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Le confessioni di Mia Martini: Padre davvero, la Spiritualità e altro….
Creato il 18 gennaio 2013 da PippoMia Martini una cantante, un’artista vera che non è scesa a compromessi. L’unica che , sin dagli inizi della sua carriera si permette di parlare e di affrontare nelle interviste rilasciate di qualunque argomento, anche quello della esperienza del carcere che le ha permesso di scoprire l’esistenza di Dio.
Voglio raccontare di un uomo meraviglioso, Don Fresi, un sacerdote eccezionale al quale devo se sono riuscita a superare quel triste periodo, ricavandone anche motivi validi per la mia rinascita. Don Fresi era un sacerdote povero. Di lui mi ricordo le mani screpolate dai geloni. Era povero, ma era ricco di umanità. Fu lui il primo ad essermi vicino quando, dopo il mio insano gesto, quando cioè tentai di farla finita con la vita ingoiando tutte le pastiglie di tranquillanti che avevo, ritornai a vivere. Seppe consolarmi, seppe trovare le parole giuste.
Quando apprese che ero una cantante mi chiese se avrei cantato per lui durante la Santa Messa. Lo accontentai e lui ne fu così felice che decisi di organizzare una cosa che lo avrebbe reso ancora più felice. Il suo cruccio era che la Messa in carcere riservata alle donne fosse sempre deserta, c’ero solo io: In carcere c’erano delle donne, ma nessuna che volesse ascoltare la Messa, accostarsi al confessionale. Io, con pazienza, riuscii a convincerne quattro a venire con me alla Messa. Le preparai anche al canto. Non dissi niente a Don Fresi, doveva essere anche per lui una sorpresa. E così fu: ricorderò sempre, quella mattina, il viso di Don Fresi quando vide che eravamo in cinque donne nella cappella del carcere. E poi, quando ci mettemmo a cantare tutte e cinque, noi povere cinque squallide, Don Fresi non resse alla commozione, si mise a piangere e, piangendo, cantò con noi. Povero Don Fresi, non lo dimenticherò mai.
Voglio anche rivelare il segreto delle quattro puntine luminose che appiccico al mio naso. Non l’ho mai raccontato a nessuno.
Quando, sempre nel carcere, riaprii gli occhi uscendo dal coma provocatomi dalle pastiglie di sonnifero, la prima cosa che vidi furono le grate della stanza, l’infermiera della prigione, dove mi avevano sistemata. Allora, per non vedere le grate, girai il capo e vidi, appoggiata allo stipite della porta, una donna. Era una donna giovane e bellissima, era indiana, e sul suo naso brillavano quattro punti. A me quella donna, soprattutto quei piccoli quattro punti che brillavano, che vedevo subito dopo aver visto una grata, diedero la sensazione della libertà. Ecco perché adesso li porto sempre.
Un’ultima cosa vorrei chiarire. E’ stato scritto più volte che la canzone Padre davvero, il mio primo successo come Mia Martini, l’abbia volutamente scelta per accusare mio padre, per rimproverargli il suo poco affetto nei miei confronti. Non è vero. L’ho già detto e lo ripeto:io contro mio padre non ho assolutamente nulla. La canzone, di Pintucci e De Santis, mi venne proposta e io la accettai senza pensare minimamente che potesse provocare questa diceria. Padre davvero era stata scritta dagli autori già da molti mesi e non mi conoscevano neppure.
Mia Martini in un memoriale 1972
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