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Le colonne di Emma.

Da Suddegenere

Le colonne di Emma.

Ho letto il secondo libro di Anna Pascuzzo, Le colonne di Emma (Altromondo ed., 2008), in una sera. L’ho trovato avvincente, con la dignità di romanzo storico e di formazione. “Vorrei raccontarvi la storia della donna che “non” sono stata…” Cosi’ inizia, ma l’intento dell’esordio in realtà è tradito dall’essenza stessa del libro, intriso com’è dall’impegno personale di una donna- la scrittrice- sempre attenta ai destini delle altre donne, al rispetto delle diversità, con lo sguardo appassionato ma al contempo lucido e critico.

E’ una storia che si dipana tra passato e presente, che va da madre in figlia, dall’impegno personale e politico di una donna a quello della donna di un’altra generazione, attraverso un passaggio di staffetta che altro non è se non l’emblema di un radicato attaccamento alla vita, l’amore in circolo direi. Le colonne di Emma, letto in un momento storico quale è il nostro, ha il sapore di un déjà vu e porta con sè quelle possibilità esistenziali, quella predisposizione all’ascolto ed alla comprensione, quel desiderio di ri-trovarsi con le “altre” che, assieme a tante altre tematiche affrontate, sono oggi piu’ che mai attuali. E’ un romanzo corale, perchè parla di “noi” e dà voce a tutte noi, ma al contempo la narrazione si dipana attraverso l’uso della prima persona.

Nella vita della giovane Emma fondamentale è l’incontro nel 1972 con un gruppo di donne, con le quali sperimenta la pratica dell’autocoscienza. L’iniziale sentimento di estraneità ed inadeguatezza sia rispetto alla diversità delle altre donne dal suo modo di di essere e vivere, sia rispetto ai temi trattati, genera invece a poco a poco consapevolezza e coscienza di sè: “…Ma tutto era cambiato.Incontrarle e conoscerle era stato come vivere una rivoluzione al mio interno, fra il mio “io”, quello che conosco bene e a volte tendo a nascondere agli altri e cio’ che invece gli altri vedono in me. Si, una vera e propria rivoluzione interiore che ha prodotto la mia piccolo rivoluzione esteriore…”.

Numerosi e complessi, nel romanzo, sono i riferimenti storici alla sessualità, alla teoria della differenza come recepita ed espressa in Italia, agli incontri tra gruppi di donne a livello nazionale, al concetto di “privato” come segregazione della donna a ruoli a lei assegnati tradizionalmente, al C.I.S.A. (centro d’Informazione sulla Sterilizzazione e sull’Aborto) al perchè nacque ed a come assistesse, in un periodo nel quale l’aborto era punito per legge, le donne che sceglievano di interrompere la gravidanza. “…Di fronte ai due o tre milioni di aborti clandestini annui, vissuti nella paura e nell’angoscia, oltrechè nel disagio finanziario e con grave pericolo di morte, la presa di coscienza del femminismo risponde con la costituzione del CISA per affrontare, o per lo meno impostare una possible ricerca e soluzione del problema… rappresentava uno strumento reale di conoscenza ed una sorta di guida alla libertà” .

Descrizioni storiche dettagliate e complesse inframezzate al racconto ed a sagaci considerazioni personali “…Immaginate cosa accadrebbe se i preti potessero restare “incinti”, beh, in tal casol’aborto sarebbe un sacramento!” .

Nella vita di Emma, a parte l’ impegno politico, un grande amore…la malattia e poi, la nascita di una figlia che crescerà da sola con lei.

La voce di Emma sfuma nelle pagine del suo diario, tesoro nelle mani della figlia. E ci ritroviamo  nel gennaio del 2006, in testa al corteo di Milano e assieme a Sandra, mentre prepara i volantini per la successiva manifestazione di febbraio a Napoli. Tornano forti e pressanti i temi dell’autodeterminazione, del diritto alla scelta, della laicità. Torna forte e pressante la voce di un’altra generazione di donne che parla di femminismo, che sente il bisogno di confrontarsi con le protagoniste della “Storia passata” e avverte l’esigenza di un linguaggio nuovo, moderno, chiaro e determinato, “capace di arrivare al cuore ancor prima che alla mente”.

Spunti di riflessione non privi di critiche, anche alle donne ed al femminismo. Si fa cenno, infatti, anche alla presenza delle donne nei partiti e alle modalità con le quali molte vi si barcamenano cercando piuttosto consensi maschili: “ …Quale donna, raggiunto il potere, si è, prima di tutto, adoperata a promuovere e “sponsorizzare” la politica delle donne e per le donne?Nessuna (o quasi)…”. Anna Pascuzzo parla del femminismo in Italia come “non udente”: “Paradossalmente cio’ che il femminismo non ascolta sono proprio le donne. Da alcuni anni le nuove generazioni parlano, ma le vecchie generazioni non ascoltano. Avvertono certamente un brusio, ma di quelle voci non conosacono i linguaggi, non distinguono le parole, le frasi, le domande.” Le giovani generazioni, che declinano il termine femminismo preferibilmente al plurale, negli ultimi anni-scrive- hanno parlato soprattutto la lingua del “movimento dei movimenti”, “cioè una mescolanza di dialetti diversi, legati a culture, a percorsi politici, a esperienze e a bisogni tra loro diversi”, fermo restando, sostiene, che alcune parole hanno significato e radice comune.

Quando conobbi le donne che mia madre stessa definiva, sorridendo, le “colonne portanti del femminismo”, mi guardarono come se avessi avuto in testa un paio di eliche (non so perchè pensai alle eliche quel giorno…)”. Cosi’ come, all’inizio del libro, ad Emma parvero matte le sue amiche quando le conobbe,  allo stesso modo le amiche ebbero quest’impressione di Sandra, la figlia.Il cerchio si chiude cosi’, anzi in realtà non si chiude affatto perchè la storia rimane aperta, in vista di un percorso comune di uomini e donne.

[Penso con tenerezza e gratitudine alla scrittrice e all’amica. Penso a Mum, Anna, Lucrezia e altre ancora. Le mie colonne.]


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