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Elisabeth Badinter filosofa francese e nota teorica del femminismo ha colpito ancora: nel 2010 in Francia è stato pubblicato il suo nuovo saggio “Le conflit. La femme et la mère” che ha fatto molto discutere. In breve la filosofa esplora a suo modo la profonda crisi d’identità della donna contemporanea combattuta tra il desiderio di maternità e la voglia di realizzarsi professionalmente arrivando alla conclusione che in futuro il modello femminile predominante sarà quello delle donne senza figli; donne felici e trionfanti che guarderanno dall’alto in basso le loro consimili che volevano tutto: bambini, carriera, coppia.
Queste donne definite Childfree o childless sono donne totalmente nuove che rivoluzionano la figura della donna imponendo al mondo femminile una novità potentissima: quella di non avere figli e così facendo prefigurano un nuovo stile di vita pienamente realizzato e una nuova relazione di coppia. Una vera e propria nuova identità femminile che non si definisce attraverso la maternità e che obbliga la società intera a rivedere il punto di vista sulle donne e sulla loro nuova libertà di gestione. Ovvio che questo modello mette in discussione la matrice cardine della femminilità quella fertilità che produce figli e che con questa teoria viene certamente negata, ma secondo la Badinter attualmente è l’unica strada percorribile per un affrancamento dalla dipendenza dal maschio.
E’ noto come le teorie della Badinter siano suffragate da “ricerche sul campo” e anche in questo caso la filosofa dice di aver studiato attentamente il problema e di aver ascoltato a tal riguardo molte donne trovando riscontro proprio nelle loro parole quello che già da tempo lei pensava. Le childfree – secondo la Badinter – sono le prime donne nella storia dell’umanità a riflettere seriamente sulle implicazioni e le conseguenze della maternità arrivando alla decisione di astenersi da avere un figlio. Questo schema non è affatto pericoloso da quello che si legge nel testo, più pericoloso invece appare l’assioma della società che trova normale la donna che accetta supinamente di fare un figlio senza poi poter prestare adeguatamente le proprie cure. Ciò comporta sofferenza e stravolgimento nella stabilità emotiva della donna, dal momento che la stessa nella gioia effimera di un figlio, non si accorge di come la società da questo momento in poi tratterà la donna come paria: malvista sul lavoro, socialmente invisibili piene come sono dei loro problemi familiari. Ancora una volta ciò è supportato dalla realtà che circonda la Badinter: “non a caso oggi molte giovani donne, vedendo le amiche trasformarsi in mamme al cento per cento, schiave del bebé, cambiano idea e decidono di aspettare. Ecco la contraddizione: tutto le spinge a desiderare un figlio, ma razionalmente sanno che è una trappola”.
In conclusione, secondo Badinter, è proprio questa la strada del nuovo discorso femminista: raggiunto tutto quello che la donna poteva ottenere attraverso la legislazione, oggi si trova a dover impostare un cambio di mentalità soprattutto nella sfera del privato e andare nella direzione della piena realizzazione escludendo quella che fino ad oggi era considerata la propria caratteristica principale, ovvero la maternità. Uscire dall’infelicità femminile significa non pensare ad una mediazione tra madre perfetta e realizzazione professionale; far cadere quel tabù di madre perfetta imposto dalla società che per secoli ha condizionato l’azione della donna “allattare a tempo indefinito, non affidare il bambino ad una baby sitter, accettare un lavoro part-time per seguirlo nel quotidiano, insomma mettersi al suo servizio, non vedo come una donna possa trovare il tempo per realizzare altre aspirazioni. Indipendenza e parità non si costruiscono con le leggi: sappiamo che la radice delle diseguaglianze non è sul posto di lavoro ma in ambito domestico. Le quote rosa non hanno mai intaccato le differenze, meno che mai le disparità di stipendio”.
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