Magazine Coppia
Da oggi ho una vera scrivania su cui lavorare e ora sto seduta finalmente comoda su una poltrona ergonomica e stabile.
Anche il mio Buddha da oggi è stabile, all’altezza giusta, il tavolinetto di bambù e la campana grande, dal suono ampio, grave, come la mia voce, e fiori e rami di eucalipto ai lati.
Il letto è ora rivolto verso il punto cardinale giusto, così il sangue circola meglio, le idee fluiscono e i sogni, forse, si faranno vita vera, la mia. Profuma di paglia e di riso il mio tatami e il futon è quello giusto per la mia schiena, quello giusto per rotolarcisi sopra e farci tutte le cose che mi piacciono tanto. Il Feng Shui raccomanda che nessuno specchio rifletta mai il letto, si rischia il tradimento, che la coppia raddoppi. L’ho fatto per vent’anni, come una cretina e non è servito a niente, oggi ne ho appesi cinque alle pareti, così avrò più scelta.
Le campane tubolari suonano al primo accenno di vento che qui al mare non è raro.
Adesso, il mio studio è in ombra, alzando lo sguardo non vedo più i colori di prima ma sento il canto degli stessi uccelli notturni, e del mare e poi, qui c’è anche mio padre che mi guarda da una cornice da due lire, ma non importa, l’importante è che sorrida seduto in quello scompartimento assolato mentre viaggia verso Nizza in un mattino di una vita fa.
Sul terrazzino di questa stanza poi, non c’è abbastanza luce per le piante che amo, per i cactus dai fiori fucsia e l’aloe che mi rallegra con fiori arancioni. Cercherò felci interessanti, piante d’aria forse perché da questo lato c’è molto più vento.
Da oggi ho tutti i miei libri accanto, sulla sinistra, dalla parte del cuore, e ho sofferto oggi per averli riposti un po’ a casaccio, per non averli aperti, non aver scorso qua e là un paragrafo, tre righe appena.
Da qui vedo “L’educazione sentimentale“ e la Cerosa di Parma, “Il diario di Sally Mara“ e “Lo scherzo“, non sono in ordine, ma tra qualche giorno lo avranno, anche se sono troppi i volumi che vorrei accanto, davanti, quelli che voglio prendere allungando il braccio.
È troppo tempo che non tocco la mia vita, le cose importanti che mi porto dietro da sempre e sono emozionata, felice.
Nella scatola azzurra di latta che bambina usavo per i giochi e adolescente per i rossetti, ora è perfetta per il lucido da scarpa e per le spazzoline di varia misura, per le lettere d’amore è troppo piccola ormai e poi, si usa l’e mail, e di certe storie non resterà più traccia tangibile e nemmeno di chi le ha scritte, digitate; Fra duecento anni non si saprà nulla della personalità dei due o più amanti, e cultura, omologati anche nelle capacità espressive, nel tratto per tutti uguale: Times di solito, Helvetica per i più originali.
Nei cartoni che puzzavano di container e di carta di giornale e di polvere, ho ritrovato anche la statuetta di Shiva intagliata a mano, un regalo inaspettato da un uomo che credevo lontano, sta bene accanto al comodino ottocento di nonna, in contrasto, così come le campane intonate invece ai miei stati d’animo.
E anche gli incensi e i diffusori di terracotta hanno trovato il loro posto, così come la piuma di fagiano che mia sorella mi ha regalato nel Kent, assieme a uno sguardo aperto e all’augurio di una vita felice.
I giochi, i miei dadi magici e le carte francesi hanno raggiunto le sue fiches collezionate per mesi in vista di un poker che non abbiamo organizzato mai. La rosa di Gerico che non ho mai immerso nell’acqua mi guarda da un piccolo cassetto dello scrittoio, domani la lascerò rivivere per poche ore prima che si secchi di nuovo in attesa di un mio atto di benevolenza.
Gli specchi in cui mi guardo di tanto in tanto mentre scrivo, quello inglese, il piccolo portacipria che mi regalò Celeste. Dietro di me, in alto, il ritratto che mi fece Valeria a casa di nonna nei momenti in cui dormiva, in cui non rivolgeva gli occhi al cielo pregando il suo cuore forte di cedere una buona volta.
Le cartoline delle mostre, De Chirico finalmente a vista, Matisse. Le candele colorate, tante, che misurano da sempre il tempo del mio amore.
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