Ogni domenica mattina la famiglia Cataratta al completo si affaccia dal balcone della prima stanza e osserva il passeggio sul Decumano Superiore.
Le due streghe vengono immediatamente rapite dal lento procedere di Ciruzzo detto Asía, figura mitologica di quartiere il cui compito è quello di trasportare, su due passeggini sfondati, le buste della munnezza che la gente gli getta dal balcone, insieme a una moneta da 50 centesimi. Si dice che qualcuno in gran segreto stia cercando di insegnargli anche a differenziare i rifiuti, ma a Ciruzzo Asía la raccolta piace così, casuale e selvaggia.
I coniugi Cataratta invece guardano con gran ammirazione le orde di turisti che, impavidi e incoscienti, trascinano per i vicoli di Napoli tutta la loro figliolanza. Bambini di ogni età che saltellano come caprioli incuranti del pericolo tra i motorini in controsenso, mentre i genitori, nasi al cielo e macchine fotografiche penzolanti, osservano le nostre beltà. Ogni tanto ci verrebbe voglia di urlargli di fare attenzione. Cose tipo: "Ehi voi, i vostri neonati sono saltati giù dal marsupio e tentano la scalata del sampietrino". Oppure: " Ma 15 gradi non vi sembrano un po' pochini per indossare sandali e braghe corte?"
In realtà i nostri commenti nascondono un pizzico di profonda invidia per la loro capacità di gestire con leggerezza un'intera famiglia in giro per il mondo. Eh sí perché da quando siamo diventati doppi i nostri viaggi sono sempre state fughe d'amore, con le bambine lasciate sapientemente alle nonne.
Quest'anno abbiamo deciso che era giunto il momento di lanciare le figlie per il mondo e di riappropriarci di quella libertà di migrazione che ci ha reso quello che siamo. La scelta della destinazione è stata resa facile da una coppia di amici, Glenda&Vincenzo, felicemente senza figli e grandi viaggiatori, che ha deciso di accompagnarci in questa prima esperienza europea. Gli amici, entusiasti, si sono immediatamente gettati a capofitto nella ricerca di una meta che accontentasse tutti i gusti e le esigenze: la scelta è ricaduta su un tour in auto di Belgio e Normandia.
Siamo approdati a Bruges, dopo un volo aereo di due ore e mezza, durante le quali Egle ha dormito spalmata su di me, mentre Matilde leggeva, giocava con l'iPad, guardava dal finestrino le nuvole, chiedeva chi fosse il comandante e si sgranchiva anche le gambe, con i sapienti gesti di chi ha il mondo come casa. Io come al solito ho combattuto contro una crisi di panico durante il decollo, per poi piombare in un coma profondo.Viaggiare con i bambini non è cosa semplice e lo abbiamo scoperto ben presto. È necessario essere tempestivi a gestire capricci improvvisi e immotivati, morsi della fame, attacchi di noia, desideri distruttivi, gole arse, cacche improbabili. Non vi dico nemmeno la quantita di roba che ho dovuto stipare in borsa.
Dopo aver preso possesso di un appartamento centralissimo e dal vago sapore shabby chic, provati dal lungo viaggio e affamati siamo scesi in strada a cercare cibo. Siamo approdati in un ristorante thailandese (l'unico con le cucine ancora aperte), chicchissimo e silenziosissimo, con le orchidee poggiate anche sulla tazza del cesso, che ci ha accolto, suo malgrado, in tutta la nostra italiota rumorosità. Egle ha dato il meglio di sé, spingendo, senza pudore alcuno, il passeggino tra le tavole apparecchiate con tanto di bicchieri di cristallo. Per fortuna, gli unici avventori del locale erano due uomini che, per la serietà con cui assaggiavano le numerose portate, mi puzzavano di recensori da guide gastronomiche (perché c'è gente che compra le guide gastronomiche).Ma a Bruges le campane suonano Yann Thiersenn, come si fa a non amarla?