05.12.15
Città di luce, la prima impressione ad accoglierci sul Tago, all'Alfama, è il sole abbagliante di Lisbona. Altro balcone sull'Atlantico, altro occaso dirimpettaio di quello magrebino.
A Lisbona ognuno è moltitudine più che altrove. Per alchimia letteraria in questo athanor fatto di luce brucia ancora l'anima di Fernando Pessoa, Bernardo Soares, Ricardo Reis, Alberto Caeiro, Alvaro De Campos, Alexander Search e chissà quant'altri. Qui la moltitudine alberga nel profondo di ciascuno.
Città sul mare con un continente alle spalle e un infinito di promesse da esplorare. Balcone del tramonto, non c'è che da inseguire il sole per vedere dove va a morire. Quali terre illumina di là dall'orizzonte?
Sette colli, ben più irti di quelli romani. Salite e discese ripide che mettono alla prova le gambe, curve repentine quanto basta per disorientare. Come ha forgiato il carattere di chi vive qui questa morfologia urbana? Quale effetto ha questo rincorrersi di gobbe e valli sullo spirito degli abitanti di Lisbona? Quali umori muovono la fatica delle salite e la pericolosa facilità delle discese? Architetture dislivellate si adeguano all'irrequieto temperamento del terreno.
Panni stesi sui balconi evocano azulejos, un'intimità esposta che racconta vite, odori, colori. Qui l'intimità non ama stare chiusa in casa.
Un continente alle spalle spinge Lisbona a ridosso del mare, prossima a caderci dentro. Lisbona è una città di mare o sul mare? Le città di mare sono una condizione dell'anima, le città sul mare si affacciano sul mare e spesso hanno impressi nella memoria i pericoli che vengono dal mare. Lisbona è una città sul mare che non teme invasioni, nessuna minaccia può venire dall'oceano ignoto. Per Lisbona l'ignoto mare non è foriero di pericoli ma di scoperte. Come fa la moltitudine di Lisbona a nascondersi il timore che oltre l'orizzonte non ci sia nulla? Cosa cela la spavalderia dei navigatori?
06.12.15
Avvolta nella nebbia fino a mezzogiorno. La nebbia dissolve per poche ore, giusto il tempo perché la luce costruisca il Mosteiro dos Jeronimos.
Poi la nebbia si riprende la città. Una nebbia fitta, densa, pesante, che bagna il viso. Un filo di timidezza che vela la colorata sfacciataggine di Lisbona per almeno un giorno. La luce si mostra per via negationis, come in quella teologia che fa derivare la necessaria presenza di Dio dalla sua assenza.
Qui il terremoto ha lasciato tracce ancora vive. Al Convento do Carmo la ferita è rimasta aperta per dimostrare la ricostruzione di tutti gli altri monumenti.Voltaire qui scopre l'irragionevolezza della storia, qui capisce il senso doloroso e ridicolo della ragione, la sua caducità che pure vuole fare da bastione all'esistenza.
Un popolo che inventa il fado è un popolo che ha bisogno di piangere, di farsi cullare dal dolore del fato. Dal fato non si fugge, per questo la fuga qui diventa esplorazione e i più grandi fuggitivi furono navigatori. Quando l'epoca delle esplorazioni geografiche terminò cominciò l'epoca dell'esplorazione delle anime. L'epoca che ha Pessoa e Saramago tra i più grandi esploratori.
07.12.15
Alla stazione per Sintra i treni hanno un "destino". Potenza della lingua. Da noi la destinazione dei treni è un arrivo. Un arrivo non ha altro obiettivo che il raggiungimento di un posto. Un destino trascina con sé significati e venti che sfuggono al programmato compimento di una impresa. Un destino è apertura all'ignoto che resta sempre incompiuto, altrimenti sarebbe un discorso finito, chiuso, cui seguirebbe il desolante silenzio di una lingua morta.
Il fado canta il dolore nella speranza di ingannare il grande predatore. Impietosirlo forse... quale dolore vuoi infliggermi che io non abbia già sofferto? Da noi quel tentativo di raggirare il dolore evocandolo va cercato nella canzone tradizionale napoletana.
A Crono vorace
serviamo pasto di giorni.
Agnelli di pasque a venire,
allestiamo quotidiani olocausti
e resurrezioni sempre rimandate.
Il tram 28 ha voce di legno che scricchiola, di rotaie che sferragliano. Scappa dai quartieri dove è forte l'odore di povertà. Si lascia dietro scintille, sfiora i muri e le spalle della gente, scarta di lato repentino, come per scherzo.
Su questo tram viene naturale fare un gioco. Sentire i pensieri della gente, i loro desideri, le loro speranze. E' un esperimento pericoloso, è come essere al centro della tempesta con i venti che soffiano in tutte le direzioni. "Stasera tornerò a casa tardi, gli farò trovare la zuppa di cavoli ma ho poche patate e quelle che ho sono raggrinzite. Lo sapevo che avrei dovuto fare la spesa ma in ufficio mi hanno trattenuta..." Lei cammina con passo deciso, lui è un passo dietro, hanno appena litigato... Quei due camminano sottobraccio ma non sanno come dirsi che non si amano più come prima. Lei vorrebbe lasciarlo, lui ha già un'altra... "Domani mio figlio avrà un colloquio di lavoro, incrociamo le dita.", "Non so più come fare, ogni cura è inutile e io sono stanca...", "Sono innamorato e non so come dirglielo, scrivo una lettere, no, telefonerò ma se faccio scena muta come l'ultima volta...", "Sono quarant'anni che guido questi tram e quei due dietro attaccati alle balaustre esterne credono che io non mi sia accorto di loro. Farò finta di niente come la maggior parte delle volte e poi è divertente vedere come saltano giù a ogni fermata per riattaccarsi con un balzo alla partenza.", "Oggi è venuta poca gente, questa frutaria non rende la luce accesa per tutta la giornata. Se non fosse che me l'ha lasciata mio padre la venderei per mettere su un'altra attività...", "Non so se dirglielo, se lo sapesse soffrirebbe di più ma ha il diritto di saperlo...", "Domani se mi interroga farò scena muta ma non potevo studiare. Non la vedevo da quando si è trasferita e avevo troppe cose da dirle. Certe cose non si raccontano con le mail...". Quella signora va a messa, quella entra dal fruttivendolo, quel ragazzo non riesce a far partire il motorino, quel signore è troppo lento, perderà il tram e io corro dietro le loro vite e perdo la mia. Basta così, questo è un gioco mortale per eccesso di vita. E' un esperimento pericoloso vivere le vite che scorrono dai finestrini del 28 e poi siamo già al capolinea. Non si può contenere la vita degli altri troppo a lungo. Come faceva Pessoa a essere tutti? Pessoa si è fatto città. Visitare Lisbona è leggere Pessoa e viceversa.
08.12.15
Tre ragazzi parlano nel tram, mi arrivano poche parole della loro conversazione. "Mira", per dire guarda. "Non me encanta", per dire non mi piace. Certi significati viaggiano sulle parole significanti, altri si servono di tappeti volanti. Le lingue diventano ponti riccamente decorati quando portano significati da un paese all'altro, perché se restano in un paese solo perdono la loro ricchezza e mira non richiama più lo stupore dell'ammirazione ma resta solo un nudo guardare, encanta perde il suo appello all'incanto e resta una parola per dire che una cosa piace o no, semplicemente.