Magazine Lifestyle

Le cinque fasi del dolore ovvero come io sono sopravvissuta ad una rottura

Creato il 17 dicembre 2013 da Siboney2046 @siboney2046

Espiazione

«È un tempo abbastanza lungo, anche se non sufficiente. E alla fine, se ci pensi obiettivamente te la sei cavata bene: non ti sei lasciata andare e non ti sei pianta addosso, non hai fatto la vittima. Puoi essere orgogliosa di te e quando ti passerà del tutto vedrai che ti sarà servito e che sarai più forte. Secondo me è importante che tu sia consapevole che sei stata grande!»

A pensarci bene con amiche come le mie che ti dicono cose come questa e che ti aprono le porte di casa alle undici di sera solo per consolarti un po’, con una tisana ed un abbraccio, è decisamente facile sentirsi più forti. Ma la forza d’animo non è una dote innata, va coltivata e fatta crescere. Non sono solita parlare di cose personali in questo spazio, ma sento che è arrivato il momento di affrontare il discorso, non solo attraverso perifrasi, consigli o moniti, ho pensato, anzi, ho percepito, che è il momento di mettere a nudo qualcosa di decisamente significativo che molto mi ha cambiato e mi ha conferito una forza interiore che non sapevo di avere. Quando sei mesi fa il mio fidanzato (o, come diciamo noi veneti, moroso) mi ha lasciata, non mi sarei mai immaginata che sarei riuscita a prenderla così “bene”. Sono sempre stata un’Antigone che fa tragedie ad ogni angolo, che si straccia le vesti disperata se qualcosa non segue il corso che mi ero augurata, una giovane e drammatica Werther, insomma. Quando dopo quattro anni mi sono sentita dire «ti voglio bene, ma non abbastanza per amarti» non è stato facile, come non lo è per nessuno.

La mia relazione è stata caratterizzata fin dal primo momento da situazioni piuttosto complicate, decisamente critiche, che hanno minato le fondamenta del futuro e anche se eravamo stati in grado di superare veri abissi emotivi e reali, le nostre prospettive erano divergenti: io pensavo che ormai potevamo superare tutto, lui sentiva che eravamo al capolinea. Quando un uomo che ami ti lascia perché non ti ama più, e solo per questo, hai ben poco a cui appigliarti, non puoi che incassare ed andare avanti, esattamente quello che ho cercato di fare io. Ma confesso che non è stato facile, che ho dovuto riversare ogni singola goccia delle mie energie per superare questi mesi; ho dovuto aspettare che l’immenso quadro di noi dipinto nel mio cuore e nella mia mente svanisse un po’ alla volta, come sta facendo adesso.

Elisabeth Kübler-Ross elaborò nel 1970 la teoria delle cinque fasi del dolore, più tecnicamente nota come le cinque fasi di elaborazione del lutto. Anche la fine di un amore è un lutto: è il termine di una fase di vita, di una parte importante di condivisione che determina e condiziona la nostra parte più intima. La psichiatra svizzera teorizzò l’esistenza di cinque fasi (e non di stadi, perché non si tratta di un percorso consequenziale quanto più di una serie di momenti che si succedono a fasi alterne, ripetendosi anche più volte) attraverso cui un soggetto che subisce un lutto, fisico o ideologico, deve passare per superare la sua condizione di dolore. Questo è quello che ho vissuto anch’io.

1. Negazione.

marie antoinette

Per gran parte di questi sei mesi ho continuato a pensare, a credere, ad essere fermamente convinta che non era vero, non era vero che non era innamorato di me, era semplicemente in crisi. Del resto era già successo, due anni fa, e poi era tornato perché gli mancavo io, non la nostra storia, proprio io. Forte di questa certezza e della convinzione che fossimo fatti l’una per l’altro ho pazientemente atteso che tornasse in sé e da me. Non è successo. La fase del rifiuto è la parte che fa stare più male perché induce a sperare in situazioni che non sono palesemente realizzabili: i miei occhi non vedevano come stavano le cose, vedevano solo quello che volevano vedere. Non vedevo che non mi amava, vedevo solo che viveva un momento di difficoltà personale e che aveva bisogno del tempo per riflettere. Una persona che viene lasciata da chi ama difficilmente è razionale, io non lo ero. Non potevo, non volevo, credere che lui non provava altro che affetto per me. Ci è voluto moltissimo tempo per realizzare come stavano le cose; solo ora, dopo molto tempo e dopo molti autoconvincimenti, riesco a vedere lucidamente che non si può immaginare amore laddove non ce n’è.

