Le colpe dei padri è la mia prima lettura di Alessandro Perissinotto e devo che la candidatura al premio Strega 2013 è stata determinante per questa mia scelta.
Ho trovato un romanzo interessante in molti dei suoi aspetti: moderno, attuale e coinvolgente.
Il manager aziendale direttore della produzione nello stabilimento torinese di una multinazionale che ha molte cose in comune con la Fiat dei tempi passati e non solo, rappresenta un ottimo innesco per accendere un dibattito socio-politico.
Di una attualità fin troppo importante, Le colpe dei padri rischia di essere un esempio reale del modo attraverso il quale si prendono alcune decisioni che cambiano la vita di centinaia di persone.
L’impressione che viene alla mente leggendo la storia e facendo il parallelo tra gli anni delle contestazioni di piazza e quelli attuali, è che a volte possa mancare veramente poco perché qualche argine venga rotto.
C’é la sensazione che oggi i giovani subiscano senza reagire, forse più di quanto facessero i loro padri una volta e leggere questo libro poco dopo aver visto un documentario sulle lotte di classe degli anni settanta, quando c’erano i primi casi di sequestri-lampo dimostrativi nei confronti di direttori del personale di altri dirigenti aziendali, lascia non pochi pensieri.
Perissinotto in questo è stato bravo.
Un pochino più scontata, ad un certo punto, l’evolversi della vicenda con una sorta di classico rovesciato dove è il ricco e potente che scopre di non essere quello che sembra, aprendo in questo modo un gioco di ricordi e di ricerca della vere origini.
Tutto ciò alimenta buona parte del romanzo pur non rappresentando il nocciolo della storia, che a mio parere rimane indipendente dalle persone: sono più importanti le figure e i ruoli che i personaggi rappresentano, piuttosto che le persone vere e proprie.
Un errore a mio parere l’incipit:
Questa storia inizia con un pugno in faccia e finisce con un colpo di pistola, o viceversa, a seconda dell’ordine che vogliamo dare alle cose, perché l’ordine è solo una convenzione e il tempo, che sembra allineare gli eventi lungo sequenze immutabili, talvolta si ritorce su se stesso come legno di vite.
In ogni caso c’è un pugno, ben assestato, ma alla persona sbagliata.
E c’è un colpo di pistola, sparato verso la persona giusta, ammesso che esista qualcuno che davvero si merita un proiettile.
Questo colpo di pistola, citato all’inizio di tutto, finisce con il condizionare fin troppo il lettore, creando da un lato aspettative forse anche stimolanti, ma dall’altro svelando una parte importante che finisce con il togliere spazio e gusto della sorpresa in altri momenti.
Ovviamente parere personale.
Interessante invece la descrizione del protagonista e del suo stile di vita che fornisce grandi spunti sul vero valore della vita con l’eterna lotta tra essere e avere e tra ambizione e libertà.
Si legge in varie parti qualcosa di tutto ciò:
Non sono in pochi a ritenere che oggi il vero lusso sia quello dell’irreperibilità, dell’eclissi.
L’ingegner Marchisio infatti è ricco, è potente, ha tutto ciò che desidera, ma deve essere sempre reperibile, ha sempre un altro gradino da scalare, un altro capo da soddisfare e a cui rendere conto.
Ogni volta può essere l’ultimo, ma lo sarà davvero? Oppure la scalata continua in un gioco infinito?
Uno dei tanti spunti di riflessione che possono giustificare la lettura di questo libro.
Tempo di lettura: 6h 04m