quella in cui i deboli non ottengono giustizia e ai criminali del potere è concessa ogni attenuante, ogni scappatoia, ogni patteggiamento?
È libertà l’aria che respiriamo nelle nostre città, e il concentrato di sostanze tossiche e cancerogene disperse nelle acque dei nostri fiumi, laghi, mari e falde?
È libertà questa patetica subdola cultura dell’apparire – l’appiattimento omologante indotto dai programmi televisivi, sponsorizzati da piazzisti senza scrupoli e dai servi del Sistema?
È forse libertà, tutta quella pubblicità cialtrona e menzognera, che si scaraventa senza bussare dentro le nostre case, a ogni ora del giorno e della notte, condita e resa piccante da uno stuolo di baldracche in carriera, suadenti sirene che ci invitano ad acquistare consumare merce di nessun conto, senza un reale motivo, bisogno e necessità?
È libertà quell’infinità di prodotti manipolati e di nessuna qualità, dopati, pompati e contraffatti che troviamo sugli scaffali dei supermercati e che giornalmente, ingurgitiamo per sopravvivere al peggio?
È libertà la clonazione, la manipolazione, la selvaggia e riluttante pornografia, il traffico di organi, la chirurgia estetica, la pedofilia in rete, il vertiginoso tasso di prostituzione minorile, le morti del sabato sera, l’alcolismo dilagante, la droga sintetica, la depressione imperante, gli stati di panico e l’angoscia esistenziale dei nostri ragazzi?
È libertà, la carneficina di tutte quelle specie animali e vegetali, che ogni quarto d’ora scompaiono dal nostro pianeta, in forma direttamente proporzionale al numero di scoperte scientifiche?
Che significato daranno domani i nostri figli al concetto di libertà, quando gli stessi padri sono privi dei reali parametri di riferimento, necessari e indispensabili, al fine di giungere, a conclusioni di stampo etico, morale e di vera civiltà?
Il relativismo culturale che le nuove generazioni erediteranno è la più grande sciagura nella storia dell’umanità. Crederanno davvero che l’inquinamento delle nostre acque e del territorio sia il risultato del progresso, e che le bombe intelligenti fatte esplodere sulla testa di persone innocenti, sia la giusta, sola e unica condizione per preservare e consolidare la libertà di tutti? Che il traffico di organi, l’uso di droghe sintetiche, gli abusi sistematici sui minori, la prostituzione dilagante, siano semplicemente i normali e logici effetti collaterali (male fisiologico) di quella medicina (la libertà) in assenza della quale le nostre società sarebbero in preda all’anarchia più totale; il prezzo da pagare per essere liberi? Crederanno davvero che la propaganda populista e mediatica di prodotti inutili, inefficaci e dannosi, rientri nelle logiche di una società libera, e che il lordume morale di cui trasudano i programmi televisivi, sia la connotazione (nel bene o nel male) del diritto alla libertà di informazione?
Oggi, lo slogan della libertà, è l’ultimo rifugio del populismo e della demagogia di politici malfattori, legati a doppio nodo con potere finanziario, economico e criminale. Sono i grigi e deprimenti personaggi del sottobosco culturale, assurti al rango di “Grandi Diseducatori”. Sono i commercianti della comunicazione che ha dispensato alle società, ignoranza, qualunquismo e miseria morale.
Per l’individuo moderno, la libertà si esprime nell’esasperata necessità di rimuovere dentro e fuori di se, tutto ciò che di scomodo e incomprensibile (sia sul piano culturale che emotivo) tormenta la sua mente infantile. Per raggiungere un tale scopo, fa uso di tutti i mezzi e i modi possibili, surclassando ogni limite etico e deontologico.
È questa la libertà che erediterà Sofia, la mia piccola, e tutti i bambini del mondo?
È forse libertà, tutta quella lunga lista di infinite e vergognose patologie, figlie maledette di quel sistema necrofilo, che ha riversato sull’epidermide sociale le scorie tossiche e insanguinate del suo processo produttivo?
È libera, quella Chiesa, che assiste muta a un tale scempio e fa affari di ogni genere con il potere politico ed economico, appartata nei suoi comodi salotti, intenta a rotolarsi fra i fetidi escrementi dell’ozio e del privilegio? No, non esiste schiavitù peggiore di questa libertà.
Al grido di: “Libertà, libertà”, uomini e donne di tutte le nazioni, si sono battuti e sono morti, contro la schiavitù e per l’indipendenza, contro il razzismo e per i naturali diritti umani, contro l’invasore, per l’autodeterminazione dei popoli. E non erano potenti altolocati o intraprendenti finanzieri, ma i rappresentanti degli strati più umili e indifesi della società. Il loro sacrificio ha sradicato e divelto le ataviche ingiustizie di un potere dominante, dove l’interesse particolare di corporazioni e consorterie si era sovrapposto all’interesse comune. Tali conquiste restituivano dignità all’uomo e assicuravano un futuro di civiltà alle nuove generazioni.
Chi ha memoria di tutto questo, oggi? Quale significato assume la parola “libertà” per i nostri giovani, sedotti e abbandonati dalla bestia liberista? Hanno compreso la differenza che esiste, tra libertà e licenza, loro, le vittime inconsapevoli immolate sull’altare del consumismo imperante?
La libertà deve fare i conti con la dignità, che le società moderne, alla luce dei fatti, considerano un optional di alcun interesse pratico. Libertà non può prescindere mai dalla giustizia e viceversa; sono inseparabili e complementari, e condividono un solo cuore e una sola anima.
La libertà è una meta. Una sconfinata e ineludibile passione che scava nel più profondo di noi stessi, ci lacera e ci travolge, ci innalza e ci inabissa, ci libera e ci incatena per poi farci emergere stremati, fra le limpide acque di quel delta infinito che è la nostra la consapevolezza.
“Quella che oggi chiamate libertà, è la più forte di queste catene, benché i suoi anelli vi abbaglino, scintillando al sole” – Gibran
Gianni Tirelli http://www.oltrelacoltre.com/?p=16680
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