2. Rabbia.

black swan

Poiché ci eravamo lasciati nel modo più civile ed affettuoso che ci si possa immaginare, era impossibile per me provare rabbia. I primi mesi sono stati contraddistinti da un cocktail di tiepida rassegnazione e bruciante amarezza. Quando però ho saputo che stava con un’altra, già pochissimo tempo dopo avermi lasciato, sono scoppiate rabbia, indignazione e frustrazione. Come poteva avermi già dimenticata se ero stata così importante per lui? Come poteva avermi sostituito così velocemente? Come poteva essere andato avanti senza di me? L’irrazionale rabbia nei suoi confronti mi ha profondamente scosso, mi ha dato quel colpo di coda necessario ad aprire gli occhi e ha capire che potevo continuare a negare quanto volevo la realtà ma questa non sarebbe certo cambiata grazie alla mia ostinazione. La rabbia è stata la svolta, il turning point del mio romanzo.

3. Contrattazione.

in the mood for love

La contrattazione nel mio caso ha accompagnato la negazione. Pensavo che se avessi accettato la situazione passivamente, che se gli avessi lasciato il tempo necessario a sciogliere le sue questioni irrisolte, se avessi atteso un tempo sufficiente a far passare la bufera, lui sarebbe tornato da me. “Io continuo a fare la mia vita, ma comunque lo aspetto; se mi mostro comprensiva capirà e tornerà”: non funziona così. Non si può contrattare in queste situazioni poiché non c’è alcunché da contrattare; siamo messi davanti ad un fatto compiuto e nessuna condizione che suggeriamo potrà cambiarlo.

4. Depressione.

lanterne rosse

Inaspettatamente appena avuta la “notizia” non sono stata così male come mi aspettavo dalla mia indole lirica: l’ho presa piuttosto bene e ho continuato a fare le mie cose, a portare avanti i miei progetti, a coinvolgermi in molti impegni. Poi un giorno il dolore è scoppiato ed ho iniziato a piangere, per ore, per giorni. Ho smesso di mangiare, ho perso cinque chili di dolore in una sola settimana che non ho più ripreso. Mi piace pensare che con quei chili se n’è andato anche il lato più oscuro di questa storia. Mi sono completamente svuotata, un po’ alla volta, un giorno alla volta, per mesi. Ho cercato di occupare ogni singolo minuto dei miei giorni in modo da non poter pensare, nonostante il senso di tristezza mi attanagliasse. Ho consumato le lacrime e la depressione finché non ho trovato più dolore da provare in me, fino a quando non mi sono sentita prosciugata.

5. Accettazione.

a single man

Alla fine arriva inevitabilmente il momento in cui ci si dà per vinti, si smette di sperare, si smette di essere arrabbiati, non si soffre più. Un giorno ho capito che l’ultimo capitolo della nostra storia era ormai stato scritto, che la parola “fine”troneggiava dopo l’ultimo punto: era il momento di andare avanti ed iniziare un nuovo libro, quel libro che sto vivendo ora, da sola, ma inesplicabilmente più forte. Ora che ho accettato, che ho capito la sottile differenza tra tenere una mano e incatenare un’anima, mi sento più forte, mi sento in grado di sopportare tutto. I can really endure.

C’è stato un momento in cui ho desiderato con tutto il cuore cancellare ogni singolo ricordo di noi, perché i ricordi mi facevano stare male ma al contempo erano un’ancora di salvezza in mezzo al dolore della perdita, una comfort zone in cui rifugiarmi quando ero troppo debole per dimenticare, quando ricordare anche con sofferenza rappresentava una masochistica consolazione. Ma il passato non si può cancellare, non si deve cancellare. «Beati gli smemorati che avranno la meglio anche sui loro errori»: io non voglio dimenticare quanto di bello e di brutto c’è stato fra noi, voglio solo superarlo, voglio che resti una memoria del passato perché quello che c’è stato mi ha portato ad essere la persona che sono oggi e che sono felice di essere, anche se non sono perfetta. Oggi sono abbastanza forte per non pensare più a lui, per non sentire la sua mancanza, per non avere paura di un futuro in cui non ci sarà. Nel mio futuro ci sono solo io, ci sono le persone che mi sono state vicine in questi mesi e c’è tutto quello che deve accadere. Non so se ogni cosa avviene per qualche ragione, ma di sicuro quello che accade condiziona tutto. A causa di questo evento che per me è stato drammatico ho intrapreso percorsi che molto probabilmente stando con lui non avrei mai iniziato e così ho conosciuto persone meravigliose, ho vissuto momenti divertenti, ho consolidato rapporti già solidi ma ora indistruttibili, ho riscoperto una gioia diversa di vivere. La vita mi ha sorpreso così spesso in questi sei mesi che mi sento di dire che sto vivendo un nuovo inizio.

An end can be a start.

grease


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :