Le considerazioni di un giovane aspirante contadino
Da decenni ormai le scuole agrarie e le università veicolano
nozioni o fanno ricerche che riguardano solo i metodi dell’agricoltura
convenzionale, contribuendo a creare un vuoto formativo che non dà spazio ad
altri tipi di agricoltura a cui pian piano gli agricoltori più sensibili
sembrano interessarsi.
Ridurre l’uso della chimica nelle nostre campagne è
possibile e con il sostegno dei cittadini si può agire difendendo, da una parte
il reddito degli agricoltori, dall’altra il suolo agricolo e i paesaggi rurali.
Un’altra agricoltura è possibile, più laica e libera dalle
influenze dei settori commerciali che ci propongono soluzioni semplici e spesso
costose, per problemi agronomici che una volta venivano affrontati con grande
rispetto per la terra e la sua fertilità.
Bisogna fermare il processo della perdita della fertilità
del terreno soprattutto là dove si sono insediate le monocolture.
Già oggi noi abbiamo zone con fenomeni di desertificazione,
dovuti alla perdita di humus del terreno e alla lisciviazione delle argille
migliori.
La formazione di humus è legata alla sostanza organica presente
nel terreno e noi possiamo cercare di migliorare situazioni ormai compromesse
solo con l’apporto costante di letame o con sovesci di graminacee e leguminose.
Chilometri di terreni arati durante l’inverno, danno lo
spunto per farci riflettere su tecniche agronomiche che si supportano solo con
l’uso di concimi chimici e di arature profonde.
In realtà, il terreno si ricopre spontaneamente di erbe e
noi dobbiamo cercare di lavorarne gli strati più superficiali, con tecniche che
si avvantaggiano per esempio dell’uso dei sovesci là dove manca quello che era
il fertilizzante naturale per eccellenza, il letame maturo.
Non esistono pratiche agronomiche valide per tutti e nelle
medesime situazioni: solo l’esperienza e la sperimentazione portano a buoni risultati.
Il terreno va sempre mantenuto coperto e inerbito.
Occorre imparare ad usare consociazioni di cereali e leguminose,
le quali prenderanno il sopravvento una volta raccolta la coltura principale e
potranno servire da pascolo o sovescio per quella successiva.
Così come è importante l’utilizzo della trasemina (bulatura)
di trifogli nell’orzo e nel frumento (come si faceva una volta) che può
avvantaggiarsi di una copertura erbosa e quindi richiedere un minor uso d’acqua
d’irrigazione.
Il trifoglio può essere seminato a spaglio prima dell’ultima
sarchiatura.
Anche gli erbai di sorgo sudanese, seminati in estate per
essere trinciati più volte, possono svolgere un’azione benefica per il terreno,
visto il loro facile accrescimento e possono in seguito essere interrati con
erpice a disco, prima della successiva semina su sodo.
Infine un’altra possibile soluzione è rappresentata dalla
consociazione di orzo e pisello che, giungendo a maturazione insieme, possono
essere trebbiati nello stesso momento.
Nel caso dell’interramento di un sovescio con l’aratura è
necessario lasciar passare almeno due settimane prima della semina perché si
può creare una situazione di deficit di ossigeno per la nuova pianta che
nascerà.
Semina a spaglio di un miscuglio di graminacee e leguminose
e poi erpicatura a dischi, tenendo conto che le graminacee contengono più
carbonio e le leguminose più azoto.
Altro consiglio utile è ricordarsi di mettere da parte un
quantitativo di semi alla raccolta dei cereali, da poter riutilizzare
nell’annata seguente, conservando dove è possibile il seme che useremo nei sovesci
(per es. il trifoglio si sfalcia, si fa seccare, si mette in andana e poi si
trebbia).
L’altro relatore, Ottavio Rube, ha raccontato l’esperienza
di Valli Unite.
Si potrebbe cominciare a mettere insieme le vigne e a costruire
una stalla per avere il concime organico per ingrassare i campi e le vigne.
Tutto come una volta, ma con sempre più convinzione che l’agricoltura coem la
facevano i nostri bisnonni è una base di partenza per una ricerca che si chiama
decrescita e riduzione dell'impatto sulla natura.
Invece della specializzazione agricola dare da subito
priorità all’agricoltura multifunzionale, via via il più possibile autonoma e
indipendente dai contributi erogati dalle istituzioni, come l’Unione Europea,
che privilegiano ancora oggi un modello di agricoltura intensiva. Questo permetterà
negli anni una certa solidità economica, che non verrà a mancare nei momenti di
forte crisi economica generale.
Nel corso del tempo, grazie al continuo afflusso di persone
interessate a questa attività si potranno aprire uno spaccio di vendita
diretta, un agriturismo e un “agricampeggio”, con l’intento di favorire un
turismo responsabile e portatore di relazioni sociali creative e appaganti.
Luigi Miglio (aspirante contadino)
Magazine Ecologia e Ambiente
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