(Ride in the Whirlwind)
Regia di Monte Hellman
con Cameron Mitchell (Vern), Jack Nicholson (Wes), Millie Perkins (Abigail), George Mitchell (Evan), Tom Filer (Otis), Katherine Squire (Catherine), Harry Dean Stanton (Dick il guercio), John Hackett (Winslow), B. J. Merholz (Edgar), Rupert Crosse (Joe l’indiano), William A. Keller (Roy).
PAESE: USA 1966
GENERE: Western
DURATA: 84’
Tre onesti cowboy vengono scambiati per i membri di una banda di rapinatori. Inseguiti dai vigilantes, riparano in casa di una famigliola di contadini, ma anche qui sono nuovamente costretti alla fuga…
Western atipico, “filosofico”, in cui azione e sparatorie contano meno dei momenti riflessivi e di quiete. Non mancano elementi politici in stile Peckinpah (per esempio, nel fatto che non ci sia alcuna differenza tra banditi e vigilantes), ma ciò che a Hellman preme raccontare è la solitudine umana, dettata dall’incomunicabilità che spinge i personaggi ad un vagabondaggio fisico quanto metafisico. Scritto da Nicholson, che si documentò minuziosamente leggendo i vecchi diari dei cowboy, è un western a basso costo che non somiglia a nient’altro, basato su una regia minimalista, ruvida ed essenziale che rifiuta l’epica tipica del genere e non si rifugia mai nell’ironia (che spesso nei western – in tutti i western, da Ford a Leone – veniva utilizzata per stemperare la violenza). Crepuscolare come molti altri western, ma anti retorico e anti spettacolare come pochi. Qua e la è un po’ noioso, e i personaggi avrebbero forse meritato un approfondimento psicologico migliore, ma, nonostante il netto rifiuto di qualsiasi catarsi, regala inaspettati momenti poetici. Girato in contemporanea con La sparatoria, ebbe una distribuzione travagliata e scarso successo commerciale, ma recentemente è stato citato da Tarantino e quindi riportato in auge.