A distanza di dieci anni dalla sua uscita rivedere l’opera seconda del regista premio Oscar per La grande bellezza Paolo Sorrentino significa compiere un viaggio nel tempo e scoprire che nulla in realtà è mutato. Il regista napoletano, che impressionò la critica col suo lungometraggio d’esordio L’uomo in più, mostra fin da subito talento nell’usare il mezzo/arte, non soltanto per raccontare una storia. Muove la macchina da presa con eleganza, precisione, coerenza ed efficacia, un lavoro dinamico che coinvolge lo spettatore.
Le conseguenze dell’amore è un film claustrofobico, come l’albergo svizzero sede delle giornate monotone di Titta di Girolamo. C’è un senso di morte che pervade la vita del protagonista oramai condizionata dagli altri. Lui ora deve pagare le conseguenze dei peccati commessi in passato ma nel frattempo si concede di svestirsi dalla scorza granitica di uomo scontroso e burbero abbracciando l’idea dell’amore fisico nei confronti della barista Sofia (Olivia Magnani). Storia d’amore tratteggiata con una delicatezza ed una raffinatezza inusuale.
La splendida fotografia di Bigazzi e le musiche costruiscono pezzo per pezzo un prezioso carrello di personaggi che si muovono attorno a Di Girolamo. Tra valigie di soldi, dosi settimanali di eroina e lavaggi annuali del sangue si consuma la vita del protagonista, stanco di essere una marionetta. Un Toni Servillo che, con tutte le difficoltà nel portare un personaggio che sembra scritto per la letteratura al cinema, riesce a riempire pacatamente gli spazi dei corridoi dell’albergo con carisma ed espressività d’altri tempi.